Spettatori di ieri e di oggi [di Franco Masala]
Un tempo, a teatro, c’era la signora, in genere attempata, che sgranocchiava caramelle o, peggio, ne offriva intorno, aprendo la borsetta dalla cerniera rumorosa e provocando scartocciamenti fastidiosi quasi sempre in concomitanza con i piano e i pianissimo dell’orchestra. Oppure c’era l’elegantona dal cappellino voluminoso che occludeva la visuale ai malcapitati che stavano disgraziatamente dietro a lei tanto da indurre il cronista a raccomandare il deposito del cappello in guardaroba, proprio per evitare danni collaterali. È fortunatamente cessato anche l’uso dell’applauso “di sortita” all’apparire del divo o della diva di turno, opportunamente guidato dalla claque, che faceva perdere diverse battute di musica; oppure l’applauso fuori luogo su un acuto o una prodezza vocale che interrompeva inutilmente l’attenzione e la tensione emotiva. Così come è scomparsa l’ammissione dei ritardatari a spettacolo iniziato che un tempo funestava le aspettative di chi era giunto in perfetto orario. Tutte usanze di un tempo che fu, ormai impensabili grazie a comportamenti basati su un maggiore senso di civiltà e di rispetto verso gli altri. Naturalmente tutto ciò è niente rispetto al risotto servito nei retropalchi della Scala nell’Ottocento, durante lo spettacolo, o alla possibilità di chiuderne le cortine, estraniandosi dalle vicende teatrali e non solo. Nonostante questi segni del passato e gli indubbi progressi, oggi a teatro (ma anche al cinema) non si è però completamente immuni dalla ineducazione perché un oggetto magico ha preso il posto di tutto: lo schermo luminoso dello smartphone. A parte coloro che sentono il bisogno impellente di un selfie per garantire che erano là in quel preciso istante, e in barba ai divieti giustamente ricordati all’inizio di ogni spettacolo circa lo spegnimento dei cellulari, c’è sempre qualcuno che nell’oscurità della sala deve comunicare con il resto del mondo e quindi scrive, legge, invia, completamente incurante di ciò che lo circonda. Senza nessun segno di pentimento o, meglio ancora, di vergogna. Per farli desistere sarebbe necessario un nuovo Benedetto Marcello che nel 1720 pubblicava Il teatro alla moda, mettendo alla berlina compositori, poeti, cantanti venali e ignoranti che popolavano allora il mondo teatrale. Mancavano gli spettatori: eccolo accontentato. *Cagliari, Politeama Regina Margherita. Serata di gala in onore del Re Umberto I, aprile 1899 (foto di Evaristo Mauri) |