Eni, Zingales: “Descalzi mi disse che paralizzavo la società” [La Repubblica.it ]
31 Ottobre 2018. Lo ha dichiarato l’ex consigliere di amministrazione di Eni Luigi Zingales, durante la sua testimonianza nel processo relativo a una presunta corruzione internazionale da parte di Eni e Shell per la concessione del giacimento petrolifero nigeriano opl-245, rispondendo a una domanda sui rapporti avuti con l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, tra gli imputati nel processo. “L’unica cosa che Descalzi mi trasmise fu che questo mio interesse, questo mio continuo fare domande su questa vicenda (acquisto della concessione per il giacimento opl-245 in Nigeria, ndr) e poi sul Congo, paralizzava la societa”. Lo ha dichiarato l’ex consigliere di amministrazione di Eni Luigi Zingales, durante la sua testimonianza nel processo relativo a una presunta corruzione internazionale da parte di Eni e Shell per la concessione del giacimento petrolifero nigeriano opl-245, rispondendo a una domanda sui rapporti avuti con l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, tra gli imputati nel processo. “La frase di Descalzi non era una battuta. Mi disse che la società era meno propensa a portare in consiglio delle proposte per timore che io le bocciassi e che questo creava tensione all’interno della struttura”, ha aggiunto Zingales. Il professore di finanza, che è stato consigliere Eni dal maggio 2014 al luglio 2015 su scelta del ministero delle finanze, ha spiegato di aver parlato con Descalzi della questione Nigeria in consiglio: “Io ero preoccupato, c’erano una serie di prime linee indagate (dalla procura di milano, ndr), parlai anche dell’aspetto finanziario, per il timore di multe da parte delle autorità Usa”, aggiungendo poi che con l’ad “ebbi numerose discussioni, sia in privato che in pubblico. (Descalzi) era molto gentile e molto aperto all’idea di mettere qualcun altro al posto dell’avvocato Mantovani (capo dell’ufficio legale di Eni) a capo della vicenda a livello legale, che non voleva dire sostituire Mantovani come capo dell’ufficio legale. Almeno sembrava aperto” a questa ipotesi avanzata da Zingales. Infine l’ex consigliere ha ricordato che “Karina (Litvack, consigliere di Eni, anche lei uscita dal cda) mi disse di essere andata a cena con descalzi e che ebbe la sensazione che lui quasi rimpiangesse di aver fatto certe cose”, non fornendo però indicazioni in merito a quali “cose” facesse riferimento. “Sull’Opl-245 c’era un buco di governance” Il processo in corso al tribunale di Milano, nel corso del quale questa mattina Zingales ha testimoniato è relativo a una presunta tangente da un miliardo e 92 milioni di euro che sarebbe stata versata da Eni e Shell a politici della Nigeria per l’acquisizione nel 2011 di un giacimento noto con la sigla opl-245. L’accusa nei confronti degli imputati è di corruzione internazionale. Tra loro oltre l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ci sono il suo predecessore Paolo Scaroni, le società Eni e Shell insieme a 11 persone, tra le quali quattro ex manager di Shell, compreso l’ex direttore esecutivo per esplorazione e produzione Malcolm Brinded. Per Luigi Zingales, consigliere di amministrazione di Eni dal maggio 2014 al luglio 2015, nell’operazione che ha portato all’acquisto della concessione petrolifera opl-245 in Nigeria c’era “un buco cosi’ significativo nella governance, che era un elemento che saltava subito all’occhio”. Il ‘buco’ cui ha fatto riferimento il professore di finanza all’università di Chicago è legato al ruolo di Obi Emeka, indicato come intermediario della società Malabu, da cui è stata comprata la concessione per il giacimento. “Eni rifiutò una due diligence su Obi Emeka” Zingales ha riferito che “come diceva l’avvocato Mantovani, capo dell’ufficio legale di Eni, la società non usava mai intermediarì mentre in questo caso ‘mi risultò strano’ l’uso di un intermediario, ma Obi Emeka ci fu presentato come intermediario di Malabu non di Eni”, allora “chiesi se fosse stata fatta una due diligence su di lui ma mi dissero di no, perché mi dissero che all’epoca dei fatti la procedura non prevedeva una due diligence sull’intermediario della controparte”. Successivamente, ha continuato Zingales, approfondendo la vicenda, leggendo la documentazione relativa alla causa intentata a Londra da Obi Emeka nei confronti di Dan Etete, l’ex ministro del petrolio della Nigeria che si sarebbe nascosto dietro la Malabu, ho appreso che “in questa causa Etete millanta – secondo la corte di Londra – che dietro la società di Obi Emeka c’erano dei manager di Eni. Io però mi domandai, come si fa a saperlo se non è stata fatta nessuna due diligence?”, e la ‘preoccupazione’ del professore si concentrò anche sulla scoperta “che Eni aveva dato l’esclusiva a Obi Emeka per la trattativa quando non c’era documentazione che lui avesse l’esclusiva da Malabu”, circostanza che “mi sembrò strana” perchè così “Eni limitava la sua capacità negoziale e contrattuale”. “Perché Eni usa un intermediario per trattare con la Nigeria?” Eni siglò nel febbraio 2010 un contratto in esclusiva a trattare con Obi Emeka per il giacimento in Nigeria e, come riferito da Zingales, a quella data l’intermediario nigeriano non aveva presentato documentazione di avere il mandato a trattare da parte della Malabu, la società proprietaria della concessione sul giacimento. Questa circostanza e il non aver fatto una due diligence sull’intermediario sono considerate delle stranezze da parte di Zingales, unite al fatto proprio di avvalersi di un intermediario (anche se della controparte), quando, ha riferito nella sua testimonianza l’ex consigliere, nella società Malabu lavorava un ex dipendente di Agip (gruppo Eni). “Perché Eni aveva bisogno di un intermediario quando aveva una persona di sua conoscenza in Malabu? mi sembrò strano”, ha dichiarato Zingales davanti ai giudici del tribunale di Milano. La ricostruzione “ardita” di Scaroni su Dan Etete Altro punto su cui Zingales ha posto la sua attenzione nel periodo in cui è stato consigliere Eni in relazione alla questione Nigeria, come riferito oggi in aula, è il ruolo di Dan Etete, ex ministro del petrolio della Nigeria, e come poi emerso la persona che si nascondeva dietro i soci della Malabu, la società che ha venduto a Eni e Shell la concessione per il giacimento opl-245. Zingales ha riferito che, stando a una ricerca fatta da una società indipendente nel 2007 e altri accertamenti nel 2010, era emerso che dietro ai soci della Malabu si nascondeva Dan Etete e questo avrebbe dovuto rappresentare un altro campanello d’allarme. “Etete era un criminale internazionale, già condannato in Francia”, ha affermato Zingales, mentre Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni, in una audizione in commissione parlamentare “disse che dai controlli effettuati non erano emersi collegamenti tra Malabu e Dan Etete, una dichiarazione che mi sembra perlomeno ardita, che non dà una corretta rappresentazione della realta”, ha continuato Zingales nella sua ricostruzione della vicenda. Di fronte alle ‘stranezze’ di questo caso, l’ex consigliere scrisse anche una nota “sulle carenze informative e di procedura’ inviata alla presidente Emma Marcegaglia, spinto, ha spiegato, da preoccupazioni “non solo di governance ma anche finanziarie”, perchè Eni, che aveva già siglato negli anni precedenti un accordo transattivo negli Usa con l’autorità giudiziaria e la Sec relativa a un altro caso di presunta corruzione internazionale in nigeria, “se avesse avuto altri problemi, rischiava altre sanzioni dagli usa fino a un miliardo di dollari”.
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