Anna Donati: “La Lega? Sulle concessioni ha fatto persino più danni del Pd”. Intervista a Anna Donati [di Giacomo Russo Spena]

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MicroMega.net 28 agosto 2018. Non c’è, forse, miglior persona di Anna Donati per ricostruire l’iter delle privatizzazioni in Italia nonché per comprendere le eventuali responsabilità della sinistra. E’ stata, per anni, responsabile Trasporti del Wwf, dal 2006 deputata dei Verdi e presidente della Commissione lavori pubblici al Senato. Grande esperta di mobilità e trasporti, attualmente collabora con Kyoto Club gruppo mobilità.

A proposito del crollo del ponte Morandi, afferma: “La tragedia di Genova ci impone una svolta rispetto alle politiche intraprese finora, come già prescrive il Codice Appalti 2016, non ancora attuato, va aggiornato il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, per intraprendere una coerente politica delle regole, delle infrastrutture e dei servizi di mobilità nel nostro Paese”.

Negli ultimi venti anni abbiamo assistito a privatizzazioni senza gara, proroga costante delle concessioni, adeguamento automatico delle tariffe (cresciute per ASPI del 25% in 9 anni), contributi pubblici, defiscalizzazione per le imprese concessionarie… per il crollo del Ponte Morandi possiamo parlare di una politica inerme che ha pensato soltanto ad arricchire il business dei privati e non all’interesse pubblico?
Detta così è un po’ forte, di certo la politica si è rivelata debole e quando ha cercato di introdurre dei cambiamenti, questi cambiamenti non sono stati sufficienti. Ha sempre prevalso quest’idea, soprattutto in tempi di risorse pubbliche molto scarse, che i privati potessero portare migliorie ai servizi investendo i propri utili e costruendo nuove infrastrutture per il Paese.

Un’idea sbagliata e non si è stato in grado di regolare tale fenomeno. La politica ha mostrato una debolezza strutturale davanti alle lobby che ora è emersa in tutta la sua evidenza. Da sempre mi è risultato chiaro che la politica sui trasporti fosse dettata più dalle concessionarie autostradali che dal Parlamento.

Per ricostruire bene l’iter della privatizzazione delle nostre infrastrutture dobbiamo risalire al primo centrosinistra, agli anni 90, o sbaglio? Quindi, paradossalmente, è la sinistra che ha iniziato a dimostrare questa debolezza?
Dal ’94 c’era un contesto europeo complessivo che spingeva per le privatizzazioni e, nei suoi due anni di governo, Berlusconi aveva iniziato ad approfondire la questione. Ma è verissimo che fu Prodi, nel 1996, a dare l’effettivo via libera con la privatizzazione dell’IRI, di Telecom e di tanti altri rami statali.

Allora la sinistra pensò che privatizzando con una proroga lunga, ventennale, avrebbe consentito di incassare più risorse per il pubblico, oltre all’idea molto post ricostruzione da Seconda guerra mondiale di sviluppo legato al costruire. Mi ricordo che il mondo ambientalista, finanche qualche vero liberista, si opposero subito capendo il rischio a cui stavamo andando incontro ma va considerato che c’era anche il fattore delle  cooperative e dei medi/grandi gruppi industriali che avevano interessi nel business delle privatizzazioni e che hanno esercitato pressioni sulla politica.

Però nel secondo governo Prodi, dove lei era anche presidente della commissione lavori pubblici al Senato, nasce una diatriba interna al centrosinistra. Si comprendono gli errori?
Il dibattito è serrato perché si capisce che Autostrade sta ricavando molti utili, con l’aumento dei pedaggi, eppure di investimenti neanche l’ombra. Col ministro Antonio Di Pietro approviamo un decreto legge con delle modifiche piuttosto robuste per cercare di arginare minimamente la regalia ad Autostrade: giungiamo ad un compromesso molto complicato perché nel centrosinistra era presente ancora quella vecchia cultura molto tutelante per i concessionari.

La famosa convenzione del 2007, alla fine, frutto di una mediazione interna, introduce dei piccoli cambiamenti inserendo, ad esempio, il meccanismo della revoca. Un testo che non era ritenuto adeguato ed innovativo anche secondo le nuove regole del decreto legge con il Nars e l’Antitrust che avevano già avanzato pareri critici.

E poi?
Il centrodestra ha peggiorato la situazione togliendo, totalmente, allo Stato la possibilità di regolare, vigilare ed intervenire.

Tra l’altro col voto favorevole della Lega di Salvini…
Eh già, non vorrei passasse l’idea che il centrosinistra su questi temi fosse più sdraiato del centrodestra! Non è così. Se pensiamo alla Pedemontana veneta del governatore Zaia o all’autostrada Brebemi (Brescia-Milano) in Lombardia, parliamo di concessioni regionali date come regalie dove la Lega Nord ha responsabilità enormi perché le regioni stanno pagando i ritardi delle imprese che, di fatto, non hanno nessun rischio di impresa. E ovviamente dietro ci sono le solite famiglie, come i Gavio.

Ad oggi, possiamo tranquillamente affermare che la stagione delle privatizzazioni ha fatto acqua da tutte le parti e che non ha portato ai cittadini quei benefici che tanto erano stati decantati?
Lo possiamo dire. E, come accennavo prima, le responsabilità sono bipartisan: quando Berlusconi va al potere si preoccupa costantemente di tutelare le concessionarie autostradali, tutte non solo Autostrade per l’Italia. Ha premure per il gruppo Gavio, i Benetton, piuttosto che per la Sastro o chi sta dietro le infrastrutture in Brennero. Insomma, la politica è partita col centrosinistra ma è proseguita con forme robuste di tutela e di mancato cambiamento di regole grazie al centrodestra.

Lei è, in generale, contro i privati nei settori strategici del Paese?
Personalmente non credo che l’obiettivo sia deprimere il settore privato. Il privato però deve stare sul mercato, deve accettare delle regole. L’interesse pubblico deve essere decisamente prevalente perché stiamo parlando di infrastrutture realizzate con soldi pubblici, di servizi ai cittadini  e quindi questo obiettivo deve essere chiaro.

Tra l’altro, deve anche scontare proprio errori, debolezze e il fallimento dei processi di privatizzazione che abbiamo vissuto in questi 20 anni. Hanno promesso incassi pubblici, nuove infrastrutture, manutenzioni, pedaggi accessibili per i cittadini.. è andata esattamente al contrario. Dobbiamo sempre pagare noi: le proroghe sono ormai la norma, gli aiuti fiscali agli enti pubblici pure, i pedaggi sono l’unico caso in cui esiste ancora l’adeguamento all’inflazione, così la scala mobile delle tariffe. Ci vuole una svolta.

Nel concreto, che cosa occorre fare?
Sicuramente rivedere le regole generali per le concessioni, in nome della trasparenza e dell’interesse pubblico. Un atto di pulizia in cui si stabiliscono concessioni più brevi e si ragiona degli utili ammissibili. Inoltre, bisogna creare un’autorità di regolazione dei trasporti che abbia i compiti di controllo e cambiare politica individuando le infrastrutture indispensabili da quelle che servono soltanto come mangiatoia per i costruttori perché se la strategia resta quella di questi anni  siamo ad un meccanismo di autoproduzione. Infine sono anche per rimettere mano alle concessioni in corso.

Se l’impresa ha ormai ottenuto una concessione ed ha le carte in regola, non trova sia difficile ottenere una revoca?
Naturalmente il concessionario cercherà in ogni sede di far valere i suoi diritti, però credo che il governo, lo Stato e il Parlamento debbano interrompere questo circolo vizioso cercando di mettere delle regole molto più stringenti. Sono necessari gesti forti e coraggiosi in materia. La politica deve fare scelte nette e bisogna attuarle immediatamente, con un dialogo molto serrato e con delle imposizioni con la concessionaria assolutamente impegnata.

Altrimenti la logica diventa quella che si danno delle belle regole che però valgono a babbo morto, a concessioni scadute. Questo non ce lo possiamo permettere perché le concessionarie han tempi lunghissimi, 2038. Adesso non sappiamo che Bruxelles aveva assicurato altri quattro anni, adesso quella non è ancora operativa. È bene precisare che al momento la concessione europea scade nel 2038, però non possiamo aspettare tanto tempo per intervenire. Per altro ogni 5 anni gli atti convenzionali sono soggetti a nuove regolamentazioni proprio per verificarne l’andamento, questo secondo le regole. E quindi ci sono delle opportunità reali insomma per intervenire.

Al governo Conte possiamo dare il merito di aver fatto nascere un serio dibattito sulle concessioni ad Autostrade. Ma alle parole seguiranno i fatti o pensa che cadrà tutto nel dimenticatoio e che il governo non saprà riscrivere le regole a tutela dell’interesse pubblico?
Trovo positivo l’avvio della procedura di contestazione della concessione – credo che lì vadano accertate delle responsabilità di cattiva manutenzione, mancata custodia, mancati interventi – e l’annuncio del ministro Toninelli di un cambiamento per il futuro. Nello stesso momento vedo che nel governo ci sono pareri diversi e due anime distinte: i Cinque Stelle, nelle politiche intraprese in questi anni, non hanno responsabilità, la Lega, invece, come ho già detto, ha sostenuto i provvedimenti peggiori causando lo status quo. Resto un po’ preoccupata che se ne parli tanto e che poi non accada nulla in termini di cambiamento. Comunque, su questo, stiamo a vedere e giudicheremo quel che verrà fatto dall’attuale governo.

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