Luciano Canfora a Huffpost: “Salvini-Di Maio alleanza mostruosa” [di Nicola Mirenzi]

di maio

Huffington Post, 15 maggio 2018. C’è l’oggi anche in ciò che è successo ieri: «Il Movimento cinque stelle è figlio legittimo di Giorgio Napolitano, il quale, imponendo il governo Monti, e costringendo il Partito democratico di Bersani ad allearsi con Forza Italia, ha creato le premesse per un moto protestatario”.

Luciano Canfora aveva sedici anni quando suo padre, insegnante di storia e filosofia, gli mise in mano il libro di Albert Mathiez, La rivoluzione francese: “Venticinque anni di storia in cui sono contenuti, in nuce, i due secoli successivi, inclusi gli anni nei quali ci troviamo”.

Storico del mondo antico e filologo, Canfora è uno degli autori italiani più letti e tradotti nel mondo. Scorrendo l’elenco delle sue opere si trovano saggi sui filosofi antichi e libri su pensatori di qualche decennio fa. C’è Platone e c’è Gramsci, Tucidide e Giovanni Gentile, Tacito e Karl Marx.

E poi il capo di un’impero come Giulio Cesare e il segretario di un partito comunista occidentale come Palmiro Togliatti: «Sono un cultore delle analogie storiche. Credo sia utile mettere in relazione il presente e il passato. Però, bisogna saperlo fare. E considerare, accanto a ciò che è simile, anche ciò che è diverso, comprendendo la differenza».

Lo stallo politico di oggi cosa le fa venire in mente?
«La quarta repubblica francese, che ebbe una vita parlamentare molto tormentata. Ma pure in Italia ci sono state occasioni in cui in parlamento non c’era una maggioranza precostituita e la discussione parlamentare ne ha prodotta una».

Sono i famosi corsi e ricorsi storici?
«No, perché l’idea di Giambattista Vico rientra in una concezione ciclica della storia, secondo cui tutto torna sempre al punto di partenza».

Come si muove, invece, la storia?
«La figura geometrica che meglio rappresenta il suo moto è la spirale».

Ovvero?
«Nell’antichità, c’era l’idea che la storia si muovesse lungo un cerchio, seguendo sempre lo stesso ciclo e tornando continuamente al punto di partenza».

Poi, cos’è successo?
«Con la modernità, il moto della storia è stato raffigurato come una linea retta, come se tutto andasse verso una progressione continua”.

Invece?
“Le cose tornano, ma tornano sempre in maniera diversa: per questo, nell’ambito delle figure geometriche, quella che mi sembra più adeguata è la spirale”.

Può fare un esempio per aiutarmi a capire?
«Prenda la schiavitù: si crede sia finita da molti secoli. E, in effetti, se si pensa alla schiavitù del mondo antico, non si può dire che ci sia qualcuno, oggi, che pensa – come Aristotele – che gli schiavi siano macchine che parlano. Eppure, nonostante già Seneca criticasse l’istituto della schiavitù, negli Stati Uniti d’America a metà dell’ottocento si è combattuta una guerra civile per la sua abolizione. E, in Russia, la servitù della gleba è stata rimossa nel 1861. Eppure, non è finita per sempre. Nel nostro secolo, iniziato da nemmeno venti anni, la schiavitù è tornata in altre forme e fa parte del sistema con cui il capitalismo produce profitto”.

A cosa si riferisce?
«Alle delocalizzazioni nell’Oriente meno sviluppato, oppure ai sistemi con cui si produce in alcune zone meno sviluppate del nostro paese: sono le forme della nuova schiavitù. Eppure – ecco perché parlo di spirale – noi oggi siamo più pronti ad affrontare e criticare questi meccanismi dello sfruttamento”.

Si sente ancora comunista?
«Insieme a molti altri, considero questa parola una parola nobilissima. Peraltro, più antica della Lega di Marx ed Engels”.

Cos’ha di nobile?
«L’idea che – come è stato scritto nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 – gli uomini nascono e rimangono uguali. E sottolineo: “Rimangono.” Un verbo impegnativo, piuttosto difficile da attuare».

Qualcuno, in Italia, lo sta facendo?
«Il Movimento cinque stelle è nato pronunciando una frase vecchia almeno quanto il movimento fascista: ‘Non siamo né di destra né di sinistra’. L’ha potuto fare perché c’è stato davvero un abbraccio tra la destra e la sinistra, prima in sostegno del governo Monti, e poi, in parte, anche dopo, con il patto del Nazareno. Matteo Renzi ha fatto di tutto per dimostrare che il Pd era una partito come tutti gli altri. Si è creato così lo spazio per un movimento di protesta poco colto, se non del tutto incolto, la cui nascita è però da imputare a chi ha creato le condizioni perché ciò accadesse».

Che cosa ha pensato quando ha sentito Di Maio rivolgersi sia a destra sia a sinistra per formare un governo?
«Che non siamo di fronte al classico fenomeno di trasformismo del nostro paese, in cui – da De Petris in poi – si passa serenamente da destra a sinistra, poiché il trasformismo implica l’esistenza di una destra e di una sinistra. Invece, quella del Partito democratico è una ex sinistra. E questo agevola la possibilità del Movimento cinque stelle di dire che gli uni o gli altri sono equivalenti».

La sinistra rischia di scomparire?
“La disgregazione mentale del Pd ha creato un grande vuoto. Per fortuna, ci sono dei ceti sociali, dei conflitti e delle organizzazioni – penso ai sindacati – che difendono gli interessi concreti di chi lavora. E questo assicura che la sinistra non si estingua».

Se i Cinque stelle si alleassero con Salvini cosa succederebbe?
«Il Movimento perderebbe pezzi del suo elettorato, pezzi cospicui. Né li aiuterebbe la cultura politica: ne hanno poca, e questa sarà la causa del loro probabile declino».

Se però trovassero un accordo?
“Sarebbe un’alleanza mostruosa, da tutti i punti di vista».

Mostruosa?
«Sì, è una parola della lingua italiana che viene dal latino monstrum e indica qualcosa che stupisce e fa spavento».

Perché dovremmo avere paura?
“In campagna elettorale, Salvini ha promesso una riduzione delle tasse indiscriminata. Il Movimento Cinque stelle, invece, ha sventolato la bandiera del reddito di cittadinanza. Le due cose non possono essere messe insieme. Per questo, sarà un governo disastroso. Sempre che riescano a formarlo».

Vede un’altra soluzione?
“Se l’avessi, avrei già telefonato al capo dello stato. Che, ne sono sicuro, non desidera altro che ascoltare il mio parere».

Si è occupato anche di utopie: sogna una società ideale?
«Sognare è un’attività sterile, preferisco lottare per una società più giusta, con le armi del ragionamento, della cultura, della lettura, della discussione».

Per cosa combatte?
«Per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, come dice l’articolo 3 della nostra Costituzione».

Non è un intento po’ retorico?
«Questo lo pensavano coloro che non volevano scrivere quell’articolo nella Costituzione».

Scriverlo cosa ha significato?
«Delineare la possibilità di cambiare radicalmente la società».

Perché, settant’anni dopo che è stato scritto, si sente ancora la stessa necessità?
«Perché indica la via da seguire per avvicinarsi il più possibile al risultato».

 

 

 

 

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