Le parole e le immagini. Così la devozione a Maria negli antichi papiri egizi [di Marco Stroppa]
Avvenire.it mercoledì 31 ottobre 2018. Papa Francesco alla fine di settembre ha lanciato un «appello a tutti i fedeli, invitandoli a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione “Sub tuum praesídium”, e con l’invocazione a san Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male». Si tratta, nel caso dell’invocazione a Maria, di una preghiera molto radicata nei cuori dei fedeli di ogni tempo e con una tradizione molto antica: le prime testimonianze si trovano in papiri scritti in greco nei primi secoli dopo Cristo, provenienti dall’Egitto. Come sanno bene i biblisti, i papiri hanno conservato i frammenti più antichi dei vangeli, ma accanto ai testi delle Sacre Scritture gli archeologi hanno trovato anche altri reperti molto significativi per conoscere le prime comunità cristiane in Egitto: possiamo leggere preghiere, inni, invocazioni composte circa 1800 anni fa, che testimoniano la fede, ma anche la creatività, il gusto e lo stile di questi uomini. Quali testi usavano coloro che ci hanno preceduto nell’esperienza di pregare insieme? Per esempio, fra i papiri conservati e studiati presso l’Istituto Papirologico “Girolamo Vitelli” di Firenze – che quest’anno festeggia i suoi 90 anni di storia si trova un foglio, forse isolato o forse una volta appartenente a un “libro di preghiere”, con un inno a Cristo altrimenti sconosciuto, risalente al 300-400 d.C. Poiché il foglio è molto rovinato si leggono solo alcune parole intere, sufficienti tuttavia a capire di cosa si tratta: oltre al- l’invocazione «o Gesù Cristo», si leggono riferimenti a luce (phos) e buio (skoteinós), a morte ( thánatos) e bene (agathón). Due sono i fogli ritrovati proprio con l’antichissima preghiera che il Papa ha raccomandato per questo mese di ottobre, nota con il titolo “Sotto la tua protezione”. Il primo si trova a Vienna, presso la Biblioteca Nazionale Austriaca, e risale al 500-600 d.C.: il foglio è incompleto e anche in questo caso in origine il libro conteneva una raccolta di preghiere. In Inghilterra, a Manchester, presso la John Rylands Library, è conservato un altro foglio, sempre con la stessa preghiera, forse ancora più ricco di fascino e mistero. Non c’è accordo fra gli studiosi sull’epoca in cui è stato scritto e c’è chi ritiene che risalga addirittura all’epoca delle persecuzioni, prima del 300 d.C. e chi pensa invece sia anche di molto successivo all’arrivo degli Arabi in Egitto (dopo il 700 d.C.). Il testo è rovinato e incompleto, ma si leggono abbastanza chiaramente le lettere in maiuscolo che compongono la parola theotóke, “Madre di Dio”, uno degli appellativi più significativi di Maria: «colei che ha generato Dio», reso perfettamente dal latino Dei Génetrix. Ad accompagnare le parole per pregare è bello trovare anche immagini suggestive: nel mondo antico i papiri non erano usati solo per scrivere, ma anche per disegnare. E allora costituisce una testimonianza di immensa tenerezza un disegno, di Maria che allatta Gesù bambino anch’esso conservato a Firenze. Il reperto è stato datato al 400-500 d.C. e perciò si tratta forse della rappresentazione più antica della cosiddetta “Madonna lactans”, un’iconografia che avrà una grande fortuna nell’arte dei secoli a venire. Basti pensare alla diffusissima figura della “Madonna del latte”, di cui un’immagine famosa e molto venerata è conservata nel Duomo di Milano. Per tornare in Egitto, non è un caso che proprio da qui abbia cominciato a diffondersi questo particolare e umanissimo tema di Maria che allatta il piccolo Gesù: per secoli il popolo egiziano aveva avuto familiarità con le rappresentazioni della dea Iside che allattava Horus bambino, un tema assai ricorrente nell’arte già all’epoca dei faraoni. Papa Francesco ha chiesto di recitare le invocazioni a Maria e a san Michele Arcangelo per «proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi». Proprio in Egitto all’epoca dei papiri, nel 451, la Chiesa egiziana si staccava da Roma e la divisione continua fino ai nostri giorni: quel “tra noi” di Papa Francesco suona come un forte monito a evitare il pericolo, sempre attuale, di lotte e scismi fra cristiani. *Ricercatore dell’Istituto papirologico “G. Vitelli” di Firenze **Foto:Tracce dell’invocazione “Sub tuum praesidium” in fogli del 500-600 forse persino del 300 d.C. Avvenire.it
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