Il Corso e il futuro dell’Isola [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 12 dicembre 2017. La città in pillole. Le problematiche che gli interventi nel Corso Vittorio vanno suscitando meritano di oltrepassare la cronaca. Attengono allo stato di salute di due pratiche fondanti la modernità: programmazione e pianificazione. Nelle semplificazioni si tende a sovrapporle ma sono differenti e riguardano il governo del territorio, in cui città e campagna devono continuare la relazione di reciprocità.

Per misurarne l’operabilità bisogna andare oltre l’inizio della Strada reale e verificare lo stato di interdipendenza tra civitas e urbs senza cui la città è una sequenza di luoghi scotomizzati. Distinguere i quartieri tra turistici e periferie, con porzioni  fuori controllo, è una dichiarazione di resa dell’urbano che è luogo di coesione e di mediazione che, storicamente, va ben oltre la cinta daziaria.

Fortunatamente si registra da parte di fulcri dell’opinione pubblica, vivaci ed indipendenti,  la tematizzazione della vicenda urbana e della densità paesaggistica dell’isola, e del loro futuro. Qualcosa di più di una qualche pratica di autocoscienza. Sta maturando infatti  l’idea che  essere isola non significa abitare una landa bella ed impossibile; “disgrazia” che molta storiografia ha rappresentato secondo una percezione, spesso eterodiretta, diventata stigma e persino autostigma.

Quella dimensione etnocentrica che erode ogni futuro e che è stata assunta come identità e forma di governo, incrostata di rivendicazioni e di fuga dalla responsabilità, altalenante tra svalutazione e mitopoietica. Che fare allora del Corso Vittorio e del brandello di preesistenza archeologica, parte integrante dell’urbano? Ma soprattutto che fare di Cagliari e della Sardegna?

Quando Henry Cleer nel 1983 scrisse che “l’ archeologia urbana non è, nè archeologia in città, nè archeologia della città, nè archeologia in ambiente urbano, ma è definita come una nozione nuova che va intesa come esame dell’insieme della storia delle città nella loro complessità e non come studio tematico di una parte di esse” a Cagliari e in Sardegna già si discuteva di pianificazione e di programmazione; non di una tessera ma del mosaico.

La risposta alle problematiche non solo del Corso è: adeguare il PUC al PPR ed  estendere questo alla Sardegna tutta. La conoscenza ed il riconoscimento dei luoghi sono il futuro dell’isola.

 

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