Severgnini in Sardegna: “Dovete battervi per l’insularità” [di Mariella Careddu]
L’Unione Sarda 12- 08-2018. Beppe Severgnini è uno che sa osservare gli italiani: ieri sulla spiaggia della Marmorata, dove cercava riparo dal vento, ha trovato lo spunto per la sua seguitissima rubrica domenicale. Il direttore di 7, settimanale del Corriere della Sera, in Sardegna non è un turista. Dal 1973 trascorre le vacanze in una villetta (che lui chiama casetta) immersa nel verde di Rena Majore. Seduto al tavolo di legno in veranda lavora al suo prossimo libro “Italiani si rimane”, sequel del fortunatissimo “Italiani si diventa”. Nelle settimane scorse ha invitato i suoi colleghi a un viaggio lungo le coste italiane per un totale di settemila chilometri. Quattro tappe erano dedicate alla Sardegna. Qual è la zona turisticamente più arretrata? “Credo quella occidentale. Ancora oggi la consiglio, perché ci sono un sacco di luoghi in cui hai la sensazione di scoprire qualcosa, di trovare il tuo posto. Dal Sulcis fino a Bosa c’è tanto da vedere”. Comprese zone in cui non si può usare il telefono né la connessione internet. È un bene o un male? “Proprio ora siamo in un punto di Rena Majore in cui il collegamento è faticoso. Allora, a Beppe Severgnini che sta scrivendo un libro va bene per la concentrazione, però è un problema per la Sardegna. Credo sia una delle cose su cui il governo e tutti i sardi debbano battersi, in una terra staccata dal resto d’Italia i collegamenti digitali sono fondamentali. Nel ’95, tornavo dall’America, in Italia la prima connessione era con Video on line. Io chiamavo per l’assistenza e gli operatori erano tutti sardi. Quindi, per me internet ha l’accento cagliaritano”. Prima volta nell’Isola? “Nel ’73, avevo 16 anni, un’amica di famiglia ci aveva detto che dovevamo venire qua per vedere il paradiso. Aveva ragione. Da allora il villaggio è cambiato molto e credo sia più bello adesso. La vegetazione ha coperto certe cose, c’erano case belle e meno belle, era molto spoglio perché reduce dalla lottizzazione”. La nuova legge urbanistica prevede ampliamenti anche nella fascia entro i 300 metri. Le piace? “Mi preoccupa. Si continua a ragionare in termini di volumi ed è un errore. In tutte le cose arriva un punto in cui si deve dire basta. In Sardegna ci siamo già siamo arrivati, da tempo”. Nel concreto? “Vedo altre necessità. Io mi sono battuto contro quello che stavano tentando di fare a Monti Russu, qui vicino. Chiarito che secondo me sarebbe un grosso errore puntare ancora sui volumi, bisogna però trovare il modo di dare lavoro a una filiera legata a tutto il settore immobiliare-turistico”. Qualche consiglio? “Io faciliterei le ristrutturazioni anche con incentivi. Invece di costruire rimetti a posto ciò che già esiste. Non consumerei un metro di suolo in più. Noi continentali non possiamo pretendere che la Sardegna resti vergine e povera per soddisfare le nostre fantasie romantiche, deve tirar fuori dal turismo quello che può”. Come si fa? “Conosco turisti che vengono qui con la macchina carica e non fanno neanche la spesa. Lo trovo offensivo. Per contrastarli serve offrire servizi intelligenti, la nuova generazione di imprenditori è molto sveglia ma bisogna sostenerla liberandola dalla somma sconvolgente di permessi e autorizzazioni. Con buon senso”. Quali sono gli errori da evitare con questo genere di turisti? “Non bisogna far pagare loro prezzi esagerati. Ancora capita. Ma c’è anche il contrario. L’altro giorno a Naracu Nieddu si pagavano cinque euro a lettino per tutto il giorno. Così è troppo poco”. Spesso mancano i servizi. “In tutto il Mediterraneo è difficile trovare venti chilometri tanto belli e rispettati come nel comune di Aglientu, però facciano i parcheggi a Rena Majore. La gente deve potersi fermare”. Cagliari può fare turismo tutto l’anno? “Certo. In Italia ci sono città teatrali, città narrative e città poetiche, queste ultime sono Trieste, Genova e Cagliari. Dal Poetto al Bastione Saint Remy, ha tutto il necessario. La gente è cordiale, il clima buono e si mangia bene”. Cosa non funziona? “Credo sia una questione di comunicazione. D’estate è efficace, ma nel resto dell’anno no. Io lo dico: è uno degli strani segreti italiani, Cagliari non si conosce e bisogna farla conoscere. Per l’estate è facile, basta una foto con l’iPhone e mostri il paradiso”. Il patrimonio naturalistico è in pericolo? “In base al rapporto tra numero di abitanti ed estensione del territorio, direi di no. Ma bisogna fare molta attenzione, il potenziale è grandissimo. È una terra benedetta da Dio, lo vede chiunque”. I sardi sono troppo accomodanti con chi arriva da oltre Tirreno? “Dovreste insistere con l’insularità. La continuità non sono solo i traghetti o gli aeroplani, è anche la Rete. Nel 2018 non è possibile che non ci sia il 4G dappertutto. La Sardegna è un’isola e bisogna prenderne atto. Mi sembra che si sia indebolita l’idea che possa fare da sé”. Meno indipendentismo? “Si, credo che l’indipendenza sarebbe quello che la Brexit è per l’Inghilterra, un guaio grossissimo”. Qualche anno fa aveva suggerito di affidare le terre incolte ai migranti. Con Salvini al ministero dell’Interno e un clima di intolleranza diffuso, lo proporrebbe ancora? “Si, non solo in Sardegna. Questi giovani non possono essere lasciati a non fare niente. Devono rendersi utili, altrimenti oltre alla loro frustrazione rischiano di diventare schiavi o criminali creando dall’altra parte quel tipo di insofferenza e di reazione che poi genera i razzismi”. Ma la Sardegna ha un tasso elevatissimo di disoccupati. “E siamo sicuri che siano lavori che i sardi vogliono fare?”. Da appassionato di treni, ha mai provato quelli locali? “Solo occasionalmente ma credo che Sassari, Olbia, Oristano e Cagliari dovrebbero essere collegate da un sistema ferroviario veloce”. Voto alla rete viaria? “Ci sono strade buone e meno buone. Non mi pare una situazione catastrofica. È catastrofico non avere un’autostrada”. C’è la Carlo Felice, le buche e gli incroci a raso. “Bisognerebbe pretendere una ferrovia e un sistema stradale sicuri”. Nel 2019 ci saranno le elezioni regionali. Cosa dovrebbe fare il nuovo presidente? “Dovrebbe avere coraggio e dire ai suoi elettori che molto dipende da loro. Anche qua come in tutta Italia c’è la tendenza ad assolversi”. Quello che invece non dovrebbe fare? “Avere la pretesa dell’autosufficienza. La Sardegna ha subìto molte ingiustizie, ma la risposta non è l’isolamento”. Quali ingiustizie? “Le servitù militari, i complessi industriali particolarmente invasivi e la mancanza di un vero sistema ferroviario”. Peggior difetto dei sardi? “Hanno poca fiducia in se stessi. Se avessero la stima che io ho per loro, spaccherebbero il mondo”. Il pregio? “Avete memoria. In un Paese smemorato è importante”. Piatto preferito? “Culurgiones e ravioli di ricotta, a pari merito”. I 45 motivi per tornare in Sardegna sono ancora validi? “Si, tutti. Li ho anche appesi in camera da letto”. |