Il mettersi insieme della sinistra non può che essere dettato dalle cose da fare [di Massimo Dadea]
E’ consentito ad un militante della sinistra esprimere il proprio sconcerto di fronte a quanto sta avvenendo nel campo progressista? Ancora una volta la vecchia maledizione che perseguita la sinistra, sin dalla sua nascita, si materializza sotto forma di una pulsione incontenibile alla divisione, alla frammentazione. Una coazione a ripetere che in questa fase storica rischia di consegnare il Paese alla peggiore destra populista e razzista o peggio ancora ad una setta guidata da un santone che, facendosi scudo di una falsa democrazia affidata alle semplificazioni del web, ha fatto della incompetenza e dell’incoerenza il proprio credo. Nessuna indulgenza verso le gravi responsabilità di chi è riuscito a dissipare un capitale di consensi elettorali che la sinistra in Italia non aveva mai avuto, e con esso un patrimonio di valori, di ideali a cui avevano contribuito generazioni di donne e di uomini. Nessuna comprensione per chi dopo aver tentato di rottamare la Costituzione è riuscito nell’impresa di resuscitare Berlusconi e dare fiato ad una destra reazionaria e xenofoba. Ma a tanta irresponsabile leggerezza non si può contrapporre una cieca demonizzazione, un “cupio dissolvi” che tutto travolge. Le sorti della democrazia nel nostro Paese, la sopravvivenza stessa della sinistra, la possibilità di costruire una società più giusta, di liberi ed uguali, vanno ben oltre l’orgoglio ferito di qualche dirigente dall’ego ipertrofico. E‘ venuto il momento di fare un passo indietro, di far prevalere quel senso di responsabilità, quella generosità che il momento richiedono. D’altronde non si capisce perché tra i Laburisti inglesi riescono a convivere personalità assai diverse come Jeremy Corbin e Tony Blair. Oppure, come nel caso del Partito Democratico americano, figure altrettanto distanti come Benny Sanders e Hillary Clinton. Ed ancora, perché non ricordare che in seno al PCI coesistevano figure come Giorgio Napolitano e Pietro Ingrao. Oggi non si chiede ai gruppi dirigenti e ai militanti del PD e di LEU di rimettersi insieme ma di contribuire, insieme, alla costruzione di un argine contro l’avanzata della destra. Poi, superato il pericolo, chi ha più filo tesserà. Ed allora, se esiste una sola possibilità, il 4 marzo, di vincere le elezioni politiche, bisogna perseguirla. Se esiste anche una remota possibilità di vincere in Lombardia, nella più importante tra le regioni italiane, bisogna perseguirla. Non si capisce perché nel Lazio sì e in Lombardia no, perché nel Comune di Cagliari sì e in Lombardia no, perché nella giunta regionale sarda sì e in Lombardia no. Certo il mettersi insieme non può essere dettato solo dal pericolo del nemico alle porte, ma da un accordo programmatico, sulle cose da fare. Ma questo, tra persone di buona volontà, non può essere un ostacolo. Non c’è tempo da perdere. Si può ancora vincere. Si può ancora battere la destra. Insieme. |
Sottoscrivo. Io ho votato NO al referendum del 4 dicembre, non condivido, se non marginalmente, la sedicente buona scuola, mi dà molto fastidio il conformismo acritico di buona parte dei dirigenti a tutti i livelli, non condivido, nell’insieme, il modo di far politica di Renzi (anche se vedo dei miglioramenti: sta imparando molto, secondo me) ma sono convinto che l’unico partito, con tutti i difetti che ha, spesso anche gravi, che fa politica in modo propositivo, quindi potenzialmente di governo, sia il Partito Democratico. Anzi, penso che in Italia sia l’unico Partito tout court. Nel senso costituzionale del termine. Tutte le altre sono aggregazioni a vario titolo, ma non partiti.
Penso che un cittadino che voglia essere, come dice la Costituzione, responsabile e partecipe, e che abbia, naturalmente, idee progressiste, non abbia altre possibilità.
“Liberi e Uguali” non credo che reggerà a lungo. Con Bersani e con Civati è facile discutere; ma con Fratoianni … la vedo in salita. Mi sembra Democrazia Proletaria degli anni Settanta. Esercita una funzione puramente rivendicativa ma non propositiva. Manca una visione d’insieme.
non c’è tempo da perdere
Parole sagge! Ma tardive. Bisognava dirle quando l’attuale segretario del PD ha manifestato la Chiara intenzione di cambiare il DNA del nostro partito rincorrendo i voti, si lludeva, in uscita da Forza Italia nel chiaro tentativo di trasformare il PD nel suo partito personale e massacrando il programma con cui Bersani aveva vinto, anche se male, le elezioni. Non serve neanche, ora, dare la principale colpa ai cosiddetti fuoriusciti, quando tutta la gestione del partito da parte di Renzi era finalizzata a cacciare via tutti coloro che venivano dalla storia del PCI, salvo giurare obbedienza al nuovo capo. Allora era il momento di combattere e far prevalere le ragioni dell’unità a sx.
Questo non è avvenuto!