Osservazioni alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del Parco eolico “Gomoretta” ( Comuni di Bitti, Orune,Buddusò (VI) [di Graziano Bullegas e Mauro Gargiulo]

bitti

Si OSSERVA che

  • Il progetto di realizzazione di un nuovo parco eolico appare in aperto contrasto con gli strumenti di pianificazione energetica e ambientale regionale.
  • Costituisce un ulteriore contributo alla speculazione energetica nell’ambito delle FER che ha contribuito ha devastare ambiente e paesaggio sardo.
  • Incrementa lo spreco di energia elettrica in una Regione che produce oltre i propri fabbisogni, determinando un danno erariale alle casse dello Stato.
  • H) SOTTO IL PROFILO DEI BENEFICI SOCIO ECONOMICI

Si premette che:

All’interno degli elaborati presentati dalla Società non si rinviene un bilancio economico complessivo dal quale siano desumibili i costi degli interventi, gli utili e i possibili benefici per le comunità. Il computo metrico (Elaborato: EP_CIV_R019) risulta estremamente sommario in quanto le quantità pur dichiarate a misura sono di fatto contabilizzate a corpo.

Le categorie di lavoro sono descritte in modo approssimato, carenti ed omettono voci fondamentali come ad esempio il conglomerato cementizio armato, o le modalità di sistemazione delle piazzole.  Gli importi di seguito riportati sono quelli dichiarati dalla Società.  Il costo complessivo del Parco eolico comprensivo di tutte le opere civili per realizzare le infrastrutture, così come dichiarato nel computo metrico risulta pari ad € 55.579.587 in c.t. 55.580.000 L’impianto secondo quanto dichiarato dalla Società sarà in grado di produrre una quantità di energia elettrica pari a 137.257  Mwh/anno.

Gli utili ricavati dagli incentivi previsti dal D.M. per l’immissione in rete di energia elettrica da FER risulta pari a € 15.098.270 (l’importo unitario dell’incentivo è pari a € 110/Mwh). Considerato che gli incentivi risultano garantiti dallo Stato per 20 anni se ne ricava un utile complessivo pari a € 301.965.400

I costi di funzionamento annui dell’impianto sono dichiarati dalla Società pari al 10% del costo degli aerogeneratori  (€.31.850.000) e quindi per un arco di 20 anni risultano pari a  € 63.700.000

Considerato che il capitale investito si recupera  in quattro anni al lordo  degli oneri di funzionamento si può ipotizzare un interesse sul capitale investito € 6.000.000.

Se ne può inferire che l’utile netto dell’intera operazione nell’arco dei 20 anni risulta pari a € 170.315.400 pari a € 8.515.770 annui

Il rendimento netto sul capitale investito può essere stimato pari al 15%.

Vi è da sottolineare però che il parco eolico continuerà a immettere energia nella rete elettrica anche dopo il venir meno degli incentivi per un arco di tempo che si può presumere in 10 anni anche se per l’energia elettrica prodotta verrà corrisposto un prezzo inferiore. Inoltre i costi stimati sono quelli indicati dalla Società e potrebbero essere più alti rispetto a quelli di mercato. A titolo di esempio appare esorbitante una previsione di manutenzione annua pari a € 3.185.000; ugualmente gli interessi sui capitali anticipati risultano estremamente contenuti in una situazione di recessione economica come quella attuale ed i prestiti concessi dalle banche a tassi molto esigui considerato il rischio d’impresa pari a zero. Ne consegue che il rendimento potrà realisticamente essere prossimo o superiore al 20% annuo.

Secondo quanto affermato dalla stessa Società “essendo la risorsa vento  uno bene in possesso della collettività del territorio  è legittima l’attesa della popolazione che questo tipo di iniziativa comporti dei vantaggi concreti là dove la risorsa venga sfruttata.” (pag.13 Relaz. Tecn.) e più innanzi si spinge ad affermare che “il territorio, a prescindere delle sue qualità agricole è un vero e proprio “giacimento energetico  rinnovabile e non inquinante” e che di fatto si potrebbe parlare “di un particolare tipo di coltivazione: una coltivazione energetica” (pag.15).

Simulazione della localizzazione degli aerogeneratori

Orbene ai detentori di tale asserito patrimonio sia in termini del potenziale energetico “vento”, sia in termini di diritto d’uso del suolo la Società propone dei contratti che oltre a contenere clausole vessatorie prevedono un ristoro di soli € 15.000/anno per aerogeneratore, per un importo complessivo dunque di € 195.000. In parole povere nemmeno il 2,23% dell’utile netto annuale.

I posti di lavoro che vengono ipotizzati in 12 addetti appaiono del tutto aleatori,  in quanto come dichiara la stessa Società il parco eolico sarà gestito in remoto e quindi presso la stazione di trasformazione di Buddusò. In ogni caso questi impianti non necessitano di rilevanti manutenzioni ordinarie e gli interventi sono eseguiti da personale altamente specializzato fornito in genere dalla stessa società che installa gli aerogeneratori in considerazione delle tecnologie specifiche e delle peculiarità costruttive delle macchine.

Per quanto concerne i benefici ritraibili dal supposto flusso turistico appare del tutto improbabile che i tour operator vogliano distogliere il turismo dalla costa, canalizzandolo all’interno dell’isola con la finalità di visite al Parco  eolico di Sa Gomoretta! Basta allontanarsi di qualche chilometro dal mare per osservare quanto il paesaggio sardo sia stato devastato dal disordinato proliferare di parchi eolici al punto da indurre esclusivamente un desiderio di fuga.  Basta leggere i quotidiani cahier de dolence sui motivi dello spopolamento delle zone interne della Sardegna per rendersi conto dell’impossibilità che 13 rotori sibilanti riescano a intercettare quel flusso di presenze che ben altri attrattori non riescono a sottrarre alle coste.

Anche se la Società non propone esplicite compensazioni, di recente si è avuta notizia di accordi per concessioni di benefici economici al fine di ottenere l’assenso delle amministrazioni comunali.  Come noto la possibilità di corrispondere royalties ai Comuni è stata dichiarata illegittima in numerosi procedimenti e quindi da escludersi. Di recente la nullità dei pagamenti richiesti dai Comuni ai produttori in ragione della presenza dell’impianto di energia da fonte rinnovabili è stata nuovamente confermata anche dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con la recente sentenza n. 23 del 2 febbraio 2016.

Secondo il giudice adito, infatti, le clausole convenzionali che prevedono la corresponsione di royalties a favore dei Comuni sono prive di causa, adottate in violazione di legge, distorsive della concorrenza, lesive della libertà di impresa e in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria. Tale pronuncia, sebbene riferita ad un impianto idroelettrico, si inserisce in un contesto giurisprudenziale ormai costante, che riguarda tutti gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, incluso quella eolica.

Le importanti statuizioni contenute nella recente sentenza consentono di escludere la possibilità che gli operatori del settore rinnovabile possano “sovvenzionare” gli Enti locali. Si tratterebbe di un’aperta violazione di un quadro normativo ormai chiaro, che prevede un espresso divieto di subordinare la realizzazione di impianti da fonte rinnovabile al pagamento di misure di compensazione in favore degli Enti locali.

Anche La Corte costituzionale, con decisione n. 383/2005, ha ritenuto illegittima l’esclusione da misure compensative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, dettando tuttavia una specifica interpretazione dell’art. 1, c. 4 della L. 239/2994: possono essere imposte misure compensative di carattere ambientale e territoriale, ma non possono essere meramente patrimoniali e sono comunque limitate ai casi in cui ricorrano tutti gli altri presupposti indicati nel citato art. 1, co. 4, lett. f) (i.e. “concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale”) (in senso conforme, Corte Cost. n. 248/2006).

Tale enunciato trova conferma anche nelle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con DM 10 settembre 2010, segnatamente nel punto 1.1 e 13.4, secondo cui per l’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni, mentre l’autorizzazione unica può prevedere l’individuazione di misure compensative, a carattere non meramente patrimoniale, in favore degli stessi Comuni e da orientare su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi, nel rispetto dei seguenti criteri: a) non dà luogo a misure compensative, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente; b) le “misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale sono determinate in riferimento a “concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con specifico riguardo alle opere in questione; c) le misure compensative devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’impianto e del suo specifico impatto ambientale e territoriale.

I Comuni (e più in generale gli Enti Locali) tentano di eludere il quadro normativo sopra descritto, reiterando costantemente la richiesta agli operatori del settore di veri e propri canoni e/o corrispettivi economici, giustificati dalla mera localizzazione di un impianto da fonte rinnovabile sul proprio territorio, barattando in tal modo il loro assenso.

Tale prassi si concretizzava nella sottoscrizione di specifici accordi negoziali (generalmente “convenzioni comunali per la costruzione ed esercizio degli impianti”) ma una giurisprudenza ormai costante ha ritenuto  tali accordi radicalmente nulli, perché privi di causa e comunque in contrasto con norme imperative di legge. Nel progetto peraltro non si evidenziano misure compensative tali da giustificare redditi ed intervento.

Si OSSERVA che

  • Il parco eolico proposto dalla Siemens Gamesa si configura come l’ennesima operazione di colonizzazione nei confronti del territorio sardo e di sottrazione di risorse alle comunità locali. Col sostegno di una normativa, sulla cui costituzionalità sarebbe opportuno un pronunciamento della Consulta, si persegue l’obiettivo di sottrarre alle comunità locali giacimenti energetici rinnovabili a fronte di contropartite economiche irrisorie, vessandole con contratti capestro, e impedendo loro di prendere coscienza delle opere che si intendono realizzare. Il volto truce dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili si svela in questa speculazione selvaggia a vantaggio di imprese rapaci e in danno di ignare  comunità, conseguendo  utili da capitale senza uguali sul mercato, azzerando rischi e sottraendo risorse economiche al corpo sociale di un’intera nazione. Se a ciò si aggiunge il continuo coinvolgimento della malavita organizzata si può percepire la dimensione grottesca  di ciò che viene etichettato come green economy.
  • I) SOTTO IL PROFILO DELLA REDUCTIO IN PRISTINUM

Si premette che:

Appare impossibile eseguire una valutazione economica attendibile dei devastanti impatti ambientali e paesaggistici che conseguirebbero alla realizzazione del Parco eolico. Si è visto che oltre gli interventi per la esecuzione dei plinti delle torri, che interesserebbero quasi due ettari di terreno, per la realizzazione delle 13 piazzole e della viabilità interna  oltre 75 ettari di terreno verranno coinvolti nel corso della realizzazione e dell’esercizio dell’impianto.

In un contesto agropastorale con esigue disponibilità di aree coltivabili l’intervento finirebbe per assestare un colpo mortale all’economia primaria locale, impedendo la transizione a quella economia circolare che dovrebbe essere il principale obiettivo in contesti socioeconomici votati  all’estinzione. Il capitale naturale ne risulterebbe fortemente depauperato sia dall’impianto del Parco, sia per l’inequivocabile irreversibilità dell’intervento. La Società quantifica in € 1.063.334,00 il costo dell’intervento di demolizione dell’impianto e di ripristino dei luoghi, ma l’importo non viene giustificato. Il piano di demolizione si riferisce in gran parte alle operazioni inerenti la Centrale di trasformazione e dedica poche righe alle operazioni di ripristino dei luoghi nell’area di Sa Gomoretta. In particolare per quanto concerne i basamenti di fondazioni delle torri  si afferma quanto segue:

fondazione aerogeneratori: la parte superficiale della fondazione verrà rimossa attraverso mezzi meccanici di demolizione per un volume di qualche decina di m3/torre, pari alla corona superficiale; la restante struttura verrà lasciata in sito e ricoperta con terreno vegetale o in caso di roccia affiorante, rimarrà allo stesso livello del substrato roccioso.

In pratica la parte più onerosa ed invasiva delle opere, che concerne l’enorme massa di cls armato interrato sarebbe destinata a restare a perenne memoria dell’intervento. Per quanto concerne la viabilità di accesso e di servizio si afferma che non verrà ripristinato lo stato iniziale perché ormai da ritenersi “acquisito nel paesaggio”. Nulla infine viene ipotizzato in merito al ripristino delle condizioni pedologiche delle aree interessate dalle piazzole di servizio, se non un generico inerbimento. Infine gli inerti derivati dalle predette operazioni di demolizioni e recupero verrebbero riutilizzati per non meglio identificate “eventuali modellazioni”.

E’ del tuto evidente che non esiste un Piano di ripristino ambientale dell’area, sia perché la demolizione delle opere in cls  e lo smaltimento dei materiali di risulta avrebbe costi proibitivi e cozzerebbe con l’impossibilità di reperire una discarica che potrebbe accogliere una tale massa di rifiuti. Analogo discorso concerne piazzole e strade di servizio interno, la cui persistenza non avrebbe alcuna funzione se non quella del collegamento dei bunker affioranti privi ormai di ogni funzione. Di fatto la reductio in pristinum ad una situazione green field ante operam dei luoghi risulta impossibile. È lecito chiedersi se la perdita del capitale agrario e del capitale naturale per le comunità locali possa ritenersi compensata da una rendita fondiaria di 195.000/annui estesa ad un arco di 20 anni! (continua)

*Presidente Italia Nostra Sardegna

**Referente Energia Italia Nostra Sardegna

One Comment

  1. GIAMPAOLO LAI

    E dunque la stessa Società proponente riconosce che la risorsa del vento è un bene della collettività del territorio. Ovviamente anche il sito prescelto è un bene della collettività. E allora le comunità territoriali che possiedono territorio fortunatamente lambito dalla risorsa vento non debbono concedere lo sfruttamento di queste risorse per un miserevole compenso. Dovrebbero divenire soci della società il cui capitale sarà costituito, in condizioni paritetiche, dal progetto, dalle opere (grazie alle risorse finanziarie acquisite) dal TERRITORIO e dal VENTO. Ho precisato in condizioni paritarie e quindi 50/50 e con questa proporzione verranno ripartiti gli utili che il campo eolico erogherà. Non sono royalties ma rendita in impresa. Ma i Comuni questa strada non riescono a percorrerla ?.

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