– La politica istituzionale odora. E mai di lavanda – osservò Giorgio arricciando il naso, a passeggio sotto i portici del Palazzo.
– Non me ne parlare. Sai che la trovo repellente, completamente all’opposto del mio spirito – replicò Claudia gettando un’occhiataccia sulle porte riflettenti e presidiate della Casa del Popolo.
– Ti dirò, in confidenza: concedere a qualcuno il diritto a rappresentarmi è sempre più difficile. Lo farò anche questa volta, voterò. Ma in lotta con il mio amor proprio.
Claudia si levò di bocca il chewingum prima che perdesse l’aroma. L’appallottolò in un pezzo di carta, deviò di pochi passi e lo buttò nel cestino.
– Io te lo ripeto da sempre, ma tu non mi vuoi sentire – proseguì dopo aver affiancato l’amico. – Il solo fatto di essere governati è oltraggioso.
Giorgio scosse la testa. Un raggio di sole, sgomitando tra le nuvole, infilatosi tra i pilastri, fece rilucere la pelata assoluta.
– Sarà oltraggioso, ma è indispensabile. E poi non voglio rinunciare all’idea che gli amministratori del bene pubblico dovrebbero essere veri servitori: modesti, umili, ordinati camerieri e cameriere che preparano l’indispensabile perché i commensali-cittadini gustino al meglio il giusto pasto e poi, con la pancia piena, possano creare, industriarsi e mettere a frutto il loro talento. Ecco, questa è la mia visione.
– Carino. Davvero carino, non scherzo. Su, via, non imbronciarti. Non ti prendo in giro. Dico solo che la realtà è un’altra cosa.
– Lo so, accidenti. E mi fa rabbia. Tutti questi cialtroni cui migliaia di persone concedono ancora fiducia. Ma è possibile? – domandò Giorgio inquieto, calciando un pacchetto di sigarette vuoto abbandonato sul marciapiedi.
– No, no, no. Errore. Non è per fiducia che stanno lì, ma per poter essere disprezzati. Chi gli dà il potere lo fa per acquisire il diritto di insulto.
– Dici tu che è per una cosa così meschina?
– Mah, è una vecchia idea di Tocqueville. Riteneva che gli elettori americani avrebbero scelto rappresentanti infimi per disprezzare loro e la funzione a cui venivano chiamati. Un osservatore della prima Assemblea legislativa francese, del 1791, scriveva: «Sono un’accozzaglia di menti limitate, labili, impulsive, enfatiche e deboli; ad ogni seduta, venti macchiette parlanti si mettono a girare a vuoto, e immediatamente il principale potere pubblico diventa una fabbrica di stupidità, una scuola di stravaganze e un teatro di declamazioni… Com’è possibile che delle persone serie si siano sorbite fino in fondo tante e così strepitose sciocchezze?».
Giorgio la guardò pensieroso. Sotto l’incarnato pallido, Claudia aveva certezze salde, mentre lui si sentiva torturato dal dubbio.
– Io… io ho un tremendo bisogno di credere che chi governerà lo farà non per il profitto dei pochi ma per il bene di tutti; che non sia colluso con i poteri forti e le consorterie, che non mortifichi il talento di nessuno. Non è ancora ammissibile che tolgano alla scuola, alla creatività, all’innovazione per foraggiare imprese fallimentari, posizioni di rendita, feudi e tasche di amici e conoscenti.
Claudia gli concedette uno sguardo compassionevole che lo fece per un attimo regredire all’impotenza dell’infanzia.
– Una popolazione indebitata e allo stremo è quanto di meglio il politico possa auspicare, per essere certo di restare in sella. Il potere ha bisogno della miseria, delle lamentazioni, della paura del domani. Di gente che voglia essere tutelata, insomma. Poi la circonda di inestricabili ragnatele burocratiche. Così che chi volesse tentare l’avventura al di fuori, si trovi nella maggiori difficoltà e infine desista.
Giorgio sollevò gli occhi. Il cielo si era di nuovo coperto. Verso di loro arrivava una giovane madre con due bimbetti per mano. Avranno avuto quattro, cinque anni al massimo. Senza accorgersene, Giorgio aveva iniziato a fissarli.
– Tu avrai pure ragione, ma io voglio ancora lottare. Marcare le differenze. Nutrire la speranza. Solo i disperati non si indignano più – disse con convinzione, mentre i piccoli si unirono in una sonora pernacchia.
* Nella foto Times Square, 1943, di Costantino Nivola
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non ho capito il messaggio: contro il potere, con il potere o senza potere?
la pernacchia a chi è diretta?
realtà ed utopia sono alternativi, indivisibili, complementari, illusione???????????