Sì o No per l’Europa. Il contendere delle nuove elezioni [di Nicolò Migheli]
Che tu possa vivere tempi interessanti. Siamo dentro l’augurio-maledizione cinese e la crisi italiana altro non è che la punta dell’iceberg europeo. Paghiamo tutti il costo di una integrazione fatta male, di una moneta incompiuta, della rinascita dello spirito westfaliano. In questi ottanta giorni di crisi convulsa l’Italia ha scoperto di essere a sovranità limitata anche in ragione dall’enorme debito pubblico. Il sovranismo rivendica una assolutizzazione dello Stato che non esiste più dal 1945. La stessa adesione all’Onu, l’accettarne le indicazioni e i regolamenti, è stata una cessione di sovranità. Ancor di più l’adesione alla NATO e alla CEE prima e poi alla UE. Trattati su trattati dove le prerogative uniche della statualità sono state cedute progressivamente in cambio di un rapporto tra eguali con gli altri stati, anche se non sempre è stato così. In questo non vi è stato nessun tradimento della Costituzione, l’art. 11 recita: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. L’accento sulle limitazioni di sovranità voluto dai padri costituenti aveva la sua ragione nell’evitare le guerre e stabilire un rapporto di collaborazione tra entità che si erano combattute da sempre. Settantatre anni di pace in Europa Occidentale sono la dimostrazione. La fine di istituzioni come la Ue in un clima di nazionalismi revanscisti non esclude che non si possa tornare a confronti violenti. Il fallimento del tentativo di governo giallo-verde, l’intervento pesante, irrituale, del presidente Mattarella aumentano in maniera esponenziale il grado di conflittualità italiana. Ci attendono mesi terribili con tentativi di messa in stato di accusa del Presidente, con l’amplificarsi della retorica anti- Bruxelles e anti-tedesca. Sulle responsabilità di questo stato di cose molto è stato scritto, vale la pena di ricordare i punti salienti. L’Italia entra nell’euro sapendo che avrebbe dovuto abbandonare la svalutazione competitiva che i governi del secolo scorso usavano per salvaguardare i prodotti italiani nel mercato internazionale. L’euro viene visto come moneta forte che avrebbe abbattuto gli interessi sul debito pubblico che nei decenni precedenti avevano raggiunto il 20%. I governi Berlusconi, dal 2001 al 2010, non colgono l’occasione di ridurlo mentre l’economia italiana cresceva costantemente. Con i governi Monti si usa l’arma della svalutazione interna, intaccando stipendi, servizi e welfare, ma il debito, in presenza di recessione economica, aumenta costantemente. A questo si somma la retorica dei governi non eletti e una condizione sempre più precaria delle fasce deboli della popolazione che desiderano legittimamente un cambio di paradigma e un abbassamento della pressione fiscale. Su questi bisogni si innesta la predicazione anticasta e contro l’emigrazione, vista dai ceti deboli come fenomeno competitivo su risorse sempre più scarse. Nella Ue si assiste al dominio incontrastato dell’ordo-liberismo germanico, più concezione religiosa che economica. Si lascia che la Grecia precipiti imponendo una spirale di sacrifici che non hanno ancora avuto termine. L’arma del QE della BCE di Draghi risparmia all’Italia percorsi simili. Nel frattempo però per errori macroscopici del PD renziano, la scuola ad esempio, il grado di malcontento cresce fino ad avere sbocco nelle elezioni del 4 di marzo che lasciano un paese ingovernabile, preda delle speculazioni dei fondi sul debito. Speculazioni che minacciano il finanziamento dello stato, delle imprese, gli stipendi degli statali, la sanità e tutti i servizi. Questo è il quadro e non promette niente di buono. Una classe dirigente incapace di assumersi le sue responsabilità trova facilmente il nemico esterno in Bruxelles, Francoforte e Berlino, e questo hostis, verrà usato pesantemente in campagna elettorale dove la domanda, non più sottesa ma esplicita, sarà: Vuoi tu che l’Italia rimanga nell’Euro e in subordine dentro la Ue? Non v’è dubbio che le istituzioni europee non siano adeguate alle sfide del momento, che hanno bisogno di riforme importanti. Sarà possibile ottenerle con lo scontro? Dimenticando che ogni modifica di trattato va approvata da 27 paesi e in molti di essi sottoposta a referendum. Nel prossimo anno ci saranno elezioni del Parlamento Europeo, la presenza di movimenti nazionalisti di estrema destra sarà forse dominante, il gruppo di Visegrád farà scuola, i neonazisti di ADF in Germania hanno superato i socialisti, in Francia il FN di Le Pen riprende fiato. Come spesso è avvenuto nella storia l’Italia fa da apripista, è stato così anche con il fascismo, può succedere di tutto, perché checché se ne dica, il problema non è il M5S; ma la Lega di Salvini che ormai è diventato partito di estrema destra, userà di tutto per conquistare un potere assoluto. Il modello è Putin, Orbán e Erdogan. Ci attende un futuro simile? Non è escluso, anche gli autocrati sono stati eletti democraticamente la prima volta. |
«Ahi, serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province ma bordello!» (DANTE ALIGHIERI)
anzi casino, mica tanto bello.
E Macos Sardos sempre ifatu sou
chentz’arte e ne parte, cun sa conca a brou. (mariopudhu)