Memorandum 11. Il senso della giunta Pigliaru per il cemento rischia di essere frustrato perché l’art. 19 del PPR è intoccabile! [di Mauro Gargiulo]

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www.sardegnasiorattuttoi.com 15 aprile 2017 In questo mio intervento mi soffermo sulla Delibera 16/24 del 28 marzo che cerca di forzare l’art.19 del PPR con poco successo, ad onor del vero. Vorrei proporre alla comunità dei lettori e delle lettrici quanto   “l’indirizzo interpretativo” che emerge dalla Delibera 16/24 del 28 marzo sia addirittura bizzarro.

Ci potrebbero soccorrere persino la sociologia e l’antropologia con quel continuo riandare a norme e codicilli di quel tempo, magico per alcuni nostri politici,  in cui la Sardegna fu sacrificata all’industria di base insieme a tutto  il Mezzogiorno. Quell’industria si chiamava petrolchimica e ne portiamo ancora ben vive le ferite nei territori e nelle persone.

Questo sito ha pubblicato la Delibera 16/24 del 28 marzo e chiunque può verificare il  continuo richiamo agli anni Sessanta e Settanta. Il tentativo di smontare il PPR,  evidenzia dove è posizionato l’orologio di questa giunta e quale idea di futuro sta elaborando per la  Sardegna. E’ singolare non voler prendere atto che la comunità regionale è profondamente cambiata e vede come scempio ambientale quell’idea di sviluppo.

Vi chiedo pertanto ancora una volta la pazienza di seguirmi nell’esame che mi accingo a fare. Si tratta della nostra vita e soprattutto di quella di decine di generazioni a venire. Ecco perchè è necessario aprire forum di discussione sulle Delibere di marzo. Le trovate in questo sito.

L’art.19 comma 3/c del PPR esclude dal vincolo della “Fascia paesaggistica” “le zone omogenee D e G con piani attuativi efficaci, realizzati in tutto o in parte”.  La dicitura ha i caratteri della generalità e designa senza margine di incertezza quelle Aree individuate negli strumenti urbanistici generali comunali come D (Zone industriali) e G (Zone di servizi generali), per le quali i Comuni sono tenuti a predisporre Piani attuativi. Questa tipologia di Pianificazione, conosciuta con l’acronimo PIP (Piani per gli insediamenti produttivi), ha normativamente un’efficacia non superiore ai dieci anni.

L’art.19 del PPR poneva per tali Zone, ai fini dell’esclusione dal regime vincolistico, un’ulteriore condizione: i Piani non dovevano  esistere solo su carta al momento dell’approvazione del PPR, ma essere stati “realizzati in tutto o in parte”. In ogni caso, avendo tutti i piani in questione una validità di dieci anni, decorsi i quali si deve per norma procedere all’approvazione di un nuovo Piano; l’esclusione dal vincolo paesaggistico viene di fatto a non avere possibilità alcuna di sussistere.

Essendo infatti trascorsi oltre dieci anni dall’adozione del PPR,  tutti i nuovi Piani attuativi ricadono di fatto nell’ambito della disciplina del Vincolo paesaggistico imposta dal PPR per le aree comprese all’interno della cosiddetta fascia costiera. Ne consegue che la Delibera 16/24 del 28 marzo 2017 non può riferirsi a tale tipologia pianificazione.

Vi è però un’altra categoria di Zone D ed a queste sembra più direttamente rivolgersi l’Atto di indirizzo per la dettagliata elencazione dei Consorzi. Si tratta delle cosiddette ASI (Aree di sviluppo industriale), per le quali sussiste una specifica pianificazione,  i cosiddetti  Piani ASI. Questi Piani erano previsti per la prima volta dalla legge 29 luglio 1957 n.634 poi confluita nel T.U. delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con DPR 6.3.1978 n.218.

Al Testo Unico infatti fa più volte riferimento la Delibera (insieme al  D.P.R. n. 1523 del 1967) ed è dunque a queste aree che la Delibera sembra volersi  indirizzare. Si tratta in pratica di strumenti di pianificazione diretti a favorire l’industrializzazione del Mezzogiorno. Per queste aree, date in gestione ai Consorzi industriali (art.50 del T.U. L.218/78),  sono stati redatti i Piani ASI (art.51).

Questa Pianificazione viene in genere ricompresa tra quella cosiddetta di “direttive”, in quanto ha carattere sovracomunale, sia per il possibile coinvolgimento territoriale di più Comuni, sia perché obbliga questi ultimi  ad adeguare ad essa la Pianificazione generale. La legge istitutiva, infatti  impone espressamente che: “I Piani approvati producono gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento di cui alla legge 17 agosto 1942/1150” (art. 8, comma 4, L.n. 555/59), anche richiamato dalla Delibera. Come tale anche i Piani regolatori generali  e attuativi dei Comuni vi si devono adeguare”.

Ma come si devono relazionare tra loro Pianificazione ASI e Pianificazione Paesaggistica? Vi è un rapporto di gerarchia o la prima si sottrae ai dettati della seconda? Per sciogliere il dubbio è opportuno esaminare gli effetti che esse dispiegano.

La Pianificazione ASI ha tra gli altri i seguenti caratteri distintivi:

  1. i vincoli dei Piani ASI, ai sensi dell’art.52 del TU, hanno validità di dieci anni, con la ovvia conseguenza della decennalità di vigenza della pianificazione
  2. Hanno una dimensione sovracomunale perché possono interessare più comuni ma solo con riferimento a porzioni definite di territorio, quelle interessate dall’industrializzazione.
  3. Le norme che regolano la pianificazione del T.U. possono essere oggetto di modifiche da parte delle leggi regionali in materia (art.65 D.P.R. 616/77)

Il PPR ha caratteristiche di respiro ben più ampio:

  1. Interessa l’intero territorio regionale senza distinzione di destinazione d’uso o di ambito (artt. 135 e 143-145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 4)
  2. I vincoli imposti non hanno durata temporale
  3. E’ imposto da una Legge nazionale, come il Codice dei BB.CC.
  4. Le norme che regolano il PPR non possono essere modificate o derogate da una legge regionale, come più volte sancito dalla Corte Costituzionale.

Sulla base di queste premesse se ne deve dedurre che anche i Piani ASI non possano che essere ricompresi all’interno della Pianificazione cui fa riferimento il Comma 3c dell’art.19. Se questo ragionamento trova conferma, assume cogenza per gli stessi la seconda parte del comma 3c, che impone l’esclusione dal vincolo paesaggistico delle zone D sulla base della pregiudiziale che, al momento dell’approvazione del PPR, la pianificazione avesse efficacia e fosse di fatto operante.

Anche in questo caso comunque, considerato il termine di validità decennale dell’efficacia, i Piani ASI dovrebbero aver vista decaduta la loro validità, atteso l’arco temporale dalla data di approvazione del PPR, e quindi anche le aree industriali in esse ricomprese non possono che  sottostare al regime vincolistico della fascia costiera.

A tale argomentazione potrebbe essere opposto il dettato letterale dell’art.19, per l’adozione del termine “piani attuativi efficaci”, mentre i Piani ASI in genere nella disciplina urbanistica vengono compresi tra i Piani di direttive. Si ritiene però che il dettato normativo debba essere interpretato alla luce della ratio legis e non sotto l’aspetto meramente formale. L’equiparazione dei Piani ASI ai piani territoriali di coordinamento nasce dal possibile coinvolgimento di più territori comunali e dall’obbligo di recepimento nei Piani Regolatori Generali, ma gli effetti giuridici che essi dispiegano sono  analoghi ai PIP e alla pianificazione  attuativa.

Lo spirito che informa il comma 3c dell’art.19 del PPR è quello di fornire una specifica direttiva per le zone D (industriali),  interessate sia dai Piani ASI che dai PIP, in relazione alla sussistenza o meno per esse del vincolo paesaggistico. Correttamente le esclude per la parte della Pianificazione già in essere e fino a quando la stessa possa dispiegare i suoi effetti (il termine decennale dall’approvazione dei Piani).

Non può però che conseguirne che allo scadere di tale termine tutto debba rientrare nell’alveo della Disciplina dettata dalle NTA (Norme Tecniche di attuazione) del PPR, una pianificazione, si è visto per gli effetti dispiegati e per le fonti, di livello gerarchico sovraordinato rispetto a PIP e Piani ASI. Il termine “piani attuativi” in questo caso non ha pregnanza esclusiva ma solo carattere descrittivo, ed è adottato in virtù del fatto che per le zone D, risultano  in essere  pianificazioni di tale tipo.

Non può pensarsi ad una esclusione da parte degli estensori delle NTA dal dettato dell’art.19 delle aree ASI, perché in tale ipotesi esse avrebbero dovuto trovare uno specifico riferimento, e non essere confinate nel limbo di una indeterminata collocazione paesaggistica.

Esclusione che sarebbe risultata tanto più inspiegabile ove si pensi che tali Aree, per i valori paesaggistici  degli Ambiti nei quali si collocano e per le problematiche ambientali ad esse connesse (l’ambiente è una delle componenti del paesaggio, è bene ricordarlo), assurgono a componenti di primaria importanza per la conservazione e valorizzazione  del Paesaggio, ovvero per la pianificazione stessa.

Corre l’obbligo di rammentare che per  le aree della fascia costiera interessate da insediamenti  produttivi, non sussiste il vincolo dell’inedificabilità assoluta, ma sono consentiti completamenti delle strutture e opere di riqualificazione (art.20 NTA comma 2.2) . La disciplina vincolistica inerisce l’obbligo dell’acquisizione del nulla-osta paesaggistico, o nel caso di pianificazione del rispetto delle procedure del Codice Urbani.

Una tale cautela procedurale sembra dover afferire al  minimo livello precauzionale nei confronti di paesaggi massacrati da misfatti ecologici ed ambientali, della cui devastante portata sembra non voler prendere coscienza la classe politica isolana. Almeno quella che oggi ci sta governando

A fronte della adamantina formulazione dell’art.19 del PPR e del suo corretto intendimento, appare dunque inspiegabile “l’indirizzo interpretativo” che emerge dalla Delibera 16/24 del 28 marzo. Riflettendo sulla sua singolare tempestività, non può non emergere il dubbio che dietro una tale riduttiva interpretazione si celi il tentativo di voler tacitare l’unica voce di dissenso, quella del Soprintendente Fausto Martino, che si è levata proprio su problematiche paesaggistiche, in occasione in occasione della scellerata decisione di riaprire le ferite dello scempio ambientale sulcitano, dello stabilimento dell’Euroallumina.

Oppure all’orizzonte si stanno presentando sotto le mura delle città sarde le navi gasiere?

*Referente Energia – Italia Nostra

 

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