Morta una legge urbanistica se ne fa un’altra. Come aggirare le regole attraverso la “Legge di semplificazione 2018” approvata dalla giunta Pigliaru [di Giuseppe Biggio]
A leggere il DdL 542 “Legge di semplificazione 2018”, approvato il 27 agosto poco prima di decidere di congelare la cosiddetta legge urbanistica, a tutta prima, sembrerebbe privo di tensioni e che non interessi minimamente alcuni temi di questi tempi particolarmente scottanti come la legge urbanistica ritirata appunto dalla discussione in Aula. La verità che si scopre a dare uno sguardo ad un testo, a dir poco caotico, è che gli articoli che vanno dal numero 24 al 42 trattano esclusivamente la materia urbanistica, apportando modifiche non del tutto trascurabili all’attuale assetto normativo regionale. In particolare è utile soffermarsi su tre punti introdotti all’interno di questi articoli: 1. Il concetto di tolleranza edilizia pari al 2% in termini di altezze, distacchi, cubature e superficie coperta, viene esteso anche ai requisiti igienico-sanitari e ai Regolamenti Edilizi comunali. Ciò comporta per esempio che l’altezza interpiano, anziché di 2,70 m, può essere più bassa di 5,4 cm per ciascun piano e soprattutto che i Comuni non possono essere più restrittivi nelle richiesta di maggiore precisione costruttiva (vedasi art. 24). 2. Il c.d. Decreto Floris ha fissato la densità edilizia delle zone residenziali in 100 mc ad abitante così suddivisi: 70 mc per la residenza; 20 per servizi connessi alla residenza (studi professionali, negozi di prima necessità, bar e tavole calde); 10 mc per servizi pubblici. L’art. 28 del DdL n. 542 consentirebbe di travasare gran parte dei volumi destinati ai servizi connessi alla residenza in volumi residenziali. In particolare fino a 15 mc/abitante potrebbero trasformarsi in residenze. Si verrebbe così a creare un duplice effetto negativo: ci sarebbe un maggiore carico urbanistico (un abitante in più ogni 4 già insediati), con conseguente maggiore richiesta di servizi pubblici, mentre, per contro, si avrebbe una riduzione dei servizi di tipo privato (appunto quelli connessi alla residenza). Il tutto senza operare nessuna apparente modifica costruttiva, ma solo agendo in termini amministrativi di cambio di destinazione d’uso. A questo maggiore carico urbanistico, in base alle norme vigenti, dovrebbe fare seguito una complessiva riverifica del rispetto degli standards urbanistici previsti dall’art. 6 del succitato Decreto Floris che, voglio ricordare, rappresenta il livello minimo inderogabile di servizi pubblici. E dato che questo mutamento di destinazione d’uso “é sempre ammesso” (comma 4, art. 28 del DdL), chi dovrebbe farsi carico di queste verifiche ? Il privato che se ne avvantaggia o il Comune ? In quale momento e con quali mezzi ? Tutti questi punti restano senza risposta nel DdL 542. E dire che dovrebbe essere una legge di semplificazione! 3.L’art 36 del DdL 542 modifica un concetto già introdotto dalla LR 8/2015 (art. 26 bis) riguardo le costruzioni in agro non ultimate. Secondo la norma vigente queste costruzioni possono essere completate purché siano state iniziate legittimamente, ma non possono avvalersi delle agevolazioni dell’art. 26 della stessa LR 8/2015. Il DdL 542 capovolge il limite posto per l’art. 26 e propone di ultimare tali costruzioni anche in contrasto con le disposizioni normative successive al titolo abilitativo scaduto. Pare di trovarci nuovamente di fronte a deroghe indiscriminate come nel caso della legge urbanistica e comunque vengono ancora minati dei principi fondamentali del diritto urbanistico. |