I segreti esteri della famiglia Benetton [di Paolo Biondani e Leo Sisti]

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L’Espresso 24 agosto 2018. L’indagine fiscale sui profitti delle autostrade portati in Lussemburgo. E le società offshore con il marchio di famiglia tra Panama e Caraibi. Un’inchiesta dell’Espresso in edicola da domenica 26 agosto svela gli affari riservati del gruppo veneto fuori dall’Italia.

Le società offshore con il marchio di famiglia tra Panama e Caraibi. E un’inchiesta fiscale, tenuta riservata, sui profitti autostradali spostati dall’Italia in Lussemburgo. Sono i segreti esteri del gruppo Benetton, rivelati da l’Espresso nel numero in edicola da domenica 26 agosto.

Dopo il crollo del ponte di Genova, quando il vicepremier Luigi Di Maio ha accusato gli imprenditori veneti di arricchirsi con i pedaggi e portare i soldi all’estero, il gruppo Benetton ha risposto che è falso: la piramide societaria con cui controlla Autostrade per l’Italia, infatti, è totalmente tricolore e paga le tasse nel nostro Paese.

Fino al 2012 però la catena di comando portava all’estero, a una società-capogruppo lussemburghese, la holding Sintonia. Il trasloco dal Lussemburgo all’Italia fu spiegato dall’azienda con motivazioni puramente economiche: «La decisione è maturata a seguito della recessione globale iniziata nel 2008 che non ha consentito alla società di raggiungere l’obiettivo iniziale di attrarre nuovi investitori esteri». Ora però emerge che il rimpatrio di Sintonia è stato l’effetto di un’indagine fiscale.

La Guardia di Finanza di Milano ha ipotizzato, come per altri grandi gruppi, un caso di “estero-vestizione”: la holding lussemburghese, secondo l’accusa, era una società di comodo creata per minimizzare le tasse sugli utili prodotti in Italia. I documenti esaminati da l’Espresso mostrano che l’indagine fiscale si è chiusa nel 2012 con una sorta di patteggiamento: il gruppo Benetton ha versato all’Agenzia delle Entrate circa 12 milioni in contanti e si è impegnato, appunto, a trasferire la holding dal Lussemburgo a Milano.

In quegli anni, per altro, a tagliare gli utili tassabili era soprattutto il peccato originale delle privatizzazioni all’italiana: anche Autostrade, come Telecom, è stata comprata a debito, attraverso una società-veicolo poi assorbita, con tutto il suo passivo, nella stessa azienda ceduta dallo Stato.

Dal 2001 al 2017, quindi, la società italiana ha incassato pedaggi autostradali per oltre 43 miliardi di euro, ma ha bruciato più di 7 miliardi (un sesto di tutti i ricavi lordi) per ripagare i debiti bancari degli acquirenti privati. Dal 2012 comunque il gruppo Benetton, che oggi ha come capofila la società di famiglia Edizione srl, con sede a Ponzano veneto, ha sempre pagato tutte le tasse in Italia.

Nelle carte riservate dei paradisi fiscali, rivelate dal consorzio giornalistico Icij di cui fa parte l’Espresso, compaiono però diverse offshore con il marchio Benetton. In particolare ad Aruba, un’isola dei Caraibi sotto sovranità olandese, sono attive da anni società come “United Colors of Aruba NV Benetton”, “Undercolours Aruba”, “Keshet Alliance Nv Benetton” e altre compagnie con azionisti protetti dall’anonimato.
Alle domande de L’Espresso, il gruppo Benetton ha risposto che «nessuna delle società elencate appartiene al gruppo Benetton. Si tratta di società costituite in loco dagli agenti, rivenditori o clienti che nei vari paesi acquistano e rivendono la merce con il marchio United Colors of Benetton».

Diverso è il caso della Bristol Consulting Corp, creata il 25 settembre 2001 alle Isole Vergini Britanniche dalla filiale svizzera dello studio Mossack Fonseca di Panama: come primo e unico amministratore è registrato Mauro Benetton. La società offshore è stata chiusa tra novembre 2002 e aprile 2003, negli stessi mesi dello scudo fiscale di Berlusconi e Tremonti. L’azienda di Treviso oggi conferma che la Bristol faceva capo a quell’esponente della famiglia, ma precisa che «non ha mai avuto alcun rapporto con il gruppo Benetton».

 

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