Il Consiglio dei Ministri con la bocciatura dell’impianto “Flumini Mannu” decreta il de profundis per i mega impianti solari termodinamici in Sardegna [di Mauro Gargiulo]
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 27 luglio ha deliberato di non autorizzare la prosecuzione del procedimento di VIA (valutazione di impatto ambientale) del progetto di impianto solare termodinamico da 55 Mwe “Flumini Mannu” e delle opere connesse, da realizzarsi nei comuni di Villasor (CA) e Decimoputzu (CA). Si tratta di una decisione attesa, dopo che il Governo Gentiloni, pur avendo deliberato in tal senso per la CSP “Gonnosfanadiga”, aveva preferito non pronunciarsi sulla “Flumini Mannu”, pur essendo gli impianti con caratteristiche tecniche analoghe e quasi adiacenti. E’ una vittoria storica che decreta il de profundis per i megaimpianti solari termodinamici in Sardegna. Vale la pena ripercorrere la pluriennale vicenda di questi progetti per trarne utili insegnamenti. Nel 2012 la Energogreen sbarca nell’isola presentando alla Regione 4 progetti di impianti solari termodinamici da realizzarsi nelle pianure di Cossoine (30 Mwe), Bonorva (55 Mwe), Gonnosfanadiga (55 Mwe), Decimoputzu (55 Mwe). Impianti che ricoprono superfici pianeggianti (circa 300 ha ciascuno), necessitano di risorse idriche ingenti, utilizzano la radiazione solare concentrata tramite specchi parabolici su di un fluido vettore per produrre energia elettrica. L’intento è mettere le mani sugli incentivi che lo Stato assicura alle rinnovabili (FER). Complice la legislazione iperliberista, varata da Berlusconi (Dlgs.387/03), l’operazione si presenta priva di rischi sotto l’aspetto imprenditoriale e finanziario. La legge infatti rende inefficace la pianificazione urbanistica, bypassa gli iter autorizzativi e si spinge a prevedere gli espropri per i proprietari non consenzienti. Ai fini esecutivi si tratta di acquisire la VAS positiva, che peraltro la Energogreen, ritiene non necessaria, tant’è che, in virtù di una potenza termica dichiarata inferiore ai 150 Mwt, chiede alla Regione la Verifica alla assoggettabilità alla VIA. Il gioco sembra fin troppo facile e i capitali dei fondi di investimento giapponesi sono lì che attendono, ma le cose non vanno come sperato. A Cossoine, un borgo di 600 anime, a rischio sparizione, che doveva fungere da apripista, nasce un Comitato che riesce a portare al referendum indetto dal Comune quasi il 90% della popolazione che nella quasi totalità si pronuncia per il No alla Megacentrale. Al conseguente invito della Regione a sottoporre il progetto alla VIA la società risponde nel 2013 con un ricorso straordinario al Capo dello Stato per un risarcimento miliardario e cambia strategia. Si muta la denominazione degli impianti, si creano società di comodo come proponenti con sede a Londra, capitali sociali irrisori, prestanomi come responsabili. Poi il colpo di genio. Lo spostamento del procedimento di VAS delle CSP “Flumini Mannu” e “Gonnosfanadiga” al Ministero dell’Ambiente, giustificato da una potenza termica all’improvviso triplicata pur non essendo mutate le caratteristiche impiantistiche tant’è che la potenza elettrica resta a 55 Mwe. Siamo alla fine del 2013 e su il Sole 24 ore appaiono interviste trionfalistiche che anticipano gli esiti scontati della procedura. Una valanga di Osservazioni si rovescia sul Ministero. Non è questa la sede, seppure diversi sono stati gli articoli e le prese di posizione in questa Rivista, anche solo per elencarne i contenuti. Per chi volesse prendere coscienza dell’immane lavoro svolto per contrastare la nascita di questi impianti, si scorrano le pagine pubblicate sul sito del Ministero dell’Ambiente. In sintesi si osserva la non sostenibilità degli impianti sul piano ambientale, economico e sociale. Abnormi consumo di suolo, devastazione irreversibile delle matrici ambientali indotte dalle opere, spreco di risorse idriche, danno alle attività agropastorali, scempio paesaggistico, implicazioni negative per il patrimonio archeologico, ricadute negative per il territorio, arbitrio degli espropri. Molteplici gli impatti negativi che tecnici, studiosi, cittadini comuni, amministrazioni pubbliche evidenziano alla CTVIA, Commissione che deve pronunciarsi in sede di VIA. Non basta! Anche MIBACT, Regione, Comuni fanno pervenire relazioni e pareri negativi. Comitati e associazioni sono stati fondamentali nell’informare e mobilitare le popolazioni, sensibilizzare gli organi di comunicazione, predisporre le Osservazioni. E’ un lavoro pro bono svolto da tecnici con cittadini, agricoltori, allevatori a difesa dei beni comuni contro la speculazione privatistica! Nonostante tutto la CTVIA si pronuncia positivamente per la compatibilità ambientale dei due impianti e quel Ministero che ha il compito della tutela dell’ambiente dà il proprio assenso. Doloroso il ricordo dell’ arroganza con cui il ministro Galletti rispose all’interrogazione in Parlamento dall’on. Capelli quanto felice quello dell’opposizione del MIBACT a livello centrale e periferico. La decisione – a norma dell’art.5 Legge 23/07/1988 n.400 – transita alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nelle Conferenze di servizi il Ministero dell’Ambiente è ancora più isolato, mentre MIBACT, Regione, Comuni mantengono una ferrea opposizione. Quindi l’ultimo colpo di mano alla fine del 2017: il Governo Gentiloni boccia l’impianto “Gonnosfanadiga” ma congela quello di “Flumini Mannu”. Evidentemente le attese elettorali prevalgono ma nel mentre siamo ad oggi e all’esito positivo grazie al nuovo governo e alle pressioni degli amministratori locali che non hanno mai desistito nella difesa dei territori. Quale insegnamento trarne? All’inizio di questa vicenda le CSP erano note a pochi specialisti. In Italia esisteva un prototipo di dimensioni ridotte ed ibrido realizzato a Priolo dall’ENEA. Per acquisirne la conoscenza, individuarne gli impatti ambientali, scoprirne le criticità si sono dovute scorrere elaborati progettuali redatti da tecnici il cui unico interesse era quello di dimostrarne la validità tecnica e la nullità degli impatti. Non è stato mai creato un tavolo tecnico intorno al quale confrontarsi con l’organo decisorio. Non è stata mai espletata da parte della PA un’opera di informazione che mettesse in grado la popolazione di conoscere il destino del proprio territorio. Non vi era alcuno strumento urbanistico che potesse schermare la localizzazione e lo stesso PPR, pure strumento di gerarchia apicale in quanto diretta emanazione del Codice dei BBCC, appariva inefficace. Si è arrivati ad equiparare con legge a un’opera pubblica un’opera realizzata con fini speculativi da privati, pur di poter devolvere a imprese il potere coercitivo dell’esproprio in capo costituzionalmente allo Stato. Non v’ha dubbio che la legislazione sulle FER debba essere al più presto rivista anche alla luce della dissipazione delle risorse pubbliche (14 miliardi di euro nel 2016) che sono andate a impinguare le casse della malavita, delle banche, delle multinazionali, di società straniere con sede nei paradisi fiscali. Di fronte a tali difficoltà comitati, gruppi di cittadini, pur spesso del tutto digiuni di conoscenze tecniche hanno avuto l’effetto di un lievito. Senza la loro azione saremmo oggi a piangere su oltre 1200 ettari di terra arsa da specchi ustori, in un inferno di calore e con una sconsiderata dissipazione idrica in tempi siccitosi, preludio ad un’accelerazione di quella temuta desertificazione cui la nostra terra sembra essere destinata per insipienza. La partecipazione civica si sta confermando in Sardegna imprescindibile per contenere l’azione di decisori che privilegiano l’idea della delega alle norme persino costituzionali e che disconoscono professionalità e competenze, un patrimonio culturale sterminato, l’autonomia, e il bene comune. La costante delegittimazione con accuse di ideologismo mira a sgombrare il campo da questo inciampo, l’unico per ora che possa impedire di fare man bassa delle risorse del territorio. Nell’isola da tempo la tutela dell’ambiente è un valore non negoziabile, la conservazione delle risorse dei territori un’invariante, l’ecosostenibilità parte integrante della programmazione. Pezzi fondamentali dell’opinione pubblica hanno scelto da che parte stare e cioè in prima linea nella difesa dei territori, come è accaduto nella vicenda delle CSP e tuttora contro il DdL sul governo del territorio Pigliaru meglio conosciuto come Legge sull’urbanistica, in discussione in Consiglio regionale. Le CSP hanno consentito la presa di coscienza delle potenzialità di risorse umane, rersilienze, e competenze tecniche contro camuffati tentativi di depredare di risorse, anche se molte sono ancora le operazioni in corso che sottendono stesse finalità col proliferare di impianti da FER, bonifiche invano promesse, DdL sul governo del territorio operazione tesa a spalmare nuove cubature, cementificare le coste, destrutturare il paesaggio. *Responsabile settore Energia Italia Nostra Sardegna
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Ciao Mauro, finalmente una buona notizia, aspettavamo da anni. Apparendo della decisione del Consiglio dei Ministri per quanto riguarda Fulmini Mannu e quindi la Sardegna. Ti chiedo quale e lo stato legislativo relativamente alle altre regioni italiane????Di recente ho seguito un documentario sull’ agricoltura inSicilia e molte delle riprese aeree restituiscono un territorio desertico come il Sahara. Sono rimasta sconvolta
Ma si sa la mafia ha iniziato da li.