A proposito dell’intervento di Sinistra Italiana su PPR, DDL sull’urbanistica, e Paesaggio della Sardegna [di Umberto Cocco]
Se non è la prima volta che Sinistra italiana si pronuncia con questa nettezza sul Piano Paesaggistico Regionale, poco ci manca. I partiti dai quali proviene erano tra i più tiepidi e in alcune fasi addirittura tra gli ostili alle politiche dell’amministrazione Soru, in un misto di fastidio per il tratto personalistico del presidente della Regione anche in quella battaglia, di riserve per quel tanto di estetico, contemplativo e persino di edonistico che si sospettava nella tutela rigorosa dell’ambiente e del paesaggio, e infine perché alla classe operaia e ai figli (disoccupati) dei chimici interessava lavorare, purché fosse, vedere aprire cantieri, rinascere l’edilizia, mettersi in moto capitali privati. E’ interessante capire perché accade questo, ora. Nonostante la posizione esposta nell’articolo di Daniela Freschi in questa Rivista non sia la stessa dei consiglieri regionali di Liberi e Uguali, salvo qualche smarcamento occasionale, personale, opportunistico sul disegno di legge Pigliaru-Erriu. Può essere per il fatto che i ceti popolari, i disoccupati, gli artigiani, non siano più rappresentati dalla sinistra, che questa è libera di stare ai valori, in questo caso all’ambiente, al paesaggio, senza doverli piegare alle esigenze dell’economia, seppure fossero dimostrate? Ma penserei a un’altra ipotesi: che ceti popolari a sostegno della politica revisionistica della giunta Pigliaru e di tutto il Pd sulla materia urbanistica, non ce ne siano. Nemmeno sulla materia urbanistica, al contrario di quel che accadeva qualche anno fa. Può darsi che mi sbagli. Ero un cronista de La Nuova Sardegna nella redazione di Olbia, alla vigilia delle elezioni regionali del 2004, e sentivo allora e negli anni successivi – si sentiva, eccome se si sentiva – insieme la spinta di qualche illuminato imprenditore turistico e dei proprietari delle seconde case al mare a sostegno delle politiche di Soru apparentemente così azzardate, e l’opposizione di categorie di lavoratori, artigiani, operai, disoccupati, stagionali, persino i sindacati. Ma spinte di questo genere, per lasciare costruire, ingrandirsi, fare nuovi insediamenti e persino nelle coste vergini, non ne sento. Non se ne sentono nelle zone interne, che pure fornirono massa di manovra e consenso agli oppositori di Soru e del Piano Paesaggistico, a destra e a sinistra. (E arriverebbero, arriverebbero anche qui, nell’interno, se ci fossero nelle località costiere: perché l’edilizia ruspante degli anni della cementificazione la fecero muratori e manovali di Mamoiada, Ghilarza, insieme a quelli di Arzachena, Budoni, Orosei, forse di più). Forse in quella particolare Sardegna interna che sopravvive lungo la costa – penso a Magomadas, Tresnuraghes, ma è una dimensione geografica e umana, sociale, culturale, che sfugge alla lettura della cosiddetta ciambella – si è dissolto il popolo del blocchetto facile e della ruspa conto terzi. Può darsi perché appare più bella anche a loro la costa salvaguardata, ma non credo. Non credo sia così diffusa la sensibilità dei sardi così come mostra di credere la responsabile ambiente di Sinistra italiana. Farei affidamento più sulla desolazione che rimane di quelle stagioni impetuose di edificazione, sulla disperazione che viene anche ai tresnuraghesi, ai baroniesi, a vedere il nulla che è rimasto di economia e di buon vivere anche stando vicini al mare, dopo avere bruciato tratti di costa per costruire villaggi brutti e morti (Alabe, Funtana Meiga). Così, se c’è un fondamento in questa riflessione, restano nitidi, alle spalle della giunta Pigliaru al suo tramonto, qualche ideologismo fintamente anti-ideologico (qualche anti-sorismo malgrado il bersaglio si sia mosso) e gli interessi di pochi, imprenditori di nuovo spregiudicati di fronte all’opportunità che si offre loro. Non si vedono masse di aspiranti manovali dietro a questi ultimi, né di aspiranti camerieri, né nuove illusioni. Leggerei la ricerca anticipata da Il Corriere della Sera qualche giorno fa, di un’équipe europea sul ritardo di sviluppo nelle regioni dell’Unione: c’è una macchia più scura nella Sardegna che pure è chiazzata di ombre, ed è la Gallura.
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