Romano Prodi c’è nella campagna elettorale europeista (ma non si candida) [di Angela Mauro]
L’HuffPost 23 gennaio 2019. A Bruxelles bacchetta i vice premier e demolisce la sinistra senza leader e senza prospettive. Ma spegne le voci di un partito cattolico con Enrico Letta. A quattro mesi da un turno di elezioni europee dalla portata storica, nel bel mezzo della crisi dell’Unione per l’avanzata dei partiti euroscettici, torna sulla scena anche Romano Prodi. L’ex presidente della Commissione europea è a Bruxelles oggi per un bilaterale con l’attuale presidente di Palazzo Berlaymont Jean Claude Juncker e un pranzo con il collegio dei commissari. Il professore piazza la sua bandierina per le urne di maggio, va oltre l’invito a esporre la bandiera europea ai balconi il 21 marzo, primo giorno di primavera. Prodi c’è: in conferenza stampa a Bruxelles, prima della conferenza stampa e ancora dopo, si dilunga a parlare con i giornalisti di Europa e di politica, attento a distinguersi da tutti, a destra ma anche a sinistra. Ex premier di un’altra epoca, il prof si mostra freddo verso il progetto di lista unitaria europeista in chiave anti-populista lanciato da Carlo Calenda per il Pd. Ma del resto non è tenero con nessuna delle iniziative politiche in corso (anche perché non c’è molto). Del progetto di Calenda gli chiediamo in conferenza stampa e lui risponde, raccontando quello che è un suo “sogno”, riconosce che non è realistico, ma intanto lo piazza lì. “Visto che il Ppe probabilmente andrà a destra per arginare l’emorragia di voti verso i nazionalisti – dice Prodi – il mio sogno è che socialisti, liberali, Verdi e anche Macron presentino un unico candidato per le elezioni europee. Ma è difficile cambiare la struttura dei partiti anche tra gli stessi europeisti. Perciò sosteniamo la bandiera europea, esponiamola il 21 marzo, il primo giorno di primavera, per dare visibilità a questo sentimento. Un’idea che ho lanciato come un privato cittadino e sta guadagnando terreno”. A chi gli fa notare che lui è riuscito nella incredibile impresa di unire il centrosinistra, risponde con una fulminante battuta: “Sì, prima di Cristo…”. E ride. Del resto, il professore ci ha riprovato solo l’anno scorso, in vista delle politiche del 4 marzo, e non ci è riuscito. Ora dice che in Italia “c’è un’opposizione, ma nessuna alternativa. Perché un’alternativa vuol dire un numero che possa visibilmente sostituire nel breve termine il governo in carica. A meno che non venga data forma ad un’alternativa di governo, sarà difficile avere un cambiamento. O meglio, ci sarà un cambiamento solo se ci sarà una lotta intestina alla maggioranza. Il che non è impossibile, ma non è facile, perché il potere è un grande collante, il miglior collante del mondo”. Per il resto, “non so, conosco solo due ministri dell’attuale governo: Moavero e Savona, perché era mio collega di università. Quando uno ha fatto vita accademica e politica per tanti anni come ho fatto io e non conosce più nessuno, vuol dire che il mondo è cambiato”. Il punto è che alla sinistra, continua, “manca l’idea, la prospettiva”. E anche il leader? Qui risponde facendo l’imitazione del suo braccio destro all’epoca dell’Ulivo Arturo Parisi: “Parisi diceva ‘la politica non si fa col che ma col chi'”. Insomma, manca tutto. Ma c’è speranza in fondo al tunnel, forse: “In politica i cambiamenti avvengono spesso più velocemente di quanto possiamo immaginare. Io non avevo mai pensato di vincere le elezioni: invece in un anno abbiamo organizzato tutto ed è andata bene. Il problema è avere un’idea, una prospettiva che è quello che manca oggi…”. Ca va sans dire, Prodi bacchetta Luigi Di Maio e Matteo Salvini per la loro querelle con la Francia di Emmanuel Macron. “Quando vedo questa roba non riesco a capacitarmi – dice – anche se ci fossero dei problemi, il modo di affrontarli non è la brutalità superficiale. Ma siamo in un’epoca in cui si pensa si possa agire con i Sì e i No, con i referendum. Anche questo episodio appartiene alla crisi attuale della democrazia”. Ma non per questo si schiera con Macron, a differenza di ciò che ha fatto il Pd rispetto alla crisi diplomatica che il governo gialloverde ha aperto con Parigi. Prodi racconta che si aspettava che, con la Brexit, Macron avrebbe condiviso con l’Unione Europea il “potere di veto della Francia” in seno all’Onu. “Invece se l’è tenuto per sé”. E, continua, nel frattempo la Francia è entrata anche in crisi con il suo alleato storico, la Germania, per via della guerra in Siria. Quanto alla guerra in Libia, è la causa del flusso ingestibile di immigrazione verso l’Italia e l’Europa: “Fino a quando ci sarà anarchia lì, il problema non si risolve”, dice Prodi. Alla luce di tutto questo, ben venga anche il trattato franco-tedesco di Aquisgrana: “Il motore franco tedesco serve” all’Europa, dice Prodi, ma anche qui avverte: “Non può essere esclusivo, perché l’Europa è il motore dei 28”. Come fa sempre quando decide di agire in politica, Prodi si piazza al centro e aspetta “dietro la linea gialla”, si potrebbe dire, ricordando una celebre imitazione di Corrado Guzzanti. Non è candidato alle europee, al contrario del suo storico avversario Silvio Berlusconi. Ma nella campagna elettorale degli europeisti Prodi c’è e farà sentire la sua presenza, attento a smentire i rumors su un suo partito cattolico insieme a Enrico Letta, che tra l’altro lunedì sarà a Bruxelles, città che in vista delle europee è diventata ormai tappa inevitabile per i leader in cerca di alleanze, visibilità mediatica, azione politica di qualche genere. “Già l’Ulivo servì a sconfiggere l’idea di un partito solo cattolico e su questo non si torna indietro”, dicono i suoi. Ma Prodi non parla nemmeno di avvicinamenti al Pd, la sua ‘tenda’ allontanata dal partito ai tempi dell’ultimo Renzi è montata in un campo europeista largo che per ora semina parole, un progetto concreto e poi chissà. Il progetto concreto è il menu del pranzo di Prodi oggi con i commissari europei. Anche qui: attento a distinguersi da Renzi, venuto a Bruxelles prima di Natale per incontrare Juncker e altri commissari, solo una chiacchiera su alleanze politiche. Prodi invece si presenta con quello che definisce “un enorme progetto, investimenti sociali in: scuola, edilizia sociale, sanità”. Il tutto si basa su un report dell’anno scorso elaborato dalla Commissione europea, l’Associazione europea delle banche pubbliche (Eapb) e la Banca europea degli investimenti. L’obiettivo è usare tutte le risorse disponili per finanziare progetti che sostengano ‘piani casa’ e creare nuove piattaforme di investimento per il benessere dei cittadini. Insomma, possibilità per le amministrazioni locali di attingere a fondi a “interessi vicino allo zero”. “Il welfare state esiste solo in Europa – dice Prodi – Dobbiamo difenderlo e rilanciarlo. La crisi del 2008 ha ridotto al collasso gli investimenti pubblici. Ci sono migliaia e migliaia di persone in lista per un alloggio popolare…”. E’ questa la carta che il professore cala sul tavolo contro gli euroscettici. E’ il tentativo di recuperare il tempo perduto da un’Europa che con la crisi si è tuffata nelle politiche di austerità lasciando interi paesi a boccheggiare, tipo la Grecia. “Quando togli il potere alla Commissione, come è successo – dice Prodi – allora non fai che dividere l’Europa e la conseguenza è quello che è successo con la Grecia”. Ma l’ex premier non si dice “pessimista”. “Le difficoltà sono tante – riconosce – ma il bisogno di Europa c’è ancora. Anzi, il dramma della Brexit fa capire quanto il legame europeo sia forte e indispensabile anche per la Gran Bretagna. Ironia della sorte, pensavo sarebbe andata a finire con un ‘United Kingdom’ contro una “Disunited Eu’, invece è accaduto il contrario”. E ora siamo come “nel Rinascimento, quando la scoperta dell’America fece sparire l’Italia dalle mappe per quattro secoli. Ora con questa nuova globalizzazione, se non siamo uniti, scompariamo. Le nuove caravelle sono Amazon, Google, Ali Baba… Non c’è possibilità di operare con paesi divisi nell’Europa oggi. Nella Seconda globalizzazione neanche la grande Germania è capace di affrontare il mondo da sola”. E i sovranisti? Nemmeno loro: “Infatti non parlano più di uscire dall’Ue”, dice Prodi. “Il disordine mondiale ha messo in moto questo desiderio sfociato poi nei partiti sovranisti: in teoria popolari, ma organizzati in modo fortemente verticale”. Non sono la risposta. Come evidentemente però non lo è stata l’Ue per tanti anni, corresponsabile della nascita dei partiti euroscettici. “La Costituzione europea era una bella invenzione – continua ancora Prodi – Fu bocciata”. Perché scritta male? Secondo il prof, no: “Fu bocciata per un problema interno alla politica francese: volevano punire Chirac e se la sono presa con l’Europa. Ma il manifesto anti-Costituzione era l’idraulico polacco che allora non c’era! E’ arrivato dopo…”. |