Un patto etico per la politica [di Nicolò Migheli]
Quando si pronuncia la parola etica associata alla politica viene in mente una vecchia storiella americana. Un gioielliere alla chiusura dei conti si ritrova con novecento dollari in più rispetto ai cento attesi. Un cliente aveva acquistato un anello da cento e pagato con mille dollari. Entrambi non si erano resi conto dell’errore. Colore e taglio dei due biglietti erano identici e il cliente irrintracciabile. Incurante del fatto che forse il giorno seguente quell’acquirente, resosi conto dell’errore, sarebbe tornato nel negozio, l’unico pensiero che attraversò la mente del gioielliere fu: debbo dirlo al mio socio? Oppure fare finta di niente e intascarli? Una delle affermazioni più diffuse è che la politica avrebbe bisogno di etica. Però bisogna intendersi sul significato della parola. Per il dizionario Treccani: ètica s. f.[…] Nel linguaggio filos., ogni dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo, soprattutto in quanto intenda indicare quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé stessi e verso gli altri, e quali i criterî per giudicare sulla moralità delle azioni umane. Una definizione neutra, che può essere applicata a qualsiasi organizzazione, anche a quelle criminali. In quest’ultimo caso muta solo il concetto di bene e quello di male, che vengono definiti dalla cultura di quei gruppi. Vero bene è ad esempio, non tradire gli affiliati, rispettare le gerarchie, non agire contro gli interessi dell’organizzazione. Se si infrangono le regole l’uso della violenza non è considerato un disvalore. I mezzi atti a conseguire il vero bene, sono bene anch’essi in quell’ottica. La politica intesa come comunità che la esercita, composta da partiti, movimenti, persone, ha già una sua etica interna. Un insieme di regole che ne garantiscono il funzionamento, agiscono come meccanismo di appartenenza, inducono alla protezione reciproca di chi ne fa parte, riducono la conflittualità. Regole che mutano con il tempo e con gli equilibri del potere, riviste con le modifiche periodiche degli statuti. Anche in questo caso è il concetto di bene e male è riferito alla cultura della comunità. Chi non accetta le decisioni del partito (il vero bene), se non può agire come minoranza deve essere allontanato o espulso. L’infrazione delle regole di una organizzazione non è blocco della persona, non vieta l’adesione ad un’altra, anche se rivale. Vi è poi il comportamento verso la grande platea degli elettori. In questo caso l’etica diventa lasca, assume la connotazione di promessa che può essere infranta secondo l’adagio: le campagne elettorali si nutrono di sogni, l’esercizio di governo di realtà. Per cui i programmi elettorali stracciati non si contano. Resiste il voto di scambio finché le condizioni economiche consentono quel patto illegittimo punito dalla legge. Iniquo perché inquina il suffragio, ma accettato da quell’elettore che subordina la propria scelta a un ritorno personale dove essere cliente è condizione inevitabile. Così il politico che ha più clienti, ha più voti e un peso maggiore sia nel partito che nell’assemblea dove viene eletto. Solo che comportamenti simili creano più esclusi che beneficati, di conseguenza sono la benzina che alimenta l’incendio del rancore dell’anti politica. Ancora una volta ritorna la definizione del concetto di vero bene. Per la politica quale è? È l’interesse di pochi contro i molti? Oppure è la difesa del bene comune? L’associazione Atobiu di Quartu Sant’Elena in previsione delle elezioni comunali del 2020, ha redatto un Patto Etico per la città, da stipulare tra candidati e elettori con una firma. Cinque regole, così come dal loro documento. Chi si candida si impegna a: 1.Stimolare il gruppo politico a cui appartiene a realizzare la partecipazione dei cittadini alla stesura dei programmi elettorali. 2.Proporre programmi elettorali comprensibili e attuabili. 3.Presentarsi in liste nelle quali siano presenti solo candidati con la fedina penale pulita. 4.Fare campagna elettorale con linguaggi corretti e non violenti. 5.Astenersi dal richiedere voti in cambio di favori personali. Chi vota si impegna a: 1.Contribuire alla preparazione dei programmi elettorali dei partiti o gruppi politici che attivano processi partecipativi. 2.Conoscere i programmi elettorali e farne una valutazione personale. 3.Stimolare il dibattito fra i candidati e arrivare al voto con consapevolezza. 4.Esprimere il voto al programma e ai candidati che ritiene capaci di impegnarsi per la collettività. 5.Rifiutare offerte di favori personali in cambio del voto. Atobiu è una associazione a-partitica, le donne e gli uomini che ne fanno parte sono mossi dal bisogno di svelenire l’ambiente della politica, rivendicare una partecipazione ai processi che vada oltre il voto. In fin dei conti pretendere un patto etico è chiedersi cosa voglia dire vivere bene, agire per uno scenario positivo, interrogarsi se si fa del proprio meglio perché quelle condizioni si radichino e diventino un agire quotidiano. Cittadine e cittadini che operano per il bene comune. Una iniziativa minoritaria? Utopica? È probabile che dai marpioni, da chi nella politica ha trovato sostentamento, il patto venga liquidato con parole simili. Eppure di atti come quello quartese ne abbiamo gran bisogno tutti. Auguri a tutti di buon 2019. |