Le grandi promesse [di Giampaolo Cassitta]

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E’ difficile poter scegliere. Si ha sempre la paura di sbagliare. Di pentirsene e di rimpiangere per anni quell’errore. Può capitare con la scuola, nella scelta della compagna o del compagno, capita di sbagliare strada, di confidare certe cose segretissime al proprio amico del cuore e scoprire di essere stato tradito. Si sbaglia anche lavoro, scelta ormai residuale perché i giovani – e non solo – sono purtroppo disposti a tutto. Non si scelgono i genitori e, quasi mai la religione e non si sceglie lo Stato in cui si nasce. Si sceglie però di voler vivere da altre parti e in altri luoghi. Per poi, magari, pentirsene.

Insomma, domenica si vota e per i sardi che hanno deciso di esprimere la propria scelta sarà una giornata speciale. Perché non è vero che sono tutti uguali e non è neppure vero che sono tutti lontani. Gaber, in una famosissima canzone degli anni ottanta ricordava che non erano gli uomini a cambiare idea, ma i partiti che, lentamente, scivolavano da sinistra al centro e poi, magari a destra. Questo accade ancora oggi, in tempi dove l’ideologia è largamente superata dalle frasi ad effetto, dagli slogan mirabolanti, dall’apparire più sicuri e rassicuranti.

C’era un giornale, in carcere, stampato nella Casa Reclusione di Porto Azzurro: si chiamava “la grande promessa” e il titolo – lungimirante e pieno di buona retorica – era legato ad una proposta di Legge per l’abolizione dell’ergastolo. Correva l’anno 1972. Sono passati oltre quarant’anni, la grande promessa non si pubblica più e l’ergastolo, in questo paese, non è stato abolito. Ecco, a sentire i candidati tutti sono in grado di promettere una Sardegna più vera (come se questa fosse tutta falsa) più pulita, più ecologica, senza amianto, più “green”. Tutti puntano sulla scuola, sulla formazione, sulla lingua, sull’autodeterminazione, sulla vera autonomia. Si sogna la nuova ricchezza, la corsa all’oro, nuovi trasporti sempre più veloci, autostrade con molte corsie e spruzzi mirabolanti di felicità.

A nessuno viene in mente che l’iperbole di questi giorni potrebbe essere rinfacciata tra qualche mese. Ma hanno ragione. Le promesse mica si mantengono. E’ bello farle per poi poter dire: «Non è colpa mia, le congiunture internazionali, i risvolti nazionali, non sono stato compreso, sono stato frainteso, sono gli altri che non seguono» e, quando proprio si è davanti al baratro, si usa l’arma più fantasiosa: «E’ un complotto». Io credo sia difficile scegliere, come è difficile governare. Alcuni candidati hanno dimostrato più serietà di altri, hanno creato meno aspettative di altri, hanno giocato sui microprogetti e non hanno dipinto la Sardegna come un grande campo da golf. Eppure nessuno tra loro, ci dirà di aver commesso un errore.

Mi chiedo, a questo punto, se ci sia un luogo per rottamare gli errori, un piccolo posto per poter gettare le cose sbagliate. Dove ognuno di noi si può recare e dire: «questo è lo scarto delle mie idee. Ho sbagliato, può capitare.» Nello stesso luogo occorrerebbe costituire un registro, con tanto di firma, dove ognuno di noi possa certificare le sue cose sbagliate o quelle dette in un momento di sconforto. O quelle che non direbbe mai più. Insomma, dovrebbe esistere un luogo per poter ripulire il campo dalle sterpaglie, dalle sciocchezze, dalle cose dette e ridette, da chi usa dire tutto e il contrario di tutto.

Ci dovrà pur essere un momento per arare, per appianare, per ripartire. Ci dovrà pur essere un luogo dove qualcuno, quando cercheremo di dire «questo non l’ho mai detto», ci presenti quel famoso registro firmato e controfirmato e pacatamente risponda:«Non puoi continuare a dire fesserie». Tutto certificato. Ecco, quel luogo dovrebbe essere frequentato soprattutto da chi, in questi giorni ci regala “grandi promesse”.

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