Turismo in Sardegna: al di là degli annunci, la legge non funziona e il Piano strategico ha molte anomalie [di Sandro Usai]

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05/08/2018  Estate, tempo di turismo e di primi bilanci (in chiaroscuro) della stagione in corso. Sandro Usai è un imprenditore che nell’area del sud Sardegna ha sviluppato delle interessanti esperienze nell’ambito della promozione e dell’analisi dei flussi dei visitatori. Una voce da ascoltare. Buona lettura (Vito Biolchini)-

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Il quadro sintetico del Piano Strategico regionale sul Turismo, ricavato dal documento (draft) e consultabile al link https://goo.gl/eY4P2N, mostra la strategia della Regione in merito a quello che ci aspetta nella gestione del comparto in Sardegna e pone agli interessati qualche domanda. Il Piano mostra infatti un forte presenza di tutte le componenti pubbliche e parapubbliche che con il loro contributo dovrebbero garantire le risposte affinché gli operatori e i territori possano godere e giovarsi dei risultati economici e di sviluppo conseguenti alle presenze turistiche.

Se vogliamo prendere in esame solo gli ultimi anni che fanno riferimento a questa legislatura, non sarà difficile notare che la Regione si è dotata di un nuovo portale web, Sardegna Turismo, che non appare certo in ottima salute rispetto agli obiettivi dichiarati: il sistema DMS (Destination Management System) che doveva puntare alla promo-commercializzazione dei prodotti e servizi inseriti dagli operatori turistici infatti non si sa che fine ha fatto.

D’altronde, ci vedete la Regione che si occupa di business tramite piattaforme di intermediazione?

Inoltre, la piattaforma Hiperlocal risulta non pervenuta; la pagina Facebook Visitsardinia fa meno engagement della pagina Sardinianews gestita encomiabilmente da due persone appassionate di turismo; il sistema Sired di rilevamento delle presenze e degli arrivi mostra punti oscuri sulla copertura, palesi ritardi nell’elaborazione dei dati e nel rilascio, vanificando così la tensione naturale che ogni operatore mostra per capire lo stato del mercato in tempo reale e non dopo sette, otto mesi. Qui la colpa però è anche riconducibile agli operatori che in molte occasioni, presi da tante incombenze, trascurano l’importanza di caricare i dati delle loro strutture.

Ora la Regione, in virtù della legge regionale sul turismo, promulgata ad agosto del 2017, si è data una struttura operativa che manca ancora della piena attuazione. Manca infatti ancora la costituzione della società Destinazione Sardegna DMO (si immagina di creare una nuova società cambiando nome a Sardegna Promozione che la Regione aveva già soppresso).

Tenuto conto che lo sviluppo della destinazione turistica passa attraverso la sinergia degli assessorati ai Trasporti, Agricoltura e Cultura, faccio una proposta: perché non ne hanno tenuto conto in sede di analisi legislativa prevedendone la loro partecipazione all’interno del nuovo soggetto societario?

In questo modo, forse, avremmo potuto evitare che ognuno di questi assessorati andasse per conto proprio e le poche risorse si disperdessero in progetti che hanno il solo risultato di finanziare di volta in volta in maniera strumentale azioni che rimangono inefficaci e incompiute.

L’Osservatorio sul Turismo che la Regione ha voluto tenersi all’interno dell’assessorato è anch’esso un’anomalia sarda: basta vedere come si sono comportate altre regioni (ad esempio l’Emilia Romagna) che hanno optato per un soggetto terzo capace di elaborare analisi e risultati che non devono essere riconducibili alla politica ma alle imprese. Insomma, da noi controllori e controllati sono lo stesso soggetto!

Inoltre, prima che questi organismi vadano a regime saremo nella prossima legislatura e i richiami posti dal Piano strategico appariranno vetusti già in partenza. Peccato! In un quadro così deprimente di azioni al limite del fallimentare, viene dunque partorito il Piano Strategico sul Turismo con una metodologia che viene dall’ascolto degli operatori e dei cittadini interessati al tema.

A ben guardarlo, il Piano è interessante anche se risulta strano che non appaiano i porti se non per la parte croceristica. Fanno invece bella figura gli aeroporti e le loro società di gestione. Sono richiamati in molte sezioni i Comuni dimenticando, forse, quanto previsto dalla Legge 1 del 2016 che svuota questi enti locali da compiti di promozione che sono invece trasferiti dalle Province alle Unioni in maggior parte morte o mai nate.

Nel Piano si ritrova in bella mostra anche l’Arst che si dovrebbe comportare come un partner per lo sviluppo dei servizi turistici e invece, a titolo di esempio, lascia oggi i passeggeri che la scelgano come mezzo di trasporto a 920 metri dal monumento Unesco di Barumini: si rifanno al film “L’ultimo miglio”. Insomma, un servizio comodo e fautore dell’accoglienza dei sardi. La stessa assessora a conclusione della presentazione del Piano strategico si è lamentata di questo fatto! La Regione che si lamenta di una società da lei stessa amministrata. Siamo messi bene!

Nel Piano non ho trovato traccia delle politiche per la lotta all’abusivismo che dovrebbero essere presenti come previsto dalla legge regionale sul turismo. Allora ci nasce spontanea una considerazione e un giudizio che matura dopo la lettura delle schede di presentazione del Piano strategico: ma non è che gli operatori sardi sono tutti zotici in turismo e aspettano la Regione per potersi elevare e migliorare i servizi offerti ai turisti?

Il mio punto di vista è profondamente contrario a questa impostazione legislativa che a distanza di un anno dalla sua promulgazione non ha prodotto ancora gli effetti auspicati e non sarà certo la vivacità dell’assessora a colmare il vuoto che si tocca con mano e che quest’anno determinerà una flessione consistente di presenze non solo per la riapertura dei mercati del nord Africa ma perché ancora una volta siamo poveri di politiche attive per il turismo e continuiamo a raccontarci favole, anche davanti al disastro provocato dalle inerzie della politica quando è alimentata da figure tecniche chiamate a ricoprire i vari ruoli assessoriali.

Allora dobbiamo chiederci se è possibile uscire da questo stato di cose incapace di alimentare buone pratiche e azioni mirate a salvaguardare la titolarità dei sardi di beneficiare di un patrimonio unico nel Mediterraneo che deve essere fruito con attenzione per evitare pregiudizio e danni ai luoghi ma anche come fonte di reddito sostenibile.

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