l problema del Psd’Az? Non è l’alleanza con la Lega ma la sua assoluta subalternità e inconsistenza culturale [di Vito Biolchini]

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Se tutte le persone che in queste ore si stanno indignando per l’alleanza tra i sardisti e i leghisti avessero anche solo una volta votato nella loro vita Psd’Az, i quattro mori sarebbero stati in questi anni almeno al 20 per cento e non a quel piccolo 4,67 per cento (31.886 voti) raccolto alle Regionali del 2014.

Perché tutti allora si stracciano le vesti? Perché tutto questo sconcerto soprattutto da parte di chi i Quattro Mori non li ha mai votati, visto che fu il Psd’Az a chiamare Bossi in Sardegna (alla Fiera di Cagliari nel 1993, io c’ero) e sempre nel 2006 a stringere una alleanza (grazie a Dio sfortunata) con il Carroccio? E quando nel 2009 il Psd’Az donò la sua bandiera a Berlusconi, non era forse anche quella un’azione simbolicamente scriteriata?

Di cosa sorprendersi, dunque? In Sardegna c’è un’idea romantica del partito che Lussu fondò nel 1921 ma che poi lasciò la bellezza di settat’anni anni fa. Questo sentimento popolare di rispetto è il vero valore che il partito ha dissipato soprattutto negli ultimi trent’anni, diciamo dalla fine della presidenza (mitica oltre che mitizzata) di Mario Melis (anni 1984-1989).

Fu al termine di quella esperienza politicamente contraddittoria che (come spiega sempre Salvatore Cubeddu, che alla storia del partito ha dedicato alcuni ponderosi volumi) la galassia sardista esplose in quella miriade di partiti, partitini, gruppi di vario genere e natura che hanno tentato (e stanno tentando in qualche modo ancora oggi, visto che la moltiplicazione delle sigle sembra non arrestarsi) di sostituirsi al Psd’Az, cercando di farsi casa comune, progetto culturale e politico assieme. Ci provano ma non ci riescono.

Psicanaliticamente parlando, i figli (Sardigna Natzione, Irs, Rossomori, Progres, Partito dei Sardi, fino all’ultimo Progetto dell’Autodeterminatzione, e scusate per gli altri che sto dimenticando), cercano di uccidere il padre: ma il padre è ancora lì, più vivo e vegeto che mai. E ora finirà in parlamento. Se i sardisti possono giovarsi ancora di una straordinaria rendita di posizione è perché chi è nato per essere a loro alternativo di fatto non è mai riuscito ad esserlo fino in fondo.

Forse mettendosi assieme tutte queste sigle potrebbero sì fondare un nuovo soggetto politico in grado di “uccidere il padre” e prenderne il posto. Un nuovo soggetto politico però, non una mera alleanza elettorale. Un nuovo soggetto politico vero, capace di inglobare tutte le sigle citate prima: una vera casa comune.

Ha ragione il mio amico Pierluigi Marotto quando scrive, rivolgendosi con una lettera aperta ai leader delle varie sigle dell’autodeterminazione:

Si costituisca da subito una federazione di secondo livello che comprenda tutti secondo i pesi di rappresentanza determinati dal popolo sovrano, si elegga una direzione collegiale che elabori attraverso un processo aperto, inclusivo e partecipato e che non escluda pregiudizialmente nessuno,  una Carta valoriale, un documento organizzativo e programmatico un codice etico e uno regola statutaria, individui un simbolo e un nome da proporre al congresso costitutivo del nuovo soggetto politico che dovrebbe essere fondato secondo il criterio di adesione soggettiva e il principio di una testa un voto a carta d’identità, entro il prossimo autunno. 

Non c’è più tempo da perdere. Serve un nuovo contenitore per una nuova idea di Sardegna. Altra strada non c’è.

Riuscirete o voi che avete titolo e forma organizzata, a fare un passo indietro per farne fare parecchi avanti agli interessi generali del nostro popolo?

Quanto alla scelta dei sardisti di allearsi con la Lega di Salvini, c’è poco da dire. Da un partito che da tempo ha perso la bussola e che ha deciso scientemente di recidere tutti i rapporti con la propria cultura, azzoppato da una dirigenza che negli ultimi decenni ha volutamente deciso di non farlo crescere per poterlo controllare meglio, non ci si può aspettare altro.

Doveva essere locomotiva del cambiamento e invece ha scelto di essere una vagone vuoto, pronto ad agganciarsi alla motrice di volta in volta ritenuta più potente, a seconda delle convenienze personali. E la sinistra e la destra sono state al gioco (la sinistra caricandosi in maggioranza questi stessi Quattro Mori ora pro Salvini per consentire al sindaco Zedda una miracolosa rielezione al primo turno alle ultime comunali cagliaritane, ed è successo appena un anno e mezzo fa).

Sinistra, destra, Lega: da anni i sardisti stanno sempre con il miglior offerente. Perché scandalizzarsi solo ora che i Quattro Mori hanno scelto Salvini? La loro inconsistenza culturale e l’assoluta subalternità è certificata da tempo, ed è esattamente ciò che porteranno in parlamento. È questo il vero problema per il sistema politico sardo, non certo (e non solo) questa allucinante alleanza con il Carroccio.

 

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