La prima volta dello Schiavo [di Franco Masala]

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Il compositore è brasiliano ma l’opera è inequivocabilmente italiana sia nel testo che nella musica. Antônio Carlos Gomes (1836-1896) ebbe infatti un’educazione e una carriera italiane, mietendo grandi successi nel decennio 1870-80 anche nel teatro alla Scala, salvo rovesci di fortuna che lo riportarono in Brasile dove nel 1889 fece rappresentare Lo Schiavo con grande favore.

L’opera non uscì mai dal repertorio del teatro Municipal di Rio de Janeiro, avendo anche grandi interpreti di scuola italiana come Toti Dal Monte, Gina Cigna e Galliano Masini ma non approdò mai in Italia.

Il Teatro Lirico di Cagliari colma ora la lacuna, inaugurando la stagione 2019 con quest’opera-ballo che riecheggia modi del Verdi più maturo e di Ponchielli, autore della Gioconda, ma anche il clima delle romanze da salotto di Tosti. Il risultato, pur godibile, è quello di una originalità incompleta che però mette bene in luce le capacità tecniche e stilistiche di un musicista che ha dalla sua anche un profluvio di melodie talvolta abbandonate dopo poche battute. È certo però che sappia condurre con mano maestra i concertati grazie anche ad una strumentazione mai banale.

Gli ingredienti del melodramma ci sono tutti: le rivalità in amore, il cattivo di turno, l’amico magnanimo e riconoscente. Sono invece al centro dell’azione l’esotismo e, sorprendentemente nuova, l’abolizione della schiavitù (legge concessa in Brasile soltanto nel 1888, un anno prima del debutto de Lo Schiavo) voluta dalla principessa Isabella e affidata nell’opera di Gomes, specularmente, ad una contessa francese che intona un inno della libertà alquanto inaspettato anche perché l’azione è retrodatata al 1567.

La produzione cagliaritana taglia le lunghe danze del secondo atto, amputando quindi l’opera-ballo del suo essere ma in compenso riempie il preludio orchestrale dell’Alvorada (il sorgere dell’alba) con un’azione pantomimica (coreografia di Luigia Frattaroli). Peccato perché la proposta consente di conoscere un’opera praticamente sconosciuta in Europa (pochissime esecuzioni a Berna, Londra e Giessen tra il 1977 e il 2011) che sarebbe stato opportuno presentare nella sua completezza.

Il direttore John Neschling conduce orchestra e coro con il vigore necessario salvo abbandonarsi nelle oasi liriche ad un accompagnamento dei cantanti duttile ed efficace e dare grande poesia all’Alvorada.

Protagonista è il baritono Andrea Borghini, dotato di un bel timbro che lo porta talvolta a ingrossare la voce, forse guidato dall’aspetto “selvaggio” del ruolo. Si fa valere soprattutto nei due ultimi atti che lo vedono costantemente in scena.

A Massimiliano Pisapia spetta l’unica aria sopravvissuta dell’opera, “Quando nascesti tu”, già cavallo di battaglia di Caruso, Gigli e Lauri Volpi, cantata con maestria e il giusto accento. Contesa tra i due, Svetla Vassileva interpreta con passione e abbandono opportuni il ruolo di Ilàra che la mette in qualche difficoltà soltanto nelle zone basse della tessitura.

Brillante ed estroversa la Contessa di Elisa Balbo cui tocca il lungo e articolato Inno della libertà. Ottimo il basso Dongho Kim nel duplice ruolo del Conte e del capotribù Goitacà coadiuvato dal malvagio fattore di Danilo Terenzi. Nelle parti di fianco Francesco Musinu, Marco Puggioni e Michelangelo Romero.

Fortunatamente la regia di Davide Garattini Raimondi non cede alla tentazione di uno spostamento d’epoca (del resto oppressori e sottomessi sono storie di sempre) ma restituisce uno spettacolo che evita l’oleografia da figurine Liebig puntando soprattutto sulla figura umana con particolare efficacia per i ruoli degli schiavi, servendosi delle scene di Tiziano Santi, dei costumi di Domenico Franchi e delle luci azzeccate di Alessandro Verazzi.

Una foresta di liane con una folta vegetazione fa da sfondo all’azione mentre nell’atto della Contessa la scena si fa luminosissima quasi a sottolineare la libertà riconquistata nel momento della scomparsa di un’enorme ghigliottina incombente.

Successo cordialissimo e numerose chiamate con molti applausi.

Teatro Lirico di Cagliari Lo schiavo dramma lirico in quattro atti libretto Alfredo d’Escragnolle Taunay e Rodolfo Paravicini musica Antônio Carlos Gomes

venerdì 22 febbraio, ore 20.30 – turno A; sabato 23 febbraio, ore 19 – turno G

domenica 24 febbraio, ore 17 – turno D; martedì 26 febbraio, ore 20.30 – turno F

mercoledì 27 febbraio, ore 20.30 – turno B; giovedì 28 febbraio, ore 19 – turno L

venerdì 1 marzo, ore 20.30 – turno C; sabato 2 marzo, ore 17 – turno I

domenica 3 marzo, ore 17 – turno E

Edizione ridotta per le scuole

martedì 26 febbraio, ore 11

venerdì 1 marzo, ore 11

 

 

 

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