Sardegna, il tempo è finito: indipendentisti e Movimento Cinquestelle al bivio [di Vito Biolchini]
Il tempo è finito: questo dicono i dati elettorali, soprattutto quelli riferiti alla Sardegna, regione in cui (caso probabilmente unico nella nostra storia politica) a undici mesi dalle elezioni regionali ben 16 parlamentari su 25 sono espressione di una sola lista, il Movimento Cinquestelle. Il tempo è finito. Per tutti. Il tempo è finito per il centrosinistra sardo, che in questi ultimi vent’anni ha avuto tali e tante occasioni per provare a rinnovarsi che ora non vale più la pena perdere neanche un minuto a sentirli parlare di “rimpasto in giunta”, di “rilancio dell’attività di governo”, di “cose buone comunicate male”, e di altre amenità simili. Andate in pace. Il tempo è finito per il centrodestra sardo, capace solo a tutelare i suoi big di partito e i grandi interessi speculativi. Amen. Il tempo è finito anche per la sinistra sarda, ormai irrilevante, incapace di qualunque radicamento sociale ma sempre capace a riproporre autisticamente sempre le stesse classi dirigenti. Addio. È finito (o quanto meno, a mio avviso sta veramente per finire) anche il tempo per gli indipendentisti. Se per gli amici di Progetto Autodeterminatzione il 2.5 per cento è un buon risultato, nulla quaestio: contenti loro, contenti tutti. Ma dopo tanti anni di impegno e di liste, di foto sui giornali e di manifestazioni, con il due e mezzo per cento non si va da nessuna parte. E il ragionamento vale per tutti, per loro e per gli altri (dal Partito dei Sardi a Unidos, da Sardigna Libera a Progres): non si possono far passare gli anni tra litigi e scissioni continue, polemiche e ripicche, proclami e impegni solenni, per poi ottenere risultati ben lontani dalla soglia che garantisce un minimo di credibilità davanti agli elettori. Per cui, o queste sigle, sempre l’un l’altro armate, formano in tempi rapidi un nuovo soggetto politico (e non un semplice raggruppamento elettorale), capace di darsi un obiettivo credibile a medio termine, altrimenti la loro proposta resterà davanti ai sardi sempre frammentata e minoritaria. Cioè fallimentare. Ma il tempo è finito, paradossalmente, anche per il Movimento Cinquestelle. In Sardegna una fiducia così straordinaria nei confronti di una forza politica non la si vedeva dai tempi di Renato Soru nel 2004. Dove ha fallito Soru? Nella sua incapacità di creare una classe dirigente in grado di interpretare quello straordinario slancio popolare. Oggi la crisi sarda è matura (ne conosciamo tutti le cause) e i Cinquestelle sardi, forti di una strabordante rappresentanza parlamentare, sono allo stesso bivio: o creano anche loro in tempi rapidi una classe dirigente in grado di fare propria la “questione sarda”, o falliranno. O si aprono alla società sarda, proponendo un percorso inclusivo che rischia anche di far vacillare le loro certezze ma che è sicuramente fecondo, oppure verranno schiacciati dal peso della responsabilità e dei problemi lasciati irrisolti dalla politica. Aprirsi o rischiare di fallire: dipende solo da loro. Perché il tempo è finito e altre strade a mio avviso non ce ne sono. Se non quella, già battuta, che porta dritti all’ennesima debacle. Ma lavorare per dare futuro alle speranze è un obbligo.
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