La Debacle. Caffè, ammazza caffe, rosolio.… e frufru! [di Segreteria ROSSOMORI]
E frùfrù. Frufrù, negli anni cinquanta, era il nome dei wafers nei nostri poveri paesi; e venivano offerti per i battesimi quando non si potevano comprare i biscotti fioriti che, con ricetta tramandata in famiglia, producevano sas damas. Un po’ nobili, un po’ bisognose di fresca moneta. Chi non aveva fresca moneta, magari a libretto, comprava i frùfrù. Roba buona e, per i bambini che insultavano i padrini che non lanciavano monetine e caramelle per festeggiare la comparìa, roba quasi migliore dei biscotti de sas damas. Venivano serviti, nella stanza buona, al prete, ai chierichetti che portavano aspersorio e acqua santa e, naturalmente, ai genitori e ai nuovi compari, padrini del neonato. Stavano nella camera buona. Un pò rigidi; sorrisi di cortesia, almeno fino a quando restava il prete. Stanza buona, poche chiacchiere e caffè, ammazza caffè, alchermes e rosolio fatti in casa. E, poi, cadaunu a domo sua. E ateros annos menzu,chin salude. Tali mi sono apparsi dalle foto e dai servizi televisivi Pigliaru e Paci, ospiti dal sorriso imbarazzato, del nobile Gentiloni, ospite a modo suo, compito. Trattiamoli bene questi due pellegrini di Sardegna: ricevuti nel salottino accanto allo studio del Presidente; un pò a disagio, come anche uno dei paesi capisce da sguardo veloce, anche, un pò distratto. Fint setzios in punta ‘e culu. Dalla apparecchiatura si capisce, ictu oculi, che non era giornata di lavoro. Salottino, chiacchiere. Convenevoli. Pigliaru si aspetta che Paci facat s’isterria. Ma quello muto, aspetta l’arrivo di Maria Elena. E nudda! Arriverà Sbressa . Dopo tanti caffè siamo diventati amici. Isetta e nudda! Vuoi vedere che ci fa la sorpresa e ci porta il Ragioniere Generale dello Stato e, senza neppure annunciarlo, ci tira fuori quel diavolaccio allegrone di Padoan e, come da fantasia estiva del sempre togo Assessore Paci, ci butta sul tavolino unu muntone de inare. E dovremo richiamare in servizio l’ottimo Assessore Deiana che ci metta a disposizione un buon traghetto. Per miglior sicurezza lo portiamo a casa noi. Bande e fanfare! Poi il nobile Gentiloni incomincia ad agitare e scuotere il deretano; scuote la testa, guardando il segretario generale cercando di capire perché i due pellegrini non si levano per fine tempo. Ma non vanno a vedere la Fontana di Trevi. E che diavolo, lo dovrebbero pure capire che ogni cosa ha i suoi tempi, il suo limite, e anche il fine cerimonia tra i nobili ha tempi e forme da rispettare. Non si crederanno che non abbiamo nulla da fare. Ma si bos cherides istentare …..adiosu e a nos biere sanos. (custu bi lu at imparau Piero Marras una vorta chi est colau a cuss’ala). Pigliaru guarda Paci, Si dà una scarrasciata e decide che per alzare la voce ci sarà altra occasione. Anche perchè ha capito che al momento un colpo di raucedine tornava utile. Bisogna intendersi: come impostiamo una leale collaborazione istituzionale con lo Stato. E poi bisogna scegliere il tono che vada bene a Giuseppe Luigi Cucca. E poi come la vorrà Maninchedda la leale collaborazione. Certo Frantziscu Sedda si adegua, non è un problema. Ma Uras deve avere lo spazio per una dichiarazione rabbiosa e inconcludente. E Paci, sempre muto, ricorda che tante volte ha preso il caffè ed era convinto di aver organizzato “tante riunioni tecniche. Mesi di riunioni tecniche “. Parole dello sbalordito Pigliaru. Arrivederci Presidente! A presto Presidente! Inchino. E Paci non aveva fatto nulla. Aveva, tante volte, solo preso il caffè. E ha trascinato il povero Pigliaru in una situazione assolutamente insostenibile dal punto di vista politico, e transeat. Ma lo ha travolto dal punto di vista della dignità istituzionale e personale. In poche parole, Paci, ha raccontato al Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, che gli ha creduto e lo ha ripetuto in pubblico e in privato, che il suo Assessore al Bilancio, il suo cuore e la sua vera anima gemella, quello che è cresciuto insieme in tutte le stagioni della vita, quello “che fa parte del mio dna”, che tutto era a posto e pronto per riportare un risultato, per l’ennesima volta, storico. Dopo una sconfitta drammatica di questo genere noi ci aspetteremmo che il Presidente, preso atto della totale incapacità e dannosità del suo Assessore lo licenzi. Confessi di essere stato mal consigliato, colpevolmente turlupinato e di non aver ascoltato chi, anche in maggioranza, lo aveva bene e adeguatamente informato dei danni e dei disastri verso i quali andava incontro lui e, purtroppo le finanze della Regione. Ammetta che i contenuti del documento firmato nel luglio del 2014 era una trappola confezionata con la istruttoria del suo assessore al bilancio, non per malafede, ma per certificata e documentata, barrosa coglionaggine. Dica che chiede scusa al Popolo Sardo e alle Istituzioni autonomistiche, davanti alle quali, indotto, ha portato argomenti presuntuosamente mendaci. E ricominciamo da capo. Non con gli incontri nel salottino. Non con la richiesta di emendamenti che, quasi certamente non gli saranno accolti dal Governo e saranno respinti dalla maggioranza che lo sostiene. Bisogna ripartire dalla denuncia del precedente documento di accordo, comprese le norme di attuazione sbandierate, anche esse, come straordinaria vittoria. E, azzerata la situazione, riprendere una seria trattativa con il Governo, facendosi assistere da chi di queste cose capisce. Notificando al governo che, per intanto, il sempre togo assessore Paci non fa più parte della Giunta Regionale. E che anzi potrebbe essere chiamato a rispondere dei danni provocati alle finanze della Regione e al Popolo Sardo. E il suo nome sia cancellato dagli elenchi delle cariche meritevoli delle sarde istituzioni. Danni, a oggi, per oltre quattro miliardi che i due del salottino non avevano neppure la intenzione di chiedere di discutere. D’altra parte che cosa può chiedere uno che ha firmato quel documento che prevede che non si intentano cause nuove in materia di finanza con lo Stato; che prevede il ritiro dei ricorsi pendenti e la rinuncia agli esiti positivi dei ricorsi vinti in passato e in futuro. E, purtroppo, lo hanno fatto. Bisogna azzerare tutto. Non vengano a chiedere mobilitazioni di Popolo o di istituzioni. Mobilitino i partiti di maggioranza, se pure vorranno seguirli. A partire da chi in Giunta e fuori, contro volgari contrattazioni di mutui per coprire bagatelle e affini da spargere a pioggia, ha coperto le malefatte del presunto esperto di finanze et altro. Solo la ammissione delle responsabilità e la relativa assunzione delle conseguenze su se stesso e sui responsabili possono dare luogo a una possibile e convinta mobilitazione a sostegno di una nuova vertenza entrate sapientemente impostata e saggiamente condotta. Cagliari 11/11/2017 |