Che vita farebbero i ricchi pensionati europei a Bitti e a Buddusò? [di Umberto Cocco]

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E poi sarebbe interessante chiedersi che vita farebbero i ricchi pensionati europei a Bitti e a Buddusò, nelle case a un euro (con il riscaldamento o senza?), con le biblioteche chiuse salvo che per poche ore alla settimana, il negozietto di alimentari che non vende niente di locale, nemmeno formaggi (che non vengono più prodotti), non un pezzo di marciapiede per camminare senza l’incomodo delle macchine, né mezzi di trasporto pubblico per raggiungere la città per uno spettacolo (e a proposito di spettacoli, folclore, solo folclore, in tutte le stagioni, sempre uguale a se stesso, con il brivido della novità dell’ultimo coro…alpino, ma cantato in sardo), o per una visita medica, figurarsi se urgente.

Del resto, che ci vivano quasi solo anziani nei nostri paesi, non vuol dire che ci stiano bene: forse se ne andrebbero anche loro, se potessero scegliere. Ci sarebbe da raccontarle dall’interno le realtà e le vite nelle enclaves di pensionati, da Sanremo al Portogallo, prima che le scimmiottiamo, se anche ci fosse la possibilità di farlo. A naso, a ricordare la letteratura, sembrerebbero distopie, mondi tristi, vite spaventose, incubi.

E ci sarebbero da raccogliere – insieme ai racconti, che non mancano, di chi ci capita a vivere e ci sta bene, imbevendosi di paesaggi e di calore umano – le storie di chi ha provato a stare nei nostri paesi, dopo avere ristrutturato casa, ed è scappato a gambe levate dopo un periodo più o meno lungo.

E’ successo a Cuglieri a medici inglesi e olandesi, a un inviato di un grande giornale francese, a Santulussurgiu a un artista di Amsterdam, a Bosa a un diplomatico austriaco, qualcuno in pensione qualche altro nemmeno: sono storie raccontate a chi scrive, e hanno in comune la noia e la difficoltà di una vita senza troppi disagi, e con la troppo stretta vicinanza, sino all’insopportabile controllo del vicino, del conoscente, dei generosi compaesani, che Ascanio Celestini raccontò con accenti esilaranti a Radio3 qualche anno fa dopo solo qualche giorno trascorso a Montresta.

Ci sta facendo impazzire questa storia dello spopolamento, e così non stupisce la gara a chi s’inventa l’ultima formula per provare ad arrestarne l’ineluttabilità. Ma sono tutte cose minori e d’immagine, alimento alla retorica del vittimismo e della vita arcadica che si perde, e di solito sono già state provate e sono fallite, dalla casa a un euro di Sgarbi sindaco di Salemi in Sicilia, alla raccolta dei rifiuti con l’asinello per risparmiare sull’inceneritore, adesso alle tasse differenziate.

Non stupisce il coro di consiglieri regionali che si sono pronunciati a favore; un po’ stupisce Paci invece, l’assessore regionale alla programmazione che stroncava ogni velleità, e richiamava il rigore inaggirabile dei numeri e dei conti della spesa pubblica, che ha sempre detto di non volersi ricandidare. E un leggero stupore suscitano i due presidenti della Fondazione e del Banco di Sardegna, Antonello Cabras e Antonello Arru, consenzienti, a leggere i giornali, con questi escamotages.

Cabras veniva dalla presentazione a Cagliari della ricerca commissionata all’Ixè dalla Fondazione che presiede, da cui risulta la grande distanza fra quel che i sardi credono di essere e quel che sono realmente, fra quel che pensano di dover fare per vivere bene e quel che in ogni parte del mondo sviluppato realmente si fa per costruire società coese, con le giovani generazioni allo studio e al lavoro, e allo studio innanzitutto, se pensano di poter aspirare a un lavoro.

Una bolla retorica e d’illusioni, che si possa campare di turismo e agricoltura, senza industria, orgogliosi di essere sardi, ballando il ballo sardo e credendo di fare cultura e di rispettare le tradizioni, mentre i giovani abbandonano la scuola in età dell’obbligo come soltanto in Sicilia accade – peggio che in qualsiasi regione europea – non si laureano se non in pochi, e non lavorano se non pochi giorni all’anno (ciò che basta all’Istat e all’assessore regionale al Lavoro per rilevare una crescita dell’occupazione).

Non sarà in campagna elettorale e non da qui alle regionali che torneranno i ragionamenti fondati su dati di realtà. Ma se non sono le classi dirigenti a ristabilire un poco di giuste distanze, fra il vero e il falso, fra il percepito e il reale (con tutta l’approssimazione contenuta da queste parole), a chi toccherebbe?

E allora, continuiamo così, a elevare monumenti alle maschere all’entrata di Ottana e non una riflessione di un dirigente politico (del Pd, di Sel, nemmeno) sulla chiusura definitiva della fabbrica, della centrale elettrica, dell’industria chimica e tessile che forse non era tanto sporca se pensiamo che l’aria buona attragga pensionati ricchi a Bitti e a Ollolai….

4 Comments

  1. umberto cocco

    Se posso aggiungere, a proposito di Ottana: ieri una senatrice del Pd (Nicoletta Favero) ha avuto la notizia in Commissione Lavoro al Senato, dal sottosegretario Bobba, che Versalis (Gruppo Eni) è interessata a Mossi Ghisolfi, multinazionale della produzione di plastiche e bioplastiche, che in Italia conta tre stabilimenti e circa 700 dipendenti, nelle sedi di Tortona (Alessandria), Crescentino (Vercelli) e Assago (Milano) e che si trova in stato di crisi finanziaria per esposizione da investimenti. “A novembre – ha scritto la senatrice – è stato avviato presso il ministero dello Sviluppo economico, un tavolo per dare continuità alla produzione e garantire i posti di lavoro, al quale hanno partecipato le organizzazioni sindacali e le regioni Piemonte e Lombardia. L’azienda ha comunicato che al termine del programma di cassa integrazione, previsto per 12 mesi a partire dal 1 novembre 2017, non prevede esuberi ma nuove assunzioni se gli impianti torneranno a pieno regime entro il 2018”.

    In Sardegna, Ottana Polimeri ha chiuso ad agosto, licenziato gli ultimi 85 dipendenti, senza che il sindacato sia riuscito a ottenere un incontro al ministero, e la Regione idem. E i giornali sardi che pure se ne occuparono, non registrarono una iniziativa parlamentare, di nessun partito, non un’assemblea pubblica, con tutti i consiglieri regionali e i parlamentari del territorio, come si dice. E Ottana Polimeri produceva plastica per alimenti, bottiglie di PET per l’acqua, che pure consumiamo in abbondanza anche in Sardegna, e sarebbe un principio di industria alimentare….

  2. Bustianu Cumpostu

    Pessimismu aplicadu a su nudda e autocommiseratzione.

  3. jo

    In Sardegna fondamentalmente e’ necessario..ricupero memoria,rispetto ai antenati e ascolto ai anziani..I’ll resto vieni perche e’ gia’ qui…

  4. Vittorio Sella

    Che farebbero i pensionati europei a Bitti e Buddusò? E’ l’interrogativo che si pone il sempre acuto Umberto Cocco. Sai che farebbero? Se ne andrebbero a trascorrere il tempo libero nel mare di Siniscola, Posada e San Teodoro. Non è una novità, come non è una novità in questi tempi di pre-elezioni, il giocare a chi la spara più grossa, mentre in realtà i piccoli paesi vivono uno stato di morienza. Un saluto e ischina ritza contro i tromboni in cerca di visibilità mediatica in vista delle prossime elezioni regionali.

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