Battisti, come una vittoria dello Stato sia stata trasformata dallo Stato nella sua umiliazione [di Cristina Ornano]

salvini

L’Huffpost 20 gennaio 2019. “Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo”. Così il ministro della Giustizia Bonafede ha intitolato il video, da lui diffuso, dedicato alla cattura di Cesare Battisti. Un video in cui Battisti viene ripreso in tutte le fasi del trasferimento, compreso l’atto dell’identificazione per mezzo della rilevazione delle impronte digitali, e in diverse pose per foto “ricordo” con gli agenti della polizia penitenziaria.

Stessa celebrazione da parte del ministro dell’Interno Salvini, condita però dall’augurio, rivolto all’ex latitante, di “marcire in galera”. Due ministri che si sono fatti trovare pronti all’aeroporto di Ciampino, allestito a conferenza stampa en plein air, per accogliere l’ex componente dei Pac.

Effettivamente è stata una giornata che difficilmente dimenticheremo. Non solo per la cattura di un terrorista dopo 37 anni, ma anche per il trasformarsi di questa vittoria dello Stato nella sua umiliazione. Compiuta, questa umiliazione, da politici che rivestono alte cariche istituzionali e che hanno trasformato un successo della Repubblica- frutto dell’impegno di magistrati, funzionari, donne e uomini delle Forze di Polizia- in una propaganda politica.

Una propaganda che svilisce lo Stato di diritto che anche al più efferato dei criminali riconosce tutele che sono inalienabili. Un vulnus inaccettabile ai principi consacrati nella Costituzione e alle norme di legge che tutelano la dignità dei detenuti e di tutte le persone comunque private della libertà per ragioni di giustizia.

In particolare l’art. 42-bis della legge sull’ordinamento penitenziario che impone, in tutte le attività di accompagnamento coattivo, di adottare ogni cautela per proteggere i soggetti interessati dalla curiosità del pubblico e da ogni pubblicità e per evitare ad essi inutili disagi. Come hanno ricordato anche gli avvocati delle Camere Penali e il Garante nazionale per i detenuti.

Lo Stato di diritto e la democrazia giocano la loro essenza e il loro senso proprio su questa capacità: garantire diritti e tutele -anche e proprio- a quanti hanno commesso un crimine e scontano una pena; a quanti hanno sbagliato e devono saldare il proprio debito con la giustizia.

Così la giusta soddisfazione per la fine della lunga latitanza di un cittadino raggiunto da plurime sentenze definitive di condanna per gravissimi fatti di sangue si è capovolta nel circo mediatico in cui un detenuto è stato usato come trofeo politico.

Il tutto non solo all’ostentata presenza di alte cariche istituzionali, ma proprio grazie al loro attivismo. Una spettacolarizzazione indecorosa in contrasto con le regole dello Stato di diritto che quella cattura hanno reso possibile, le quali non tollerano lesioni alla dignità delle persone anche se condannate per gravi reati.

Non dobbiamo mai dimenticare che proprio l’osservanza di queste regole, col pieno rispetto delle garanzie e dei diritti della persona, permette allo Stato di affermare la sua superiorità. Da questo il sistema penale trae forza e legittimazione. Non dobbiamo dimenticare che proprio le regole fondanti lo Stato di diritto hanno consentito alla magistratura e alla società italiane di contribuire alla sconfitta del terrorismo, cioè di non finire inghiottite dalla spirale di odio e violenza degli anni di piombo.

*Magistrato e segretario nazionale di Area Democratica per la Giustizia

 

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