Ancora sul DdL Governo del territorio della giunta Pigliaru e sul concetto di Deroga in Urbanistica [di Alan Batzella]
Premettendo che una Legge urbanistica che sistematizzi le deroghe, anzichè stabilire un quadro preciso di regole a cui tutti devono attenersi, si pone in posizione dissonante rispetto a quel quadro armonico di procedimenti pianificatori che invece avrebbe il compito di prescrivere e i Comuni di amministrare, è opportuno chiarire anche brevemente i termini della questione. Il ricorso alla deroga urbanistica è inequivocabilmente regolamentato dalle Leggi nazionali, ordinatamente recepite anche dalla Regione Autonoma della Sardegna. Nel merito, il quadro legislativo e giurisprudenziale vigente, facilmente consultabile in rete, molto sinteticamente, è basato su questi concetti imprescindibili: L’art.14 del Testo unico dell’edilizia, n.380/2001 consente il rilascio di permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali esclusivamente per edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico. Non sono in ogni caso mai derogabili le disposizioni contenute nel D.Lgs. n.42/2004 (Codice dei Beni culturali e del Paesaggio) e nelle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, quali il Piano Paesaggistico Regionale. L’istituto della deroga era già disciplinato dall’art.16 della Legge Ponte (n.765/1967), che aveva introdotto l’art.41quater della legge urbanistica nazionale (n.1150/1942), ora abrogato dall’art.136, 2° comma-lett.b), del T.U. n.380/2001, che peraltro ne ripropone le stesse direttive come sotto elencate: secondo la Circolare della Direzione generale dell’Urbanistica n. 3210 del 28-10-1967 infatti: — sono edifici ed impianti pubblici: quelli appartenenti ad enti pubblici e destinati a finalità di carattere pubblico (ad esempio: le sedi dei ministeri, le caserme, le scuole, gli ospedali, i musei, le chiese, i mercati, le università, etc.); — sono edifici ed impianti di interesse pubblico: quelli che, indipendentemente dalla qualità dei soggetti che li realizzano — enti pubblici o privati — siano destinati a finalità di carattere generale, sotto l’aspetto economico, culturale, industriale, igienico, religioso, etc. (ad esempio: conventi, poliambulatori, alberghi, impianti turistici, biblioteche, teatri, silos portuali, etc.). «L’ampliamento di una struttura alberghiera rientra fra gli impianti di interesse pubblico per i quali è consentito il rilascio di concessione edilizia in deroga ai sensi dell’art. 41 quater L. 17 agosto 1942, n. 1150» (C. Stato: sez. IV, 12 dicembre 2005, n. 7031; sez. V; 29 ottobre 2002, n. 5913, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 405; sez. IV, 28 ottobre 1999, n. 1641, in Cons. Stato, 1999, I, 1585). «Per la qualificazione di edifici ed impianti pubblici o d’interesse pubblico, limitatamente ai quali, ai sensi dell’art. 16 legge 6 agosto 1967, n. 765, possono essere esercitati i poteri di deroga previsti da norme di piano regolatore (oggi PUC) e di regolamento edilizio, l’interesse pubblico va individuato per la sua rispondenza agli scopi perseguiti dall’amministrazione, prescindendosi dalla qualità pubblica o privata dei soggetti che realizzano la costruzione; pertanto, ove mediante le sue strutture l’edificio soddisfi funzionalmente l’interesse turistico, la cui rilevanza pubblica ne è strettamente connessa, esso può ben essere ricompreso fra le opere indicate dall’art. 16 cit. » (C. Stato, sez. IV, 6 ottobre 1983, n. 700, in Foro amm., 1983, I). Superare la procedura derogatoria prevista stabilendo a tappeto la possibilità di incrementare ogni struttura alberghiera con percentuali stabilite “per legge”, e ulteriori rispetto ai carichi urbanistici originariamente prescritti e programmati, come proposto dal DdL Governo del terriotorio della giunta Pigliaru, scavalca quindi la potestà di pianificare e gestire ordinatamente il territorio da parte delle Amministrazioni comunali. In pratica con l’art.31 sull’incremento volumetrico delle strutture turistiche del DdL Pigliaru, si vuol sottrarre la possibilità di derogare ai Comuni nel rispetto di quanto riporta il Testo unico dell’edilizia, consentendo automaticamente a tutti gli alberghi di incrementare il volume anche se ciò soddisfa il solo interesse ristretto e immediato dell’imprenditore e non l’interesse turistico diffuso di quel territorio. L’art. 14, 3° comma, del T.U. n. 380/2001 (con disposizione legislativa) stabilisce che la deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati, di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 7, 8, e 9 del D.M. n. 1444/1968. La deroga non può estendersi, dunque, alla modifica delle scelte urbanistiche, in quanto ad essa può farsi luogo solo allorquando l’area sia edificabile secondo le previsioni di piano: non è ammissibile, quindi, il rilascio di un permesso di costruire in deroga nelle ipotesi di destinazione agricola ovvero a verde pubblico o privato, poiché in questi casi manca il presupposto essenziale — l’edificabilità dell’area — non del permesso in deroga, ma del permesso stesso. Né la deroga può autorizzare alcun incremento di volume rispetto a quello previsto dalle norme di piano regolatore: essa può solo consentire, a parità di volume edificabile, che l’opera pubblica o di interesse pubblico sia realizzata secondo parametri di altezza, superficie coperta, destinazione, etc., diversi da quelli indicati dal piano (unico corpo di fabbrica, invece di costruzioni a schiera; ospedale invece di abitazioni e così via). Nel merito di una disamina inerente alla questione trattata, il Consiglio di Stato con sentenza aprile 2014, n. 1902, ha evidenziato come effettivamente il criterio interpretativo valevole nel caso del permesso di costruire (come già per le concessioni edilizie) in deroga è quello di carattere restrittivo (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 luglio 2011 n. 4234). Ciò in considerazione del fatto che le deroghe agli strumenti urbanistici si pongono come elementi dissonanti rispetto all’armonia ricercata nel concetto stesso di pianificazione, per cui queste non sono in grado di travolgere le esigenze di ordine urbanistico evidenziate nel piano e restano legittime fin quando non incidono su destinazioni di zona che attengono all’impostazione stessa del piano regolatore generale e ne costituiscono le norme direttrici. Il rilascio della concessione in deroga, dunque, “costituisce una facoltà eccezionale riconosciuta all’amministrazione comunale per il perseguimento di un interesse pubblico preminente“ i relativi presupposti (in particolare proprio la ricorrenza di tale interesse) “devono essere accertati in modo puntuale e rigoroso” poichè “la concessione in deroga costituisce un provvedimento eccezionale ed a contenuto singolare, assunto cioè per soddisfare specifici interessi pubblici sulla base di valutazioni contingenti e dotate di eccezionalità che giustificano nella situazione concreta l’inosservanza delle disposizioni contenute negli atti di programmazione” (Consiglio di Stato, V, 20 dicembre 2013, n.6136). |
Osservazioni più che condivisibili, caro Alan. Ma qui il problema è ben più rilevante e va oltre la stessa legittimità dell’istituto derogatorio previsto. E, infatti, la deroga generalizzata, con cui il ddl intenderebbe consentire l’edificazione in ambiti straordinari e fragili della Sardegna, è l’esatto contrario della pianificazione e, proprio per questo, rischia di determinare danni irreversibili, indeterminati e indeterminabili. Il PPR ha definito importanti criteri per la gestione degli ambiti vincolati; gli interventi difformi dalle sue previsioni sono dunque già astrattamente incompatibili con le esigenze di tutela del paesaggio. Resta da chiedersi perché mai un PUC, conforme al PPR, debba essere oggetto di Valutazione Ambientale Strategica e di confronto pubblico di merito quando, con un articoletto della legge regionale, sarà possibile consentire incrementi volumetrici e nuove costruzioni, praticamente ovunque e in difformità dalle indicazioni del PPR.