L’urbanistica in Sardegna non è affatto nel caos. Lo sarebbe stata col Ddl Pigliaru-Erriu [di Giuseppe Biggio]

Consiglio regionale

Il tentativo di portare in Aula del Consiglio Regionale la discussione del DdL sul governo del territorio è servito al Presidente Pigliaru e all’Assessore Erriu per misurare le proprie forze in campo e rendersi conto di non avere né i numeri sufficienti, né il consenso sperato in alcune parti strategiche delle istituzioni.

A questa presa di coscienza politica ha fatto eco un certo numero di interessati sostenitori di una legge che vorrebbe elevare la deroga a regola generale e per questo alcuni imprenditori e politici si sono affrettati a cercare di suscitare apprensione verso l’opinione pubblica con affermazioni infondate sul caos urbanistico in cui cadrebbe la Sardegna per via della mancata discussione del DdL in Aula.

Non mi rivolgo a chi mente sapendo di mentire, ma ad una platea ben più ampia di sardi che ha a cuore le sorti della propria isola, per rassicurarli sul fatto che non solo i territori sardi non cadranno nel caos urbanistico, ma anzi, potranno contare su certezze ben più solide come la Costituzione italiana, le leggi nazionali e tutto il corpo di leggi regionali in materia che, vivaddio, continuano ad esistere e produrre i loro effetti.

Mi piace ricordare che storicamente la Regione Sardegna è sempre stata attenta a cercare di tutelare il proprio territorio ed il paesaggio, infatti vanta alcuni primati in materia: basti pensare alla Legge Regionale n.10 del 9 marzo 1976 che, prima in Italia, ha introdotto il concetto di inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla costa.

E sullo stesso tema un altro primato ben più interessante è stato introdotto col Piano Paesaggistico Regionale, che ha superato la dimensione geometrica di fascia di rispetto, rea di non considerare le diverse realtà locali di tipo ambientale, per introdurre il concetto di “fascia costiera”, intesa come bene paesaggistico di insieme e strategico nella salvaguardia ambientale e paesaggistica.

La fascia costiera del PPR sardo costituisce ancora oggi l’unico esempio italiano di una pianificazione così dettagliata nelle analisi ambientali e così avanzata concettualmente. Essa delimita i territori di passaggio dall’ambiente marino a quello terrestre, in cui gli effetti marini contribuiscono fortemente alla creazione degli habitat vegetazionali e animali di questi territori.

Ultimo esempio che porto all’attenzione riguarda gli “Studi di Disciplina delle zone turistiche” degli anni ’80 e poi abbandonati definitivamente circa un decennio dopo.

Quindi non solo la mancata approvazione del DdL Pigliaru/Erriu non provocherà nessun caos urbanistico (cosa che invece si verificherebbe con la sua approvazione), ma ci si dimentica che nel dna dei sardi è presente ed è più forte di quanto si creda, il senso di tutela del proprio territorio.

Anche per questo motivo occorre estendere il PPR alle aree interne, al fine di tracciare un’idea di sviluppo della nostra regione che sia complessiva e coerente, capace anche di contrastare lo spopolamento delle aree più svantaggiate.

E, così come riportato nei documenti custoditi negli archivi regionali da circa un decennio, l’anello di congiunzione tra gli ambiti costieri e gli ambiti interni è rappresentato naturalmente dai corridoi ecologici dei fiumi, dei corsi d’acqua e dagli habitat che essi riescono a produrre.

Questi corridoi percorsi in senso inverso riescono a connettere le affollate aree costiere con le aree interne, altrettanto ricche di comunità, di storia, di cultura e di risorse naturali.

*Già Direttore del Servizio Pianificazione della Regione Sardegna)

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