Osservazioni alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del Parco eolico “Gomoretta” ( Comuni di Bitti, Orune,Buddusò (II) [di Graziano Bullegas e Mauro Gargiulo]
La prima parte delle Osservazioni l’abbiamo pubblicata il 26 marzo (NdR). Si OSSERVA che
Appare utile richiamare la definizione di paesaggio dell’art. 1 della Convenzione del paesaggio sottoscritta dall’Italia nel 2006 e divenuta legge italiana n. 14 gennaio del 2006. “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” Tale concezione del paesaggio è transitata nel Codice dei BBCC (D.lgs 42/2004) ed è stata assunta a base per la redazione del Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna del 2006. Per quanto concerne la componente ambientale del paesaggio la Relazione paesaggistica si limita ad una stringata quanto insufficiente elencazione di aspetti geomorfologici del contesto territoriale più prossimo all’area del Parco eolico, individuando in poche righe le attuali destinazioni d’uso del suolo, al quale assegna una classificazione definita di “qualità media”. Una disanima decisamente insufficiente a delineare uno dei contesti paesaggistici di maggior “valore” dell’isola, non solo per quanto concerne gli aspetti naturalistici, ma soprattutto per i suoi contenuti culturali ed identitari. Se è pur vero che nell’areale di circa 500 mt, che circoscrive l’intorno dei due settori dove sono allogati gli aerogeneratori, vi è una prevalenza di seminativi e colture agricole andava evidenziato che le attività umane che vi si svolgono sono il frutto dell’azione antropica che con sapienza millenaria è riuscita a ricavare nicchie produttive in un contesto aspro e selvaggio, caratterizzato da rocce ed aree boscate che disegnano un territorio dai caratteri di arcaica naturalità. La suggestione che tali componenti suscitano in qualunque osservatore per il connubio armonico tra componente abiotica e vegetazione inducono ad assegnare un biotopo di così alto valore naturalistico alla classe dei CALLITOPI, con attribuzione di una classe tassonomica di “qualità elevata” per quanto concerne il valore paesaggistico. Quel che però si intende contestare dei contenuti della Relazione è il tentativo di ridurre l’impatto paesaggistico del campo eolico ad un ambito esclusivamente visivo. Sulla base di tale assunto la soluzione del Parco costituito da 13 aerogeneratori di progetto viene confrontata con un ipotetico Parco di 44 aerogeneratori, pretendendo di dimostrare così un presunto miglioramento progettuale, senza tener conto dell’infondatezza di un tale confronto, atteso che una tale ipotesi progettuale non è stata mai esaminata, né ha conseguito alcuna approvazione. L’unico possibile e logico confronto si sarebbe dovuto istituire con quella che per definizione è l’opzione zero, ovvero con una lettura ed un’analisi del paesaggio ante e post intervento. Solo evidenziando l’alterazione del fondale sulla linea dell’orizzonte, l’interferenza visiva e la distonia tra nuove tecnologie e forme modellate dal tempo, l’incongruo gigantismo delle torri in rapporto alla dimensione d’uomo che permea l’intero contesto sarebbe potuta emergere quella percezione della degradazione qualitativa del paesaggio conseguente all’introduzione delle pale eoliche. Ovvio che la Società non aveva interesse a dimostrare questo! Peraltro la questione della visibilità e intervisibilità dei generatori, argomento che sembra costituire l’unica preoccupazione della Società, viene risolta ricorrendo a supporti tecnici di oggettivazione utilizzati con metodi fuorvianti. I Pianori che ospitano verdi seminativi con un abitato agricolo sparso, vengono presentati come radure deserte con rari alberi. Lo skyline di un maestoso scenario montano viene annegato in un’indifferenziata tonalità di grigi e mortificato da una sequenza fotografica che sceglie angolazioni e punti di vista in genere occlusi da alberature e arbusti, oppure interdetti da edifici e strutture (vedasi le tavole relative). Tra infiniti punti di vista da cui si potrebbero godere viste prospettiche su una molteplicità di fondali in 3D, si utilizzano sequenze fotografiche scattate da un’auto che percorre lontane provinciali (vedasi tavole simulazioni fotografiche). In pratica la Società adotta soluzioni prospettiche tese unicamente a minimizzare o ad impedire gli impatti visivi. Ne consegue l’inattendibilità dei rendering fotografici con l’inserimento delle torri eoliche, che pretenderebbero in fotogrammi di pochi centimetri di racchiudere viste a perdita d’occhio e percezioni visive di un osservatore che si muova immerso nel paesaggio. Metodologie che, se correttamente utilizzate, potrebbero restituire l’idea di un panorama osservato da un singolo punto di vista, non certo comunicare la percezione emotiva di un paesaggio. Per tacere dell’impatto emotivo/visivo che il parco eolico produrrebbe sulla presenza antropica più significante, ovvero quella delle comunità locali, che possiede storicamente ben altra percezione del suo paesaggio. Occorre invece richiamarsi al dettato letterale della Convenzione, che pone in relazione diretta la componente ambientale con quella antropica e quindi culturale. Si è detto del valore della prima. Per quanto concerne la seconda è appena il caso di ricordare che in un’area di un raggio di meno di 4 chilometri sono presenti i siti archeologici di Su Romanzesu e Su Tempiesu, caposaldi della cultura nuragica, numerosi monumenti di epoca nuragica, e sempre all’interno di un’area buffer risultano censiti oltre 110 siti archeologici (domus de janas, menhir, nuraghi, pozzi e fonti sacri), mentre in prossimità della cabina di trasformazione ne sono stai rilevati altri 77. La Relazione paesaggistica pur citando fugacemente gli aspetti del paesaggio culturale, li esclude di fatto da ogni ambito valutativo del contesto, che andrebbe invece analizzato nella sua inscindibile ed unica interezza. In una tale prospettiva scompare del tutto il Parco geominerario e naturalistico di Monte Albo che di fronte domina anch’esso la valle sottostante. Il rapporto tra le componenti naturalistiche e le emergenze culturali costituisce nella sua complessa interrelazione quel patrimonio identitario nel quale le comunità si riconoscono e alle quali è affidata la custodia per vincolo intergenerazionale. E’ dunque il concetto stesso di sostenibilità che verrebbe meno con la realizzazione del Parco eolico, oltre a quello più strettamente tecnico di paesaggio. Il complesso delle torri eoliche per le dimensioni, la disorganicità, le caratteristiche costruttive si porrebbe in un ambito di una lettura del rapporto opera-paesaggio come espressione di una DOMINANZA rispetto all’intero contesto in cui è inserita, determinando di conseguenza dissonanze percettive nell’animo dell’osservatore e depauperamento identitario nel sentire della Comunità, straniata dal suo territorio. In sintesi può dunque dirsi che il paesaggio non è una sequela di coni visivi cromatici, esibiti con intenti riduttivistici, ma è, per dirla con l’Assunto, “ luogo dell’anima”. Si OSSERVA che
Si premette che: la Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, contiene i seguenti inviolabili principi:
Sulla base di tali contenuti normativi il TAR Sardegna in un procedimento inerente violazioni delle normative ambientali con sentenza N. 00245/2012 REG.RIC. si è espresso come di seguito: La lettura delle predette disposizioni evidenzia come la Convenzione, da tempo ratificata in Italia e quindi pienamente efficace, tenda ad assicurare una “informazione ambientale” il più possibile diffusa ed efficace, tale da consentire a ciascun cittadino di conoscere, in modo tempestivo e concreto ogni possibile scelta che incida significativamente sull’ambiente; peraltro questa impostazione è coerente con la natura del bene in questione, così essenziale e diffuso (nel senso che ciascuna persona, per definizione, ne fruisce e ne beneficia) da richiedere una tutela alla portata di ciascun cittadino, cui viene riconosciuta la possibilità di attivarsi, anche individualmente (ed a maggior ragione mediante enti esponenziali, la cui attività è specificamente valorizzata dall’art. 3, comma 4, della Convenzione), in tal senso. In quest’ottica assume particolare importanza il riferimento operato dall’art. 6 della Convenzione alla necessità che l’attività informativa in materia ambientale sia realmente “efficace“, laddove tale parametro (riferibile, come gli altri, anche all’attività provvedimentale incidente sull’ambiente, espressamente citata dall’art. 2) implica una valutazione parametrata alle caratteristiche di ciascuna fattispecie concreta. Con riguardo al caso qui esaminato, il Collegio ritiene che una procedura così complessa può considerarsi “efficacemente portata a conoscenza” solo nel momento in cui il soggetto potenzialmente interessato abbia avuto esaustiva contezza di tutte le fasi in cui la procedura stessa si è articolata; un grado di conoscenza, questo, che non è certo assicurato dalla pubblicazione all’albo pretorio degli atti impugnati. A conferma di tale impostazione giova ancora osservare che il sistema di “efficace pubblicità” postulato dalla Convenzione di Aarhus non coincide automaticamente con quello previsto dalla normativa nazionale, al quale, viceversa, si aggiunge, dando vita ad un peculiare meccanismo di “partecipazione collettiva alla tutela degli interessi ambientali” che sovrasta quello imposto dai singoli ordinamenti; in questo senso univocamente depongono, oltre alle disposizioni già in precedenza richiamate, i commi 5 e 6 dell’art. 3 della Convenzione, ove si afferma che “Le disposizioni della presente convenzione lasciano impregiudicato il diritto delle Parti di continuare ad applicare o introdurre norme che prevedano un più ampio accesso alle informazioni, una maggiore partecipazione ai processi decisionali ed un più ampio accesso alla giustizia in materia ambientale. La presente convenzione non implica alcuna deroga ai diritti esistenti in tema di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale”. Tutto ciò evidenzia l’autonomia delle disposizioni contenute nella Convenzione rispetto a quelle dei singoli sistemi giuridici nazionali, con le prime che assurgono a criterio di corretta interpretazione (in chiave, ovviamente, più garantista) delle seconde (negli stessi termini cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. II, 30 luglio 2008, n. 1870). Sulla base di tali inoppugnabili considerazioni si può affermare dunque che il principio dell’“informazione ambientale” è un diritto imprescindibile di ogni cittadino e che al suo soddisfacimento occorre adempiere non secondo modalità puramente formali come la pubblicazione sulla carta stampata o all’albo pretorio ma in termini sostanziali attraverso un’azione di vera “pedagogia sociale”, diffusa ed efficace che miri a rendere consapevole e partecipativo il cittadino sia lungo i complessi iter procedimentali, sia ai fini dell’apprendimento delle complesse problematiche ambientali, ecologiche ed economiche. Per quanto concerne l’applicazione dell’art. Art. 12 del Dls.104/2017, in sostituzione dell’articolo 23 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (Presentazione dell’istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti), si rammenta che il citato articolo prescrive che il proponente insieme all’istanza di VIA debba trasmettere all’autorità competente in formato elettronico i risultati della procedura di dibattito pubblico, svolta ai sensi dell’articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. In merito all’obbligo della informazione al pubblico, secondo il succitato art.22, la Società non ha proceduto a soddisfare tale adempimento normativo. L’unica forma di pubblicità risulta essere costituita dall’avviso al pubblico comparso sul sito del Ministero in data 25.01.2018, reiterato nella medesima forma sull’Albo pretorio del Comune di Bitti. Nessuna ulteriore informazione in merito ai contenuti del progetto, agli aspetti tecnici, agli impatti ambientali e socio-economici risulta essere stata fornita alle Comunità il cui territorio è interessato dal progetto attraverso l’istituto del Pubblico Dibattito. Peraltro il dettato normativo della Dlgs 104/2017, pur nell’ambiguità della sua formulazione per quanto espressamente previsto dalla Convenzione di Aarhus non può derogare alla obbligatorietà del dibattimento pubblico in virtù degli impegni sottoscritti dall’Italia a livello internazionale e confortati da Sentenze giudiziarie. (continua). *Presidente Italia Nostra Sardegna **Referente Energia Italia Nostra Sardegna
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