Non esistono porti chiusi [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione sarda 19 giugno 2018. La città in pillole. Capita in un inizio d’estate straniante e sospeso come poche volte che la cronaca ci precipiti nel passato con parole e dinamiche che risvegliano potentemente sentimenti arcaici, quasi genetici. Porto, accoglienza, mare, rotta, nave, ospite, migrante, clandestino, straniero è il dizionario. Mediterraneo la parola e il luogo che lo riassume. Aquarius, spensierato nome di nave, metafora di un racconto che ha molti millenni e che riguarda l’Europa mediterranea quanto la continentale. Ha vagato dal cuore del mare interno verso occidente seguendo una rotta lungo la Sardegna che racconta più di una variante dettata da urgenze metereologiche. Piuttosto che attraversare il canale che anche Dante chiama mare libico o sardo, dove si vogliono le colonne d’Ercole prima della loro ubicazione a Gibilterra, ha puntato verso le coste orientali dell’isola e dopo le bocche di Bonifacio si è diretta alle Baleari e a Valencia. Cagliari e la Sardegna in questa tragedia della contemporaneità hanno riaffermato una centralità geografica che una politica inadeguata e un racconto storico strapaesano cercano di ridimensionare. La rotta di Aquarius ribadisce comunque l’irriducibile dialettica della Sardegna col mondo; ribalta stereotipati isolazionismi attribuiti specie alle coste orientali; interpella sulla funzione che l’insularità deve svolgere oggi e nel futuro. Perché cosa fosse nel passato lo raccontano i reperti sardi e allogeni che insediamenti sul mare e nel retroterra restituiscono, sottraendoli a determinismi geografici ed etnici, variamente declinati. La densità dei nuraghi sulle coste, compresa la cagliaritana, polarizzò infatti popoli e merci di ogni dove: micenei, filistei, fenici, greci, etruschi, cartaginesi. Molti attracchi naturali con rudimentali infrastrutture, già nel II millennio, diventarono porti nel primo quando aumentò la circolazione di merci e di persone. Decisivo il ruolo di fiumi e acque interne anche a Cagliari dove gli attracchi/porti sul mare e sulla laguna sono diversi e con differenti funzioni. Porto che nel latino portus/porta significa rifugio/asilo/sito dove arrivano persone, non diversamente dal greco empòrion che, come il primo, ha nominato molte località, non può essere un luogo chiuso. E’ un ossimoro. C’è bisogno di umanità ma anche di cultura.
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