Memorandum 25. Legge Urbanistica e Testo unico del turismo della giunta Pigliaru? Condomini en plein air e cemento ricettivo [di Mauro Gargiulo]

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www.sardegnasoprattutto.com 9 agosto 2017 L’intenso lavoro di informazione e le “picconate” di associazioni ambientaliste, di quella significativa parte della società civile, e di specialistici e tecnici cui stanno  a cuore ambiente e paesaggio sardo stanno facendo emergere le tante aberrazioni presenti nel  Disegno di legge sul Governo del Territorio (ddl Erriu) e nel Testo Unico del Turismo.

Nella canicola estiva il Pd, specie in Sardegna, sembra transitare dalla veltroniana liquidità a quella fase evaporativa che precede la dissoluzione materica. La desuetudine a un dibattito pubblico, sale della democrazia, spinge i rappresentanti istituzionali a lanciare anatemi ideologici e accuse di lesa maestà, mentre il consenso di stakholders conniventi  non è argine per tacitare le proteste degli esclusi ad arbitrium regi dal processo partecipativo.

E’ invece grazie alla molteplicità delle posizioni emerse, recepite dai media nazionali,  come da tempo non si vedeva, che vanno evidenziandosi quelle “polpette avvelenate”, di cui  “menti raffinatissime” hanno disseminato i due testi normativi. Una capacità levantina di dissimulare mezzi e finalità reali dietro una cortina di enunciati di buoni propositi, che sembra essere sussurrata ai nostri lidi da un non lontano oriente.

Si prenda ad esempio il controverso contenuto dell’art.15 del T.U. sul Turismo con la sottile distinzione tra “campeggi “ e “villaggi turistici”, l’inserimento delle “case mobili” a fianco di tende e roulotte,  l’incremento del limite percentuale della ricettività, elementi che nel loro insieme suscitano dubbi sulla reale finalità della norma. A leggere in filigrana  è evidente  che da una parte si intende conferire legittimità a manufatti abusivi, definiti “mobili”, già presenti all’interno di aree destinate a campeggio e dall’altra avallare la transizione  da un modello ricettivo caratterizzato da  effettiva temporaneità a uno stabile e strutturato.

Se ne può avere  un’implicita conferma dal mercato in atto e dalle numerose transazioni tra privati di piazzole e “case mobili”, nonché da lottizzazioni costituite da scatolari prefabbricati “poggiati al suolo”. Scorrere internet per credere!

Secondo una consolidata giurisprudenza (Consiglio di Stato Sez. VI n.419/03, Sez.IV n.2705/08, Sez.V n.3683/11) il concetto di “costruzione” prescinde dal materiale con cui la si realizza e nella definizione giuridica di tale termine rientrano tutti quei “manufatti” che comportano una modifica urbanistica ed edilizia dello stato dei luoghi, in quanto gli stessi sono destinati a perpetuare la loro funzione nel tempo (Cass. Sez.III 1994, Cass.  pen.1994).

Non sono dunque i caratteri di “mobilità” o “precarietà” (peraltro del tutto presunti se si scorrono i siti pubblicitari e le immagini satellitari nel tempo) che esonerano tali manufatti e le opere ad esse associate dal rispetto degli standards urbanistici e dal rilascio dei titoli autorizzativi (Permesso di costruzione e  Nulla Osta paesaggistico),  unitamente alle opere destinate al loro accoglimento (sistemazione del suolo, rete idrico-fognaria, impiantistica, opere di sicurezza ecc.).

Soprattutto tali opere di costruzione e urbanizzazione sottostanno, oltre che al regime vincolistico imposto dal PPR per la fascia costiera, alle disposizioni del TU 380/01 in materia di costruzioni e lottizzazioni abusive. Aspetti tra l’altro con conseguenti implicazioni penali evidenziati anche nella  richiesta di ricorso per conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale presentata di recente dal Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, arch. Fausto Martino.

Se fosse dunque vero, come  è stato sostenuto,  che si intendeva solo mettere ordine nella materia (con qualche innocente ritocco alle percentuali sic!), doveva essere questa del Testo Unico del Turismo l’occasione buona per mettere fine all’ennesimo assalto a paesaggi ed ambienti costieri tra i più pregevoli e sensibili. Tanto più che questi condomini en plein air non sono altro che informi favelas, prive di qualsiasi valore estetico, collocate in posizioni di pregio spesso a pochi metri dalla battigia.

Con la stessa acribia non ci stancheremo di puntare l’indice contro il ddl Erriu. L’indiscriminato incremento volumetrico del 25% per le strutture alberghiere, gli accordi di programma e di pianificazione, i progetti di particolare rilevanza, le compensazioni urbanistiche, i trasferimenti di cubature svincolati dai suoli, costituiscono nel loro insieme un attacco senza precedenti non solo all’intera fascia costiera, il cui ambito tutelato va ben oltre i 300 mt, ma al territorio sardo nella sua interezza. Come ha ben evidenziato di recente l’illustre prof. Salzano, coordinatore scientifico dell’equipe che costruì il PPR approvato dalla giunta Soru nel 2006.

Se davvero il PPR della Sardegna presentava criticità interpretative sull’uso della deroga (i fatti lungo un arco più che decennale non sembrano provarlo), si sarebbe dovuto rafforzare l’armatura normativa per tutelare il territorio e non dilatare le falle, determinando lo “sbracamento” più totale con la becera pretesa del voler mettere ordine.

Inemendabile dunque questo ddl Erriu, nonostante le profferte di mediazione dei pontieri di turno, taciti prima e prodighi dopo di offerte di accordi al ribasso per incassare il compenso di una non richiesta intermediazione. Perché qui non sono solo in discussione i metri cubi di cemento (mai quantificati almeno in termini di ordine di grandezza dall’Assessore) da riversare a piene mani, né i folli parametri di dimensionamento del fabbisogno edilizio da introdurre nei PUC, che se applicati trasformerebbero quel poco che resta della cintura rurale a ridosso degli agglomerati urbani in immensi ambiti a suscettività edificatoria (altro che contenimento del consumo di suolo!).

Quello che qui è in discussione è la pietra d’angolo che regge l’edificio della governance ipotizzata  da quel disegno di legge:  l’implicito disconoscimento del concetto di territorio come bene giuridico, la sua negazione di bene comune, la volontà di trasformazione dello stesso  in un mero supporto fisico da sottoporre a interessi patrimoniali ed economici in parte occulti.

Quel che è peggio è che la messa in atto di tali principi (questi sì ideologici) viene attuata attraverso una distorsione dell’utilizzo di quei poteri normativi che la comunità degli elettori conferisce alla Regione per la tutela degli interessi collettivi. A tale logica  non ci siamo mai piegati, né prima, né dopo il volo del cuculo che da Arcore depositò l’uovo in riva d’Arno.

*Mauro Gargiulo. Responsabile Energia Italia Nostra Sardegna

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