Addio a Cristiano Bandini, il giornalista gentile, l’amico che tutti speravamo di avere [di Vito Biolchini]

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Cristiano, dove sei? Non ti trovo adesso, frugando fra i libri della mia biblioteca. Pensavo di rivederti nello scaffale degli scrittori sardi, dove sicuramente ti avevo collocato vicino ai Mannuzzu, ai Fois, ai Dessì. “Mezza stagione”, il tuo racconto lungo, ci aveva conquistato tutti allora. Che anno era? Non importa.

Quel premio che avevi vinto era stato un orgoglio per noi, perché riconosceva quelle qualità che già avevamo intravisto nella tua personalità e che tu eri riuscito a traferire nelle pagine, con una scrittura leggera e delicata. Il tuo era un approccio gentile alla vita, e questo ti rendeva un grande ascoltatore delle nostre storie personali che noi sapevamo di mettere in buone mani. Eri l’amico che tutti speravano di avere, e per me a lungo lo sei stato.

La scrittura, dunque: tutto nasce da lì. “Devi scrivere! Stai scrivendo?” ti ripetevo incessantemente in quegli anni. Ma tu rispondevi con mezze frasi e una smorfia, finché un giorno non mi confessasti che quel mondo di libri e di autori di cui tu dovevi e potevi far parte era fatto di egocentrismo e narcisismo che tu non volevi assecondare. Eri stato quasi schiacciato da quella prospettiva e avevi preferito ritrarti nell’ombra. Perché c’erano anche ombre nella tua personalità, luoghi di sofferenze segrete che abbiamo imparato a conoscere nel tempo.

Ma il sorriso e la risata poi tornavano, insieme alla capacità di stare assieme. Fine anni ’90, al Teatro dell’Arco di Mario Faticoni bazzica un gruppo di ragazzi che sperimenta al tempo stesso la scrittura giornalistica e quella artistica, con uno specifico teatrale per me, letterario per te e poetico per Massimiliano Messina. Tre giornalisti atipici che guardano alla cultura come strumento per cambiare la società. Nascono spettacoli, piccole sperimentazioni in anni di grande fermento. E infatti nel 2000 arriva “Godot, quotidiano on line di informazione culturale e di spettacolo” e lì ci ritroviamo, chiamati dall’amico e organizzatore Marco Fresi.

Cosa sono stati quegli anni nella piccola redazione del Corso l’ho raccontato nel libro su Giuseppe Podda. Sostanzialmente, stavamo chiusi in quella stanzetta a lavorare gomito a gomito (era proprio così) per dodici ore al giorno. Nessuno ci voleva, così il giornale ce lo siamo inventati noi. Poi ad un certo punto abbiamo fatto perfino un settimanale, in una stagione di lavoro magnifica e delirante. Pensavamo che il nostro impegno sarebbe bastato, che prima o poi qualcosa sarebbe successo. Invece è successo solo quello che abbiamo fatto succedere noi.

Come Radio Press, ad esempio. Io avevo fatto parte del primo gruppo redazionale e avevo anche una piccola quota societaria. Così quando nel 2005 c’è la possibilità di provare a risollevare le sorti dell’emittente, lasciamo Godot e ci buttiamo anima e corpo nella nuova impresa. Senza di te, io non avrei mai fatto quel passo. Incoscienti, assieme.

Chissà se mai qualcuno racconterà quegli anni e quel gruppo di lavoro, che poi è stato anche gruppo di amici. In radio troviamo Alberto Urgu e Paola Pilia, dopo ci raggiungono un giovanissimo Nicola Muscas e Ottavio Pirelli (anche lui passato per Godot), e poi tanti, tanti altri giornalisti, tecnici e programmisti che sarebbe anche difficile elencare oggi. Anni belli, vissuti con la speranza del futuro ma anche duri, perché poco di quello che veniva seminato poi si riusciva a raccogliere.

Lavoro e amicizia intanto andavano di pari passo. Le partite in curva nord (nel 2004 il Cagliari torna in serie A e facciamo una copertina celebrativa di Godot, noi due abbracciati, tu con una bandiera rossoblù in mano), gli spettacoli visti assieme, la scoperta dell’amore (che bello che eri con Maria!), il dolore di un padre che scompare all’improvviso, l’affetto anche con i tuoi fratelli Massimo e Pierfranco, i momenti conviviali con Gianmario Selis, amico comune che ci convoca per fantasticare di libri da scrivere e spazi culturali da aprire, farci vedere i suoi nuovi quadri, mangiare assieme, e tutto in un clima di affetto e leggerezza.

Diventiamo anche vicini di casa. Ti chiamo un giorno che mia figlia Emma, che allora ha un anno, rimane incastrata con la testa… nello schienale di una sedia! Tu arrivi e risolvi. Avevi questo dono, quando c’era un problema sapevamo che tu ci potevi sempre aiutare.

Passano gli anni, le strade si separano, com’è normale che sia nella vita. Esperienze diverse. Fraintendimenti, silenzi, riconciliazioni. Ci seguiamo da lontano e sorrido nel vedere che poi le nostre strade sono sempre quelle. Anche tu finisci a Tiscali e poi all’ufficio stampa della Regione. Praticamente abbiamo fatto gli stessi lavori io e te, seppur in anni diversi.

Tre anni fa poi, un viaggio assieme per il concorso Rai a Saxa Rubra. Timorosi di esplicitare le nostre speranze di successo, increduli come siamo di aver passato la prima parte del concorso (da tremila a 400 candidati), fantastichiamo di entrare nei primi cento in un alberghetto alle porte di Roma. Ancora assieme.

Cos’è successo quel giorno lo sappiamo solo io e te.

Sette ore di esame, senza sapere nulla di quello che ci sarebbe capitato perché era appena il secondo giorno di selezione, andiamo allo sbaraglio con il sorriso sulle labbra. I sogni di gloria finiscono praticamente subito, ben prima di scoprire qualche mese dopo che saremmo stati assunti solo se avessero invertito la graduatoria! È andata così, ma è stato bello comunque provarci. Nessun regalo: ancora una volta capiamo che succede solo quello che facciamo succedere noi.

Arriva Marta, la gioia della tua vita. Poi il buio della diagnosi, nel settembre dello scorso anno. Telefonate affettuose, sentimento profondo. Un legame vero che so che nonostante tutto non si spezzerà mai. Poi ieri, l’ultimo incontro.

Dove sei, Cristiano? Continuo a non trovarti. Ero convinto di averti lasciato qui e invece non ci sei. Ma è l’ultimo scherzo che mi fai. Tanto prima o poi ti ritrovo. E quel libro lo farò leggere a tutti.

I funerali del giornalista e scrittore Cristiano Bandini si terranno lunedì 16 luglio alle ore 16 presso la chiesa dell’Annunziata, nel Corso Vittorio Emanuele a Cagliari.

 

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