Referendum & Insularità: La autonomia di cui i sardi “godono” è attualmente ridotta al decentramento [di Vanni Lobrano]
Mi onoro di condividere tutte le considerazioni espresse dal Presidente Paolo Numerico in questa sede col suo contributo “Referendum per l’insularità in Costituzione, Delibera di inammissibilità dell’Ufficio Regionale e Condizioni per ricorrere”. Condivido sia quelle critiche delle due motivazioni della deliberazione dell’Ufficio regionale sardo per il referendum, sia quelle propositive degli iter da seguire per il ricorso contro tale deliberazione. In dettaglio: sulle considerazioni critiche della prima motivazione non posso che allinearmi totalmente. Per quanto concerne le considerazioni critiche della seconda motivazione (quella “ad abundantiam”) credo politicamente e giuridicamente necessario e importante ampliare la prospettiva di Paolo Numerico, partendo proprio dalla sentenza costituzionale n. 118 del 2015, da lui molto opportunamente citata in conclusione. Tale sentenza, infatti, menziona, tra i “principi” sui quali “l’ordinamento repubblicano è fondato”, “l’apertura all’integrazione sopranazionale”. La autonomia, della quale ‘godiamo’ (e cui appare fare riferimento l’Ufficio regionale per il referendum) è, invece, “chiusa alla integrazione sia nazionale sia sopranazionale”: in quanto ridotta al “decentramento”. Questo è il ‘punto’. La insularità è la ragione per la quale, nel ’48, alla Regione Sardegna è stata attribuita la “autonomia speciale”. Dopo 70 anni di sperimentazione di tale autonomia, l’amplissima richiesta (oltre 92.000 firme) di un referendum per re-inserire nel testo costituzionale la (considerazione della) insularità, tolta nel 2001, è la prova di un fallimento almeno parziale. Di fronte a tale fallimento, certamente non possiamo restare inerti. Ma – attenzione! – ciò che ha fallito NON è la autonomia (speciale); come, invece, sostiene una larga se non maggioritaria corrente di pensiero (la quale, per citare soltanto nomi noti ai media, ha trovato i suoi campioni in giornalisti come Gian Antonio Stella e in politici come Davide Faraone). Ciò che ha fallito (e deve, quindi, essere corretto, anzi – rectius – NOI dobbiamo correggere, nell’interesse non soltanto del Popolo sardo) è la riduttiva concezione della autonomia a mero decentramento. Conseguentemente, il rimedio al fallimento NON è spostare il cursore costituzionale dalla autonomia al centralismo (come chiede il ‘mainstream’ rappresentato da Stella e Faraone). Il rimedio al fallimento è correggere profondamente la concezione e il regime della autonomia: portandoli dal mero decentramento ad anche la integrazione (come indica la sentenza del 2015); ovverosia: costruendo o ri-costruendo la autonomia come la “forma di governo democratica” (o “repubblicana” in senso proprio), cioè come il modo di partecipazione delle Comunità comprese dentro una Comunità maggiore alla formazione della volontà di questa (con l’incremento di potere-dovere alla responsabilità e la riduzione di “diritto al mugugno”, che tale partecipazione comporta). Il referendum sul re-inserimento della considerazione della insularità nella Costituzione vuole e deve assumere consapevolmente ed esplicitamente queste valenza e portata innovative (oserei dire ‘rivoluzionarie’); non essere un ‘retour à l’arrière’, la ripetizione di una formula costituzionale pre-2001 (neppure la quale, in 53 anni di sperimentazione, aveva dato grande prova di sé). *Ordinario di Diritto romano Università di Sassari. **Comitato scientifico per il Referendum Insularità in Costituzione
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