Memorandum 27. In Sardegna la partecipazione dei portatori d’interesse non è un optional [di Gianvalerio Sanna]

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www.sardegnasoprattutto . com 19 settembre 2017 .Ho molto resistito alle diverse sollecitazioni perché intervenissi e scrivessi sui temi del territorio e dell’urbanistica  che in questi mesi stanno tenendo in apprensione il futuro della Sardegna.

Lo sconcerto e la rabbia davanti alla folle decisione del Governo regionale sardo di portare comunque avanti una legge urbanistica insensata e priva di qualunque cognizione di coerenza e modernizzazione, rispetto alla fase che si era aperta in Sardegna con l’approvazione del PPR, mi porta a fare alcune considerazioni per aiutare e stimolare i cittadini sardi a farsi sempre di più protagonisti della difesa dei beni comuni, a rigettare le false asserzioni che il consumo del territorio dovrebbe rispondere ad un bisogno di sviluppo, non altrimenti conseguibile e altre idiozie di questo tenore che una persona di media intelligenza non crederebbe mai.

Oggi ho finalmente rotto gli indugi davanti alla farsa incommensurabile della mozione PD contro il MIBAC, segno evidente e clamoroso della sconfitta della politica regionale che si nasconde dietro una azione apparentemente muscolare che susciterà, oltre il Tirreno, una quantità notevole di risate.

Tuttavia alcuni punti è bene siano chiari. Ognuno ha le proprie competenze, il MIBAC sul paesaggio e sui beni culturali, la Regione sull’Urbanistica.

Se la Regione definisce correttamente il campo delle tutele che attengono al rispetto dell’articolo 9 della Costituzione, in contradditorio con lo Stato e si perviene così ad un accordo come è accaduto con il PPR, tutto ciò che sta dentro la disciplina concordata può essere gestito autonomamente in chiave urbanistica dalla Regione e nessun sovraintendente o sottosegretario potrà eccepire alcunché.

Ma se, come è accaduto con i Ptp ed ora con questa proposta di legge, ma anche con i vari Piani casa, si cerca di aggirare e abbattere i vincoli sovraordinati con le norme urbanistiche, il PD e compagnia si mettano l’anima in pace, lo Stato ha il dovere di intervenire e tutelare il dettato Costituzionale.

So di dire delle cose spiacevoli, in particolar modo così percepite dal personale politico non proprio “tagliato” a trattare questa materia ed in preda alla solita frenesia populista da consenso, ma così stanno le cose nel rapporto con lo Stato, anche a causa dell’aver perso l’ennesima occasione per affondare il confronto Stato-Regione in chiave di maggiori competenze e di reciproche affidabilità.

Paradossalmente, infatti, il terreno del confronto con lo Stato per completare ed aggiornare la pianificazione paesaggistica della Sardegna, rappresenterebbe uno dei terreni privilegiati per far valere specificità e autonomie, allentare inutili totem e vincoli inattuali, ma anche per sviluppare indipendenze identitarie volte alla autonoma tutela dei beni comuni e alla loro traduzione in reali fattori di sviluppo.

Ma questo terreno è faticoso ed impopolare come lo fu quello del PPR, anche se ha avuto il merito di ribaltare un paradigma culturale in Sardegna in materia di territorio che prima non esisteva e che oggi pone i Sardi a parlare diversamente di tutele, di sviluppo, di risorse, di consumo indebito dei beni comuni e di biodiversità.

In Sardegna invece, si preferisce fare gli stizzosi contro lo Stato dopo aver sprecato una legislatura a fare deroghe, dalla sanità all’urbanistica, inseguendo l’illusoria e sbagliata idea che allentare le regole significhi innalzare lo sviluppo.

Mentre in Europa qualche metropoli ha già deciso di bandire totalmente il traffico di macchine e camion dalle sue vie e dai suoi quartieri, da noi si vuole portare ad approvazione una legge urbanistica sostanzialmente basata su deroghe e agognata espressamente dai soliti predatori del territorio che, non paghi di aver in tempi ciecamente permissivi costruito nei trecento metri più delicati dell’ecosistema sardo, vantano ancora pretese su ciò che non gli appartiene.

Il più grande segno della nostra aspirazione autonomista o indipendentista, come è di attualità oggi, è proprio quello di dettare noi le regole su ciò che più direttamente ci appartiene come sardi, il territorio, il paesaggio e la storia, senza lasciare che l’internazionalizzazione o la mondializzazione della finanza e dell’economia che ci ha portato nuovi padroni in terra sarda, possa decidere sulle nostre teste.

Sarebbe il caso appunto di stringerci in un sentimento solidale, cittadini, associazioni e comitati e chiedere insieme al Governo della Regione che prima di portare in approvazione la nuova legge urbanistica in Sardegna siano attivati gli strumenti previsti per la partecipazione dei cittadini e dei portatori di interessi diffusi alla nuova pianificazione che quella legge determina ed applicare l’articolo 9 della L.241/90 e l’articolo 18 della L.R.n.40 del 1990 che prevede espressamente l’istruttoria pubblica quale strumento di partecipazione prima di provvedere “all’adozione di strumenti urbanistici, di piani commerciali e di piani paesistici, la localizzazione di centrali energetiche e ogni altro provvedimento che determini l’esecuzione di opere pubbliche, che incidano in modo rilevante sull’economia e sull’assetto del territorio”.

Ciò che è deroga non è regola e poiché la legge urbanistica è la legge delle regole per eccellenza, l’approvazione di norme così pericolose non può rappresentare un orizzonte sensato ed attuabile.

Credo che la maggioranza di Governo in Sardegna farebbe bene a mostrarsi meno supponente e riflettere su gli effetti negativi e distorsivi di una cultura renziana che ha espropriato anche i nostri desideri di immaginarsi realizzabili.

One Comment

  1. Graziano

    Eppure dovrebbero parlare la stessa lingua.

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