E lo sventurato rise [di Nicolò Migheli]
Passato il tempo dei cachinni e dei sarcasmi restano l’amaro e lo sconcerto. Come è stato possibile che Ugo Cappellacci presidente dei Sardi si sia lasciato trattare in quel modo e ne abbia riso. E con lui, gli altri che sabato primo di febbraio, erano alla fiera di Cagliari? Ritornano alla mente le memorie di Ivan Sanchin, proiezionista di Stalin, che racconta dei terribili dopocena del dittatore, quando questi si dilettava ad insultare con barzellette oltraggiose i suoi collaboratori. L’offeso era quello che rideva di più, nel terrore di ritrovarsi l’indomani mattina gli agenti della NKVD davanti alla porta di casa. Molotov, ministro degli esteri, nel 1948 non seppe votare contro l’arresto della moglie Polina, che rivide solo nel 1953 dopo la morte di Stalin. Che il modello di esercizio del potere dell’ex cavaliere fosse la satrapia asiatica era già noto, come note sono le sue frequentazioni ed amicizie con i dittatori ex sovietici. Dobbiamo però ringraziarlo Berlusconi, perché con quell’epiteto escrementizio ha rivelato l’idea che lui ha dei suoi fedeli e per esteso, visto che l’insulto era rivolto al nostro presidente, anche dei Sardi. Un popolo, per lui, degno solo di essere ammesso alle briciole dei suoi banchetti. Un popolo di veline, camerieri e boys da campi da golf. Non sorprende invece l’atteggiamento servile delle nostre èlite intermediatrici, le quali, pur di continuare nelle svendita della Sardegna passano su ogni cosa, compresa la propria dignità personale. Non si dica che è sempre stato così. No, neanche nei periodi più cupi della nostra lunga storia si è palesato un comportamento così privo di dignità. Si vergognerebbe anche Efisio Pintor Sirigu, quello che tradì la Sarda Rivoluzione. Da rimpiangere il sussulto di orgoglio di Giovanni Siotto Pintor, fautore della Perfetta Fusione, salvo poi pentirsene, che prese a calci il valletto del Parlamento Subalpino, che non voleva farlo entrare perché vestito in abiti tradizionali. Se Cappellacci, invece di ridere, si fosse rivolto a Berlusconi dicendogli “Silvio come ti permetti!” Avesse abbandonato quel palco, non avesse partecipato al pranzo di gala, avrebbe già vinto le prossime elezioni. Un sussulto di dignità come potere taumaturgico, il lavacro di cinque anni di (s)governo. Non l’ha fatto perché il coraggio chi non ce l’ha non può darselo, come scrive di don Abbondio il Manzoni. Non si può chiedere ad una èlite compradora di rinnegare se stessa e i suoi affari. Non si può chiedere a chi è dipendente di troncare il cordone che lo nutre e lo schiavizza. Ora Cappellacci è nudo, quella imposizione di cognome lo segnerà per il resto dei suoi giorni. I giornali di carta, misericordiosi, o forse imbeccati, non hanno riportato il fatto, ma la rete è la memoria della contemporaneità. Lì resterà. Come potrà entrare in un locale pubblico? Come potrà sostenere i risolini mal celati? Ecco che tutti proclami di indipendenza da Roma, le sue lettere in sardo al governo e all’Unione europea, sono quel che sono, atti di falsa ribellione scritti nella nostra lingua madre. Niente di più, se non fumo negli occhi di chi aspira ad un vero riscatto dei Sardi. Può darsi però che quel primo di febbraio diventi il tallone d’Achille per quelle forze politiche che ancora credono che far intervenire i leader “nazionali” sia un vantaggio competitivo. Berlusconi ha dimostrato che può essere un’arma a doppio taglio. Se posso permettermi un consiglio, il centrosinistra lasci Renzi a Firenze, certo Pigliaru non è Cappellacci e il sindaco toscano non è Berlusconi, si guardi intorno, ha in sé tutte le risorse per poter competere in una campagna elettorale. La presenza di quei personaggi è la dimostrazione tangibile che aspettiamo sempre dagli altri la soluzione dei nostri problemi. Come i bambini che fanno intervenire i genitori nelle liti con i coetanei. Una dichiarazione di dipendenza e di rifiuto delle proprie responsabilità adulte. Per fortuna non per tutti è così. Sardegna Possibile e le altre liste che non sono emanazione di partiti italiani, stanno già agendo con le sole forze dei Sardi. Non hanno padrini e non li vogliono. Rompere la dipendenza è anche questo. D’altronde i Sardi non ne possono più di essere blanditi, ingannati ed insultati a Roma e a Bruxelles. Ora anche a Cagliari. Le elezioni del 16 di febbraio sono nostre, facciamole senza ingerenze estranee. Se ciò avvenisse sarebbe già un bel risultato. |
Quiz
La sventurata rispose.
Lo sventurato rise.
Quale delle due frasi è attribuibile al Manzoni ?
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A proposito di questo episodio, una riflessione in più:
http://dovevogliamoandare.wordpress.com/2014/02/03/non-pensare-allelefante/