Vittorio Sgarbi nel dibattito sulla riforma Franceschini. Si schiera con l’appello per l’autonomia delle soprintendenze archeologiche [di Huffington Post]

Museo_Archeologico,_Cagliari_-_Photo_by_Giovanni_Dall'Orto,_November_11_2016

L’Huffington Post 24/12/2018. Scontro tra archeologi su soprintendenze archeologiche separate e soprintendenze uniche- Tra gli archeologi più in vista è battaglia sulle soprintendenze. C’è un fronte che chiede di ritornare alle soprintendenze archeologiche separate – come prima della riforma Franceschini che le ha trasformate in soprintendenze “Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” – e c’è un altro fronte che chiedono di rafforzare le “soprintendenze uniche”.

Con i primi si schiera Vittorio Sgarbi, che ha aderito all’appello per l’autonomia delle sovrintendenze archeologiche. Secondo Sgarbi è necessario restituire autonomia alle soprintendenze archeologiche, ripristinare la direzione generale Archeologia, riunire le soprintendenze archeologiche ai musei archeologici. A chiederlo sono i soprintendenti più operosi degli ultimi decenni, da Adriano La Regina a Pietro Giovanni Guzzo, da Luigi Malnati a Stefano De Caro.

1 – Le Soprintendenze uniche hanno un’estensione territoriale super provinciale, mentre le Soprintendenze archeologiche soppresse avevano quasi sempre estensione regionale; gli uffici sono quindi stati smembrati sia a livello del personale che delle strutture organizzative e scientifiche, con la conseguenza che molte Soprintendenze mancano degli strumenti adeguati (biblioteche, laboratori, archivi, depositi di materiali) per svolgere il lavoro di tutela a livello almeno accettabile; in altri casi questi strumenti sono stati atrofizzati e limitati a appendici di altri uffici.

2 – Il patrimonio archeologico non è costituito solo dai monumenti visibili e dai reperti conservati nei musei, ma dai contesti conservati nel sottosuolo di tutte le città e in molti insediamenti del territorio. La tutela di questo patrimonio inestimabile, ma non inesauribile, dipende nei casi di scavi estensivi realizzati per opere pubbliche e private (parcheggi, fognature, gallerie, cave…) da scelte di conservazione o di scavo che dipendono da valutazioni scientifiche la cui responsabilità non può ricadere che su un dirigente archeologo (e non su altre professionalità o su presunti manager tuttologi). La sottovalutazione delle competenze specifiche in materia archeologica ha già provocato la diminuzione statistica degli scavi di archeologia preventiva[1] con il rischio duplice e opposto della perdita irreversibile di contesti archeologici e di rallentamenti e fermi di lavori programmati per rinvenimenti archeologici imprevisti o non sufficientemente valutati.

3 – Lo scollamento delle Soprintendenze dai musei e dai principali parchi archeologici, oltre a privare la tutela archeologica dei suoi maggiori strumenti di ricerca e promozione riducendola ad un puro esercizio burocratico finalizzato al mero rilascio di pareri secondo la prevalente prassi del settore architettonico-paesaggistico, ha provocato molteplici problemi operativi, a cominciare dalla destinazione dei reperti provenienti dai nuovi scavi, spesso collocati in depositi di fortuna, per la mancanza da parte di molte Soprintendenze di magazzini (rimasti nella sede centrale) e per la perdita dei depositi dei Musei Nazionali e delle aree archeologiche, ora appartenenti ai Poli o a Istituzioni Autonome, dipendenti da una Direzione diversa da quella delle Soprintendenze; per non dire della confusione di ruoli portata dalla riforma all’interno del Mibac, nei confronti dei Musei Civici e della cittadinanza, al di là della buona volontà dei singoli.

Si ricorda, per chi non ne fosse consapevole, che i Musei Archeologici vivono grazie al continuo rapporto col territorio e con i nuovi apporti degli scavi, se no si “congelano”, come sta avvenendo (molto spesso anche grazie a Direttori che archeologi non sono).

Non ci si dilunga sui molti altri aspetti negativi della Riforma per l’archeologia, che sono ben chiari a tutti gli addetti ai lavori in buona fede, al di là del clamore, enfatizzato ad arte, di alcune scoperte casuali o meno, che non compensano in ogni caso la rinuncia ad una politica di tutela attiva e programmata. Si rileva che l’annullamento delle competenze specifiche lungi da un’opportuna semplificazione delle procedure, in realtà provoca rallentamenti nelle decisioni, da parte di responsabili che non possiedono tutte le conoscenze necessarie e da organi collegiali spesso incompleti dal punto di vista delle diverse professionalità.

Crediamo sia assolutamente necessario, prima che la situazione degeneri ulteriormente:

1 – procedere al ripristino di Uffici di Soprintendenza autonomi esplicitamente dedicati alla archeologia, che esercitino insieme funzioni di tutela, ricerca e valorizzazione, ripristinando le sedi originarie

2 – ripristinare la Direzione Generale Archeologia che garantisca coordinamento e omogeneità di azione a livello nazionale per quanto riguarda la tutela e aspetti specifici di rilievo nazionale come l’archeologia subacquea e la numismatica

3 – riaccorpare alle Soprintendenze archeologiche i Musei Archeologici e le aree archeologiche non autonome

4 – per la direzione dei più importanti musei e parchi archeologici si chiedono concorsi pubblici con commissioni di esperti in archeologia e non generiche selezioni svolte da un’unica commissione eterogenea, che demanda la decisione finale al Ministro o a un Direttore Generale dal Ministro nominato.

5 – garantire con regolamenti specifici la qualità, la dignità, i diritti scientifici e le responsabilità degli archeologi professionisti e degli archeologi che operano all’interno delle amministrazioni pubbliche, attraverso il possesso dei necessari requisiti universitari.

*Photo by Giovanni Dall’Orto

 

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