Venerdì 9 marzo, Cagliari Hotel Regina Margherita ore 15:00, studiosi, intellettuali, tecnici parleranno di urbanistica sostenibile [di Mongiu, Pilato, Corveddu, Sanna, Pani, Meloni, Biggio, Batzella, Sechi]
1.0. Materiali per un ‘urbanistica sostenibile Pubblichiamo a seguire alcuni abstract elaborati da relatori/trici che saranno presenti domani Venerdì 9 Marzo 2018, Cagliari Hotel “Regina Margherita”15:00, all’iniziativa “Estendere il PPR a tutta la Sardegna per poi riscrivere la Legge Urbanistica” organizzata da LAMA.S , www.sardegnasoprattutto.com, Paesaggio Gramsci. Si tratta di temi cruciali che riguardano il suolo, il paesaggio, l’ambiente, la contraddizione tra diritto al lavoro e alla salute. Si parlerà ancora una volta di un modello di sviluppo che il Piano Paesaggistico Regionale, approvato nel 2006, prospetta; e del tutto tradito dalla giunta Cappellacci, di centrodestra di e dalla giunta Pigliaru di centrosinistra. Quale è il quadro oggetto di riflessione? Piani casa prorogati ad libitum, voglia di rilanciare l’industria inquinante nelle zone desertificate dalla stessa, intenzione di trasformare la Sardegna nel più grande hub del gas del Mediterraneo con tutto ciò che questa soluzione comporta, piano energetico che consuma suolo e non restituisce nulla ai territori, legge urbanistica che è un tentativo di destrutturare del tutto il PPR e cucita addosso agli interessi della speculazione. Al sesto appuntamento dell’iniziativa “Materiali per un ‘urbanistica sostenibile” grazie all’impegno di associazioni, di esperti, di singoli cittadini, più avvertiti e sensibili, oggi migliaia di sardi sanno che il Disegno di legge sul Governo del territorio Sardo del 16 marzo 2017 – con gravi profili incostituzionali – se non sarà revocato scriverà in forme irreversibili il destino del suolo della Sardegna per secoli! Da qui la necessità di continuare ad interpellare e convocare esperti, organizzazioni sociali, tecnici, intellettuali perché la Sardegna ed i suoi valori non vengano svenduti ai cacciatori di suolo e agli sviluppisti del cemento grazie a decisori politici che per quanto indeboliti nel consenso dagli esiti del Referendum e delle ultime elezioni politiche continuano a credere di poter barattare il suolo ed il paesaggio della Sardegna facendo credere che in cambio ci saranno lavoro e benessere. Questi ultimi ci saranno ma solo per pochi come è nelle migliori tradizioni del colonialismo. Ecco allora l’importanza di un’opinione pubblica informata e sensibilizzata sui temi dell’ambiente e del paesaggio; di sindaci maggiormente consapevoli del valore della terra delle comunità a loro affidate di sindacati che pretendano lavoro che non rapini le risorse non rinnovabili; di portatori di interessi collettivi che godano di un ascolto maggiore dei portatori di interessi di pochi che vogliono desertificare la Sardegna e che cercano di dettare l’agenda persino alla massima assemblea regionale! Ecco perchè è necessario moltiplicare i momenti di pedagogia sociale o come la chiama il Presidente Mattarella, di pedagogia civile abitati dal confronto sul futuro della Sardegna. LAMAS, SardegnaSoprattutto, Paesaggio Gramsci ma anche tante altre associazioni e comitati lo stanno facendo in nome della Costituzione che garantisce la tutela dei luoghi e della percezione che ne hanno le comunità insediate. Lo ribadisce il Codice dei beni culturali e del paesaggio che in Sardegna ha trovato attuazione piena e condivisa nel Piano Paesaggistico Regionale, bibbia giuridica e culturale per tutti i livelli istituzionali in virtù del suo rango costituzionale. Ecco perchè i suoi contenuti concreti e quelli dell’urbanistica stanno diventando finalmente popolari e non una faccenda di pochi. Solo così ogni persona sarà capace di leggere i valori del suo territorio e di portare il suo contributo alla redazione degli strumenti del suo governo. Che fare allora? Come concretamente creare partecipazione e confronto? Come smetterla di parlare di partecipazione mettendo in scena le pantomime della stessa? È necessario mettere insieme competenze, intelligenze ed esperienze, senza barriere ideologiche e sociali in un laboratorio pubblico che ha il compito di orientare i decisori specie in un momento in cui il crollo dei corpi sociali intermedi li isola sempre più. Ecco la necessità di moltiplicare le giornate in cui tutti coloro che formano la società educante abbiano voce e cittadinanza. In questa traiettoria si colloca l’obiettivo del Seminario “Estendere il PPR a tutta la Sardegna per poi riscrivere la Legge Urbanistica” organizzato domani 9 marzo a Cagliari all’Hotel Regina Margherita a partire dalle 15:00. Ecco la funzione che si è data la Rivista on line www.Sardegnasoprattutto.com negli ultimi tre anni e mezzo: accogliere il contributo di tutti quelli che vogliono esprimere il loro pensiero in una forma democratica, agita dal basso, in totale gratuità. Ecco il desiderio di preparare, attraverso riflessioni e relazioni, i Seminari che a partire dal macrotema “Sostenibilità come opportunità di sviluppo della Sardegna” si sono declinati nei territori seguendo una tradizione culturale ed intellettuale di civismo radicata nella nostra isola. Sia chiaro che qualsiasi dispositivo, per quanto mediato tra correnti, non può sostituire il rango costituzionale dell’attuale PPR che prospettava uno sviluppo sostenibile e da questo bisogna ripartire rimediando alle inadempienza nella sua piena attuazione. La proposta? Estendere il PPR alle aree interne; adeguare i Puc allo stesso; mappare i suoli inquinati nei nostri centri, non solo costieri; chiedere ai giganti dell’industria che hanno avvelenato i nostri suoli di rimediare al disastro; mettere mano ad un Piano Energetico regionale che non sia l’alienazione della Sardegna ai padroni delle energie fossili. Il Presidente Pigliaru è stato eletto, per fare tutto ciò ed altro ancora. Deve rispondere alla domanda se lo ha fatto con un sì o con no! Chiunque, se vuole, può portare il suo contributo domani 9 marzo 2018 perchè è inimmaginabile che in pochi decidano il destino della Sardegna. Può mai essere che gli eletti dal popolo sovrano non rispondano allo stesso nelle sedi istituzionali e in pubblici dibattiti promossi dai portatori di interessi generali? Sul futuro della Sardegna, del suo paesaggio, del suo ambiente, del suo suolo si è ormai aperta un’ampia discussione che non può essere frustrata o messa a tacere dalla pratica del disconoscimento, esercitato spesso da assessori a cui il ruolo dovrebbe ispirare maggiore prudenza quando si rivolgono in forme svalutative all’opinione pubblica specie se questa è competente e ha un approccio propositivo e costruttivo. Infine, è del tutto evidente che se il centro sinistra che governa ancora la regione Sardegna e alcuni grando centri continuerà a negare i valori con cui una parte dei sardi lo ha mandato al governo, sarà destinato al definitivo tramonto. (Maria Antonietta Mongiu) 2.0. Cosa si intende per consumo del suolo Il consumo del suolo costituisce uno dei problemi della contemporaneità per l’importanza che ha nella vita dell’uomo. Indipendentemente da questa, dalla salute, dalla capacità economica e dalla sopravvivenza, il suolo è componente rilevante della vita della Terra. I modi di sottrarre suolo, sono quelli di eliminarlo, eroderlo, ridurne o cancellarne le potenzialità, degradarlo chimicamente; di introdurvi sostanze che lo rendono inutilizzabile; di sommergerlo o di inaridirlo permanentemente o per un lungo periodo. Il suolo può essere consumato, senza sottrarlo fisicamente ma impedendone l’uso migliore. Frammentare e frazionare, per usi impropri, le aree agricole (per costruirvi, senza motivo che non sia il presidio di un luogo o una azienda rurale: agricola, faunistica, zootecnica o itticola) o spezzettarle e frammentarle, in modo non ottimizzato con infrastrutture di superficie o servitù con condotte o reti, significa ridurre o inibire le potenzialità del suolo. Il sottrarre disponibilità idrica programmata per agricoltura, disperdendola o peggio adducendola a mare, è ridurre o inibire le potenzialità del suolo. Accade depurando milioni di metri cubi ed inviando a mare la risorsa idrica perché non depurata sufficientemente per l’uso in agricoltura (è il caso del depuratore del sistema cagliaritano di is Arenas che scarica a mare decine di milioni di metri cubi ogni anno). Il sottrarre all’uso ordinario il suolo perché vi si caricano sostanze inquinanti quali acque eccessivamente acide o basiche, metalli pesanti, idrocarburi ma anche acque di mare o di falde salmastre o salate (aree minerarie con norme eccessivamente restrittive sull’uso delle stesse o approcci eccessivamente complessi alle bonifiche o ancora, aspersione del suolo con acque salse provenienti da pozzi, o eccessivo emungimento di falde facendo ingredire la falda salina e compromettendo in modo irrimediabile suoli ottimi). Utilizzare suoli con colture di comodo, sottraendolo a colture di mercato, o sociali, perché sovvenzionate o in un quadro di attività sovvenzionate, è consumo di suolo. Non gestire nel modo dovuto l’inondabilità di suoli vocati all’agricoltura, o anche costruiti, rendendoli di fatto compromessi, decurtati di valore e incedibili o inutilizzabili, è consumo di suolo. Trasferire l’edificazione dalla fascia, portando a costruire al suo limite direttamente retro definito e quindi forzatamente destinando aree o comunque occupandole ad una edificazione forzata, è consumo di suolo. A questo aggiungiamo le modalità ordinarie di consumo del suolo, costituite da arature sbagliate, edificazioni, sottrazione di copertura vegetale, spandimento di liquami, costituzione di infrastrutture, zone industriali o similia, surdimensionate…ed abbiamo completato il quadro. (Fausto Pani) 2.0 Rapporto tra Legge Urbanistica, Aree inquinate e Bonifiche Si può parlare di Legge Urbanistica in modo compiuto senza analizzare il rapporto tra le aree industriali inquinate, soprattutto quelle inserite nei SIN (Siti di Interesse Nazionale), e il territorio limitrofo? Da tempo si è giunti, non solo nelle aree interessate, ad una piena coscienza che il problema delle aree inquinate, sia per una maggiore attenzione a livello nazionale sia per i danni, non più tollerabili sul piano ambientale e sanitario, ha necessità di alzare l’asticella del confronto tra soggetti responsabili e amministrazioni centrali e periferiche. Si tratta di un tema che da troppo tempo, invece, segue la strada degli interventi una tantum o degli annunci di ciò che si vorrebbe, e dovrebbe, fare. Non basta più riconoscere la necessità di dotarsi di strumenti programmatici, pianificatori e tecnici per il risanamento, men che meno di lasciare, come succede in Sardegna ed in particolare a Porto Torres, che siano le stesse aziende responsabili, che siano gli stessi soggetti inquinatori ad essere essi stessi tecnici e pianificatori delle soluzioni da adottare. Già nel 7/2003, in un accordo tra Governo, Regione, Sindacati e Aziende interessate, si erano sottoscritti impegni per individuare:
Siamo nel 2018 e pare essere al punto zero! O, peggio, agli annunci di quello che dovrebbe farsi. Se ne può parlare senza la ricerca spasmodica del consenso elettorale? (Tore Corveddu) 3.0. Abusivismo et alia In Sardegna come nel resto del nostro Paese, i temi della difesa del territorio e dell’ambiente sono stati sempre caratterizzati da ignoranza, pregiudizi, debolezza politica ampiamente tollerata e ribellione acritica a qualunque provvedimento di tutela rigorosa, vissuto quasi come attentato alle autonomie locali. La legislazione di settore è sempre stata la più complicata, caotica e affannosa, mentre al moltiplicarsi dei precetti si accompagnava una spinta forte alla disapplicazione o vanificazione. Mi riferisco per esempio al ricorso ripetuto al condono, che ha giustificato cadute del controllo di legalità col bisogno di far cassa e invece ledeva i diritti della collettività, rompeva il patto sociale e alterava anche le regole del mercato, penalizzando chi rispettava la legge e favorendo i trasgressori. Infatti, tutti gli operatori che si sono sforzati, nell’ambito di un’attività economica o professionale, di rispettare le regole, hanno subito un grave danno dalle sanatorie, perché dopo aver sostenuto tutti gli oneri rilevanti necessari per adeguarsi agli standards della normativa, si sono trovati in una situazione di svantaggio rispetto ai concorrenti che violando la legge non avevano sostenuto quegli oneri. Nell’isola, l’abusivismo edilizio ha assunto essenzialmente due forme: quella dei privati e quella degli speculatori. La prima, chiamata impropriamente “di necessità”, connotata dalla totale mancanza di provvedimenti autorizzatori; la seconda, quella attraverso la quale costruttori senza scrupoli realizzavano aumenti di cubatura in difformità dai progetti approvati, al riparo di titoli abilitativi apparentemente validi. (Fiorella Pilato) 4.0. Bisogna dire di quale legge urbanistica abbiamo bisogni La proposta di nuova legge urbanistica presentata dalla Giunta Regionale non appare opportuna sotto l’aspetto del merito ma neppure sotto il profilo del metodo. Esistono in Sardegna emergenze di gestione e governo del territorio enormi a partire dall’esigenza di superare la singolare condizione di una parte del territorio regionale non ancora tutelata e salvaguardata sotto il profilo paesaggistico per continuare con le mancate politiche contro l’abusivismo edilizio dilagante ed incontrollato. Esistono esigenze impellenti per rivisitare alcune incongruenze nella gestione degli usi civici regionali e nell’integrare le politiche di gestione del PAI con quelle più generali del paesaggio e dell’ambiente. Abbiamo bisogno di porre in chiarezza l’intera materia del governo del territorio prima di approvare una nuova disciplina urbanistica che dovrà fare da regia generale alla trasformazione e gestione del territorio. Dobbiamo decidere se una legge urbanistica debba essere la legge che dovendo esprimere una regola di gestione contiene a sistema una permanente deroga alle volumetrie, oppure si decide che la regola è la regola e le deroghe devono trovare una necessaria conclusione. Sulla storia del Piano Casa è necessario fare un punto sul risultato ormai di dieci anni di aumenti volumetrici indiscriminati e sui reali benefici all’economia che erano posti a sua giustificazione. Vi è poi del tutto aperto e irrisolto se questo tipo di tematiche debbano essere oggetto della cura di legislatori senza alcuna competenza di merito e senza alcuna base culturale e giuridica per affrontare con responsabilità e imparzialità il tema che presiede alla garanzia ed alla stessa prospettiva delle future generazioni. Serve una grande mobilitazione morale e culturale ma anche una inedita e determinata assunzione di responsabilità da parte di tutti i cittadini e fra questi, maggiormente da parte di coloro che più di altri studiano, lavorano e si appassionano al destino degli uomini. (Gian Valerio Sanna) 5.0. La necessità di una nuova legge urbanistica In Sardegna l’attuale normativa in materia urbanistica è distribuita in diversi corpi legislativi non sempre perfettamente coerenti tra loro e spesso datati. Si pensi che i parametri di edificabilità dei suoli e gli standards urbanistici si riferiscono al D.M. 2/4/1968 che quest’anno compie ben 50 anni. Negli ultimi decenni la società sarda ha subito profondi cambiamenti, sia nella struttura familiare, che nelle proprie abitudini. Si pensi ad esempio al numero di divorzi o separazioni che si verificano ogni anno, con il conseguente aumento di “single” che richiedono dimensioni abitative diverse ed una diversa offerta dei servizi urbani. Ma i cambiamenti riguardano anche le abitudini alimentari legate agli orari di lavoro (oggi quasi tutti pranzano velocemente fuori casa), o il neoedonismo che porta ad avere particolare cura del corpo e della persona, o ancora, ai sistemi di trasporto, alla coscienza ecologica sempre crescente, al tessuto commerciale completamente rivoluzionato prima coi grandi centri commerciali e poi con la vendita on line. L’elenco potrebbe ancora continuare, ma la conclusione è che il tutto non può essere ancora governato dal solo parametro metroquadro ad abitante e che una società ben organizzata necessita di regole attuali, chiare e valide sempre senza eccezioni. Ecco perché la Sardegna ha bisogno urgente di una nuova legge urbanistica, ed è doveroso un riordino complessivo in un testo unico. (Giuseppe Biggio) 6.0. Piani e Pianificazione Al di là della istintiva e immediata rivendicazione della intangibilità della fascia dei 300 metri e del PPR nel suo insieme, vanno evidenziate e contrastate una miriade di polpette avvelenate maggiormente legate alla tecnica urbanistica vera e propria di cui è disseminato il ddl regionale che, dietro una cortina di enunciati di buoni propositi e con il ricorrente richiamo alla semplificazione, dissimula finalità di delegificazione e di delegittimazione degli Enti locali, con l’implicito disconoscimento del concetto di territorio come bene giuridico, la sua negazione di bene comune, la volontà di trasformazione dello stesso in un mero supporto fisico da abbandonare invece a interessi patrimoniali ed economici. Restituire quindi ai Comuni la potestà di gestire i propri territori, fortemente depotenziata da procedure di verifica e approvazione degli strumenti urbanistici comunali farraginose e defatiganti che si protraggono per tempi superiori alla durata delle amministrazioni che si sentono così demotivate dall’avviare corrette pratiche pianificatorie. Ribadire che i Piani paesaggistici sono cogenti e prevalenti su ogni altra forma di pianificazione, in particolare, il PPR della Sardegna, si configura non come un semplice regesto di vincoli e di impossibilità ma come un vero modello di sviluppo che andrebbe comunicato e largamente diffuso per sgombrare gli equivoci e la disinformazione che finora l’hanno accompagnato, giocando strumentalmente su alcune sue inefficienze assolutamente rimediabili. Sostenere quindi la necessità di estendere il PPR all’intera Isola, intendendolo come “Carta fondamentale del territorio”. Così come la conservazione del territorio costiero è stato l’elemento strategico del primo ambito paesaggistico, l’estensione del Piano dovrà vedere come elementi chiave, congiuntamente:
Oltre al cemento la deregolamentazione ha rilanciato la chimica di base, le centrali a carbone, i degasificatori escludendo dal vincolo della fascia paesaggistica i nuovi piani attuativi delle aree industriali (delibera del 28 marzo 2017), considerandoli una continuazione dei vecchi piani industriali individuati con la legge per il mezzogiorno del 1967. Va evitato quindi il depotenziamento del PPR e dell’intera pianificazione urbanistica avviato con l’istituzionalizzazione di deroghe e condoni preventivi introdotta dalla reiterazione del Piano casa e la sua messa a regime perpetrata dal ddl regionale. Piano casa che di fatto ha fortemente impedito di adeguare i PUC ai PPR, perchè di fatto li ha resi superflui unitamente a ogni pianificazione. Va invece ribadito e ampliato il concetto che il Comune è il solo, per legge dello Stato e per principio costituzionale, ad avere il potere di decidere con la strumentazione urbanistica quali siano i terreni urbanizzabili e quali no e di stabilire quanto sui primi si possa costruire, attivando così quello jus aedificandi che non è connaturato ai suoli, ma discende direttamente dalle scelte pianificatorie. (Alan Batzella) 7.0. Pianificazione accessibilità e mobilità (1) La mobilità delle persone si genera come conseguenza delle interazioni e delle relazioni che crea l’urbanistica e dal modo con cui esse vengono soddisfatte (infrastrutture e servizi di trasporto). Ragionare seriamente sull’interazione territorio-trasporti è la base di uno sviluppo sostenibile e la pianificazione dei trasporti deve iniziare a costituire uno dei principali “materiali” per un’urbanistica sostenibile. La pianificazione urbanistica e la pianificazione dei trasporti devono iniziare a dialogare perché è il modello urbano il primo responsabile del modello di mobilità che si genera, territorio urbano disperso, consumo di suolo significa mobilità in auto. Ma è anche lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto che genera l’occasione di sviluppi urbani insostenibili; la realizzazione di strade significa occasione di sviluppo di insediamenti dispersi. Al contrario in territori a bassa densità di popolazione ed in generale in aree marginali ed interne il sistema dei trasporti o, meglio, le infrastrutture e i servizi di trasporto, possono e devono svolgere un ruolo strategico nel garantire il presidio e la valorizzazione del territorio per costruire occasioni di crescita economica e sociale contro il loro spopolamento. Non comprendere questo, continuare ad operare in maniera settoriale e non integrata, significa attuare politiche ed interventi che incidono in maniera negativa ed inconsapevole sull’accessibilità, ovvero, sulla facilità di soddisfare le relazioni che l’urbanistica stessa crea, incidendo sulla ricchezza socio-economica dei territori, ma con il risultato generale di un territorio consumato, inefficiente ed inefficace, tendenzialmente più povero ed in regressione economica. (Italo Meloni) Pianificazione accessibilità e mobilità (2) Pianificare significa progettare il futuro delle città e dei territori, significa porsi degli obiettivi, individuare delle strategie definire degli indicatori che siano in grado di misurare i progressi che si fanno nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Pianificare significa distinguere il concetto di utilità dal concetto di convenienza, significa individuare dove indirizzare gli investimenti, ovvero, dove spendere dei soldi affinché gli stessi fruttino una ricchezza superiore alla spesa dell’investimento stesso in termini non solo finanziari ma ambientali. Troppo spesso si sente parlare della necessità di far “correre il denaro” e quindi della necessità di realizzare opere infrastrutturali a prescindere da qualsiasi quadro pianificatorio, perché “altrimenti si perdono i finanziamenti” non rendendosi conto che le opere poi realizzate verranno date in eredità alle future generazioni che dovranno così sobbarcarsi gli errori di scelte inappropriate che hanno generato enormi costi finanziari ed ambientali. Ecco quindi la nascita di nuove strade e il contestuale abbandono di quelle vecchie, lo smantellamento della rete su ferro urbana e la sua successiva volontà di ricostruirla, la realizzazione di sistemi di trasporto che non si curano dei luoghi attraversati, o di sviluppi urbanistici dispersi che chiedono poi di essere serviti dal trasporto pubblico collettivo che non sarà mai capace di soddisfarli, l’allontanamento delle scuole e delle università dai centri cittadini, alla stregua di fabbriche inquinanti, perché il nuovo è adeguabile agli standard moderni il vecchio no, l’emanazione di leggi urbanistiche fondate su indicatori volumetrici che non fanno urbanistica, che non perseguono obiettivi nella totale assenza di visione. (Francesco Sechi) PROGRAMMA I° TAVOLA ROTONDA Suolo Terra Ambiente: come riconoscere e recuperare una risorsa non rinnovabile Coordina: Fausto Pani Geologo SardegnaSoprattutto Cagliari Dialogano: Angelo Aru Decano degli Agronomi della Sardegna, Professore emerito Università di Cagliari Sergio Vacca Geopedologo, Sindaco di Milis Tore Corveddu già Segretario nazionale Cgil Chimici, L.A.M.A.S. Tore Sanna Vicepresidente Federparchi Mauro Gargiulo Responsabile regionale Energia Italia Nostra II° TAVOLA ROTONDA Il consumo del paesaggio della Sardegna: una pratica ininterrotta. Attori e vittime Coordina: Nicola Migheli Sociologo SardegnaSoprattutto Cagliari Dialogano: Michelina Masia Docente di Sociologia del diritto Università di Cagliari Giuliano Murgia già Segretario CGIL Sardegna Fiorella Pilato Magistrata già componente del Consiglio Superiore della Magistratura Mauro Mura Magistrato già Procuratore del Tribunale di Cagliari III° TAVOLA ROTONDA Pianificazione e progetti sostenibili Coordina: Franco Masala Storico dell’architettura SardegnaSoprattutto Cagliari Dialogano: Salvatore Multinu Ingegnere Pattada Francesco Sechi Ingegnere trasportista Cagliari Italo Meloni Docente di Pianificazione dei trasporti Università di Cagliari Alan Batzella Architetto Cagliari Giuseppe Biggio già Dirigente della Pianificazione della Regione Autonoma della Sardegna IV° TAVOLA ROTONDA Estendere il PPR a tutta la Sardegna per poi Riscrivere la legge urbanistica Estendere il PPR a tutta la Sardegna per poi Riscrivere la Legge Urbanistica Dialogano: Fausto Martino Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e sud Sardegna Gian Valerio Sanna Ingegnere già Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica Alberto Scanu Presidente Confindustria Sardegna Francesco Porcu Direttore regionale CNA Maria Antonietta Mongiu Presidente L.A.M.A.S., già Assessore regionale Pubblica istruzione, Beni culturali, Informazione, Spettacolo e Sport Paolo Urbani Docente di Diritto amministrativo LUISS Roma, Comitato scientifico del PPR Sardegna
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Vorrei esserci. Paolo Numerico