L’Orbán in vellutino è qui tra noi [di Nicolò Migheli]
La previsione era facile, fin troppo facile. Un giorno o l’altro seguendo le tendenze xenofobe e neo fasciste di mezza Europa, l’Orbán in vellutino sarebbe nato anche in Sardegna. Esiste una base sociale per pulsioni di questo tipo, una base sociale che va oltre lo scontento e il rancore, che si nutre del suprematismo della razza bianca. Gruppi sociali incapaci di accettare la differenza, che corrono verso l’omologazione, ancor di più di questi tempi dove si ha paura che il mondo con tutte le sue diversità ci crolli addosso. Chi è o si sente emarginato, trova in quelle ipotesi fantasmi di soluzione. Nello scenario dell’ Orbán in vellutino mancava l’attore principale. Oggi si scopre che è il prestigioso PSd’Az. Roma val bene un abbraccio con Salvini, deve aver pensato il suo segretario Solinas. Regola imporrebbe di non criticare le scelte di un partito se non se ne fa parte. L’hanno ricordato più volte nelle reti sociali esponenti ed iscritti di quella formazione politica. Ma il Psd’Az per la Sardegna è un partito come gli altri? No, non lo è. Se non altro perché la sua storia è parte integrante del Novecento sardo. Il PSd’Az prima formazione politica sarda cresciuta nell’isola e non propaggine di partiti italiani. Partito figlio dei combattenti della Prima Guerra Mondiale, dove hanno militato, parenti, amici e conoscenti di ognuno di noi. Ecco perché le vicende di quella formazione politica, alla fine, interessano tutti i sardi. I partiti di raccolta hanno sempre teorizzato e praticato alleanze che superassero le differenze destra-sinistra. Il PSd’Az l’ha fatto più volte nel dopoguerra alleandosi sia con il PRI, la DC o il PCI. Con Forza Italia o con il PD. Con la Lega, quando era ancora solo lombarda, vi sono stati rapporti. Però quella Lega era differente da quella odierna, era partito federalista, in parte anche antifascista, definito da Massimo D’Alema costola della sinistra. Eppure anche allora le tendenze xenofobe, anti immigrati, specie se meridionali, erano presenti e ignorate dai sardisti del tempo. Quando poi è andata al governo con il centro destra, la Lega si è distinta per aver convogliato tutti i finanziamenti statali verso le regioni del Nord, togliendoli a quelle meridionali e in modo particolare alla Sardegna. Evidentemente però la memoria è corta e il seggio in parlamento è l’oppio che favorisce l’oblio. Il cinismo politico recita che ci si può alleare anche con il diavolo purché ci si guadagni. Oltre ad una eventuale seggio a Roma quale sarebbe il vantaggio per il PS’Az? La Lega di oggi è diventata altro rispetto alla sua storia; è diventata un partito suprematista, alleato in Europa con formazioni xenofobe e neofasciste come Il Front National delle Le Pen. Da Prima il nord a Prima gli italiani, partito anti Ue che predica l’uscita dall’euro. Partito che predica il sovranismo degli stati nazione ottocenteschi, racconta di sostituzione etnica e di fantasmagorici complotti che attentano alla purezza della razza europea. Come tutto ciò possa convivere con l’anima democratica del PSd’Az, perché esiste, con il suo europeismo, con il volere rappresentare una nazione senza stato come la Sardegna, resta nel mistero delle convenienze elettorali. Per guardare alla Catalogna, molto amata dai sardisti, sarebbe come se il partito di Puigdemont si alleasse con una formazione diversamente neo-franchista. La dirigenza sardista si fa forte del suo passato. Periodicamente le scelte del partito sono avvenute contro una parte di esso dando origini a scissioni e sbandamenti. Il PSd’Az però è sopravvissuto sempre e nel 2021 compirà 100 anni. La formazione politica più antica d’Italia. Oggi però il passaggio implica una contaminazione profonda, una legittimazione della Lega che in Sardegna ha sempre espresso percentuali da prefisso telefonico internazionale. Sul piano simbolico è in atto già da oggi: l’abbandono dei Quattro Mori nei contrassegni elettorali per lo spadone di Alberto da Giussano. Comunque vadano le elezioni del 4 di marzo i sardisti si ritroveranno ad avere un elettorato differente. Un elettorato sedotto dalle parole d’ordine salviniane, schierato all’estrema destra. Un cambiamento di base sociale che dovrebbe far riflettere i suoi iscritti e militanti solo se guardassero alla loro storia. Ma in tempi senza memoria tutto questo sarà un dettaglio e il PSd’Az si troverà ad incarnare un nazionalismo italiano malamente travestito da sardo. Perché differenziarsi dalla comunicazione della Lega sarà impossibile. È la prima regola delle alleanze elettorali. Già oggi si possono prefigurare tre scenari post elezioni. ll primo: le componenti democratiche e antifasciste riescano a rimpadronirsi del partito diventando maggioranza e quest’esperienza diventa una delle tante. Il secondo: la Lega si impianta stabilmente in Sardegna, esprime quadri e militanti. In fin dei conti per molti sarà sempre meglio scegliere l’originale e non una copia in salsa sarda, e il PSd’Az correrà il rischio di scomparsa. Il terzo: il PSd’Az adottando pensieri e parole leghiste diventa un partito di estrema destra, incarna quella quota di società rancorosa e impaurita, declinerà l’interesse dei sardi come una variante del suprematismo della razza bianca; anche a costo del ridicolo visto che le carnagioni olivastre qui abbondano. D’altronde ogni popolo produce i suoi fascisti e non si vede perché la società sarda dovrebbe esserne indenne. In questo siamo molto più normali di quanto non ci autorappresentiamo. Se questo dovesse avvenire, non sarebbe in fin dei conti un male.Solo il chiarimento necessario.
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Da condividere fino all’ultima virgola.
Da sardo in Lombardia, dove la Lega sgoverna da vent’anni, prima con Formigoni e poi con Maroni, sempre con un timbro xenofobo e antimeridionale di cui non si è mai vergognata.
Ogni partito, è vero, fa le scelte che crede più utili.
Ma vedere che qualcuno utilizza i “quattro mori” per correre dietro a voti razzisti e fascisti, mette una tristezza che non vi dico.