La sindrome abigeataria e il voto utile [di Carlo Mario Sotgiu]

berlinguer

Carlo Pili evoca i padri dell’antropologia sarda per spiegare come la sinistra ed il Pd stiano perdendo tempo cercando di convincere i sardi a non votare Michela Murgia piuttosto che spendere passione e proposte per convincere il 52% dei sardi astensionisti.

 

E’ bene allora richiamarli. Michelangelo Pira in “La rivolta dell’oggetto” sottolinea che la pedagogia agropastorale aveva il suo focus nella difesa del gregge, unica proprietà di una pastoralità transumante. Era su bene e la sua perdita inammissibile. Quando avveniva la comunità provvedeva al reintegro. Sa paradura compensava il male assoluto rappresentato dalla perdita del gregge. Quella pastoralità, sparita dal paesaggio sardo e persino dall’immaginario, si addestrava a prendersi cura del suo capitale. Lo vigilava e accudiva. La sua sottrazione un vulnus che interrogava tutta la comunità. La relazione cooperativa con i vicini pascolo ed il rapporto comunitario di vigilanza si davano per scontati. Se non contenevano la razzia la responsabilità ricadeva sul gruppo al punto che se il recupero era inadeguato si ovviava con il furto a terzi. Eccezionalmente!

 

Antonio Pigliaru in “ La vendetta barbaricina” aveva tematizzato l’abigeato, oggi declassato come reato, tra le prime cause del conflitto intra-comunitario e fonte inesauribile delle norme non scritte che regolavano il risarcimento dell’atto delittuoso. Vi rientravano tutte le sfumature delle convenzioni e delle trasgressioni ai codici. Una comunità ridotta nei numeri e nelle risorse non poteva che essere finanche puritana nell’osservanza. Gli eterodossi penalizzati. Assenti le alternative in una società povera nei numeri e nelle risorse.

 

L’insistito richiamo al voto utile rivela la persistenza nella mentalità di alcuni politici, specie nei più sprovveduti culturalmente, di quelle regole arcaiche. Il cittadino elettore pari ad una pecora, privo di qualsiasi pensiero e decisione autonomi. Proprietà del pastore-partito o del pastore-candidato, transumante da una lista o da una corrente all’altra. La pecora o il gregge non avendo idea propria è preda di seduzioni che spingono ad uscire dal recinto del padrone! La sindrome abigeataria acuita dalla riduzione del corpo elettorale e dal disvalore dei corpi sociali intermedi ovvero dei partiti, deprivati di organizzazione al centro ed in periferia.

 

L’aumento di soldi alla politica ha trasformato i politici nei pochi possidenti sulla piazza specie in luoghi poveri. Quale professionista normale in Sardegna incassa un milione in cinque anni più quei benefit e gli extra che hanno portato la magistratura nei consigli regionali di mezza Italia? Il centrosinistra, da Berlinguer in poi, ha fatto della sua diversità una connotazione antropologica ma l’ha ripetutamente tradita. Di conseguenza, eccetto i militanti residui, e chi vive di politica, che si aspetta un tornaconto dalla vittoria, gli altri, quelli di opinione, sentono il richiamo come falso. Negli ultimi anni in consiglio regionale inoltre si sono visti consociativismo e assenza di competenze. Quanti provvedimenti di Cappellacci sono passati grazie ai consiglieri di opposizione, distratti o assenti? La stessa legge elettorale per impedire che altri potessero essere eletti.

 

Dunque meno elettori e pressing in campagna elettorale per tenerli con sé. Ogni arma è buona, se si lascia l’ovile confortante e si va incontro alla volpe. Per fermarla valgono delazione, pettegolezzi, falsità. Fuor di metafora, il centro-sinistra dovrebbe porsi la domanda perché deve ricorrere ad un’arma emotiva per richiamare al voto i suoi elettori in fuga. Ha paura perché la campagna è debole? Gli indagati in lista imbarazzanti per l’elettorato tradizionale e per i giovani? Percepisce che l’opinione pubblica sta riconsiderando la supremazia di interessi valoriali rispetto a quelli personali?

 

Ha ragione Carlo Pili. Il Pd chieda scusa ed usi questi ultimi giorni per prendere impegni con i sardi per un governo di vere competenze e di etica nei comportamenti. Non basta quel simpaticone di Renzi per recuperare i disertori del voto. I soliti printzipales e i consociati ci faranno perdere sempre. Per ritornare alla metafora del gregge è bene ricordare che era decisivo per ritrovarlo mandare in giro facce credibili.

 

* Esperto di sviluppo locale.

One Comment

  1. Maria Luisa Vargiu

    ” Quel simpaticone di Renzi ” ? Finchè si può meglio cambiare strada !

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