Non di leader ha necessità la sinistra [di Giovanni Scano]

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Non credo che le difficoltà della politica dipendano dalla mancanza di leader. Anzi. Forse ce ne sono anche troppi. Quasi tutti, forse, presunti tali. Non condivido quindi la necessità della figura di leader che viene  proposta da Samuele Mazzolini e Giacomo Russo Spena in L’importanza del leader: senza non si vince, qui riproposto.

Una figura con empatia e capacità comunicative superiori rispetto ai comuni mortali che sia determinante per vincere le elezioni. Sia che la si proponga riguardo alla cosiddetta sinistra radicale, come si fa in questo testo, sia che la si proponga per il Partito Democratico e/o per un centrosinistra “tradizionale”, come si fa in altre sedi. Il mio pensiero potrebbe essere ben rappresentato dalla frase “no leader,(e, ancora di più) no followers”. Se andiamo a vederne il significato etimologico, la parola leader ci riporta a duce (Mussolini) e a conducator (Ceausescu).

Gli esempi proposti possono anche essere considerate figure positive: Pablo Iglesias, fondatore di Podemos, (che ha forse usufruito anche del fatto di avere lo stesso nome e lo stesso cognome di uno dei fondatori del PSOE), Jeremy Corbyn, leader del New Labor, e Alexis Tsipras, il primo ministro greco. Solo quest’ultimo è al governo. Ha quindi avuto successo. Non è scontato, quindi, che per vincere basti un leader. E non è neanche detto che chi è capace di vincere sia poi anche capace di governare.

Non parlerei poi dei “modelli” latino americani. Lì possiamo trovare, nel corso del tempo, tutto e il contrario di tutto. Forse l’unica eccezione che possiamo fare è per il Cile di “Unidad Popular”.

Si fa riferimento, come si vede, a una sola persona. Con tutti i rischi, per la democrazia, che ciò comporta.Secondo me, invece, una leadership che voglia dirsi democratica non può che essere collettiva. Con l’utilizzo magari anche delle nuove tecnologie, E vertice e base non devono mai essere concetti alternativi. Devono essere due facce della stessa medaglia. Servono entrambi. Non ci può essere l’uno senza l’altro. In democrazia. Per questo preferisco parlare di segretario del partito piuttosto che di leader.

Il leader è colui che guida. Ha sempre le idee buone e le comunica ai seguaci (followers) che le fanno proprie (magari solo sul web attraverso i like) e provano a metterle in pratica, a realizzarle.
Il segretario è colui che presiede le riunioni e le assemblee, magari introduce di volta in volta gli argomenti, dà la parola a chi vuole intervenire per dire la sua. Forse cose queste troppo prosaiche per chi si ritiene un leader. Finiti gli interventi, tira le somme, ne fa la sintesi (fa davvero il segretario nel senso letterale del termine) e quella è la linea politica del partito.

E questo lo si può fare ai vari livelli: nazionale, regionale, locale.
Si tratta di un modo ormai vecchio e superato di fare politica? Io credo di no.

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