Tre destre, senza opposizione. Rassegnarsi non è possibile [di Tomaso Montanari]
huffingtonpost. 12 giugno 2018. Il discorso pubblico di queste ultime ore – almeno quello mainstream: in televisione, sui giornali, sulla rete – restituisce con impietosa fedeltà l’immagine di un’Italia con tre destre. Quella della Lega: la destra xenofoba, razzista, con importanti venature fasciste che ha in pugno il governo del Paese. La destra di fatto: il Movimento 5 Stelle, che ha deciso di rinnegare il mantra per cui non era “né di destra né di sinistra” portando al governo la Lega , e qui praticando la genuflessione invece dell’attrito. Perché la chiusura dei porti disposta dal ministro Danilo Toninelli, nel silenzio vergognoso della cosiddetta sinistra interna, non lascia spazi di manovra retorica: di destra è chi la destra fa. Punto. Infine, la destra per convenienza: il Partito Democratico. Che prima ha aumentato a dismisura diseguaglianza e ingiustizia sociale, poi si è identificato come il partito della “ristretta cerchia dei salvati” (Franco Marcoaldi) e ha praticato schiette misure da destra securitaria. La prima conseguenza è che non c’è, oggi, una opposizione moralmente, culturalmente e politicamente credibile. Prendiamo la vicenda orrenda della nave Aquarius bloccata in alto mare da un Salvini che contemporaneamente postava sui social la propria foto in posa mussoliniana accompagnata dall’hashtag #chiudiamoiporti. Ebbene, chiunque può criticare questo atto di teppismo fascista: chiunque tranne chi ha sostenuto, o non ha apertamente e duramente criticato, le politiche del predecessore di Salvini, Marco Minniti. E questo vale per i parlamentari e i dirigenti del Pd, naturalmente: ma anche per tutta la stampa che ha sostenuto quella politica. Perché davvero non è credibile lo sdegno per 629 dell’Aquarius in bocca a chi ha plaudito o taciuto di fronte alle migliaia e migliaia di morti e di torturati in campi di concentramento libici voluti e sostenuti dall’Italia. Ma il problema è assai più profondo. Nel gennaio del 2016, nel suo editoriale di insediamento alla guida di Repubblica, Mario Calabresi scriveva che “la nostra società, senza aspettare la politica e dividendosi più sull’asse tra conservatorismo e innovazione che su quello destra-sinistra, ha aggiornato la sua agenda”. È andata davvero così, ma questa non è stata una conquista: anzi è la radice del disastro di oggi. I frutti avvelenati che cogliamo in questi giorni del 2018 si devono all’innesto che, Veltroni e D’Alema prima e infine Renzi, hanno praticato sull’albero della sinistra, snaturandolo. La “modernizzazione” di Blair al posto della giustizia sociale e dell’eguaglianza: è da quella breccia che è venuto giù tutto. Negando – in pensieri, parole, opere e omissioni – la differenza tra destra e sinistra, e praticando attivamente politiche di destra economica e securitaria, la sinistra politica si è suicidata, aprendo all’attuale stagione delle tre destre. Pensare di uscirne rilegittimando la destra di convenienza del Pd “è peggio di un crimine: è un errore”. Cioè non è solo sbagliato culturalmente, ma è anche perdente: non funzionerà. In concreto: se io votassi a Pisa o a Siena, non parteciperei ai ballottaggi. Perché non saprei scegliere tra i vecchi sindaci del sistema di potere del Pd e i candidati della Lega. Sono due facce della stessa medaglia: sono l’uno l’innesco dell’altro. Esattamente come non avrei saputo scegliere tra la Clinton e Trump: perché un’eventuale vittoria della Clinton avrebbe preparato solo uno schianto ancora più grande. E se a Pisa o a Siena dovesse rivincere il Pd non sarebbe un nuovo inizio: ma un prolungamento di agonia che aprirebbe la strada ad esiti ancora peggiori. Un esempio concreto: nella mia Firenze la moschea non c’è perché prima Renzi e poi Nardella l’hanno impedito in tutti i modi, in perfetta intesa con un vescovo drammaticamente di destra, esatto opposto della Chiesa di Francesco. Chi mai potrebbe correre a rivotare per Nardella, sindaco della terza destra, quando, l’anno prossimo, si profilerà anche a Firenze un sindaco della prima destra? Non bisogna sopravvalutare il dato elettorale di domenica 10 giugno , perché il Movimento 5 Stelle è sempre stato debole alle amministrative. Ma non c’è dubbio che se lo schiacciamento sulla Lega continua, il Movimento è destinato a scomparire: ha già perso gli elettori di sinistra, e quelli di destra presto preferiranno il partito del capo (Salvini) al partito del pallido esecutore (Conte). È in questo spazio che può rinascere una sinistra che non sia solo culturale e sociale (l’unica che oggi esista e che abbia una qualche voce), ma che si ponga anche il problema di costruire rappresentanza politica, e che magari perfino ci riesca.È una strada lunga e stretta, perché, prima che politicamente, la sinistra va ricostruita nelle lotte, in un sindacato dei diritti e dunque nel senso comune. È una strada che prevede la totale rimozione delle macerie, di sigle e storie personali, che ancora giacciono in mezzo alla strada della sinistra. Ma non ci sono alternative: se non quella di rassegnarsi all’Italia delle tre destre, senza opposizione. E rassegnarsi non è possibile.
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Chiedo scusa al Professore se il 4 marzo ho votato per una Sinistra certo non perfetta ma che mi è parsa l’unica possibile. Sono stato in compagnia di oltre un milione di italiani. Si può fare di più sia in qualità sia come numero. Naturalmente quelli perfetti come il Professore Montanari hanno altro cui pensare perciò l’opposizione è quella che gli italiani si meritano.