I garanti di Tuvixeddu [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione sarda 17 aprile 2018. La città in pillole. “La morte è la curva della strada/morire è solo non essere visto./Se ascolto, sento i tuoi passi/esistere come io esisto./La terra è fatta di cielo./Non ha nido la menzogna./Mai nessuno s’è smarrito. Tutto è verità e passaggio.” Non paia stravagante vedere nei versi di Fernando Pessoa, vissuto a Lisbona, finis terrae d’Europa, il senso profondo e le vicende recenti di Tuvixeddu,  luogo cagliaritano per antonomasia.

Pare proprio il suo elogium perché lo è di Mnemosine, dea della memoria, la stessa che irriducibile abita Tuvixeddu. Quella che, malgrado spregiudicati maltrattamenti e imbellettamenti, si configura come “assenza più acuta presenza”, per dirla con Attilio Bertolucci,  che è dell’amore vero. Perché non c’è un luogo più di quello dove l’uomo seppellisce i suoi cari dove la verità non venga scoperta prima di qualsivoglia  menzogna. “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta lo ha certificato senza appello.

Quel colle è più della “ più grande necropoli punica” come la cronaca semplifica. Con Santa Gilla esisteva come emblema del vero finis terrae ai tempi delle  prime colonne d’Ercole, quelle che precedettero ogni ieri. Promosso dai tribunali a luogo intangibile e, specie dopo i rinvenimenti posteriori al 1997, tra le più estese e dense necropoli del mondo cartaginese e  tra le più ricche di tipologie tombali e di decorazioni scultoree  e pittoriche. Vi primeggiano le tombe del  guerriero  e dell’ureo, testimoni del rango della cultura delle élite cagliaritane.

Le  prime tombe, a camera e pozzo verticale, furono scavate dall’ultimo quarto del VI secolo a.C. con la rifondazione di KRLY sulle sponde della laguna, preminente sui centri che punteggiavano il golfo. A differenza dei punici che seppellirono nel “luogo alto”, fino all’attuale via Is Maglias, i romani predilessero per i loro monumenti funerari, all’inizio del  I secolo d.C.,  le pendici occidentali, con l’urgenza di mostrarli lungo la via a Karalibus, sull’odierno viale S. Avendrace, prima sezione dell’allora 131, ultimata in età traianea (98-117 d.C.) in pochi decenni.

Tuvixeddu, per Giovanni Lilliu la “montagna sacra”, registra potente un’inscindibilità tra aspetto ambientale, storico-culturale ed insediativo. Garanti di tanto paesaggio Tanit e Bes, ben altro dei decisori pro tempore brevi!

 

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