#iovadoalmuseo! Ministro Bonisoli, ci sono “facoltà non culturali”? [di Giuliano Volpe]
L’ Huffingtonpost.it 6 marzo 2019. In questi giorni le televisioni e le radio ospitano un messaggio pubblicitario del MiBAC e della Presidenza del Consiglio relativo al progetto #iovadoalmuseo. Si tratta di una bella iniziativa che sviluppa quella delle prime domeniche del mese gratuite lanciata dal precedente ministro Dario Franceschini, che, com’è noto, hanno riscosso un notevole successo, soprattutto in termini di accesso ai musei da parte di tante persone che normalmente non frequentano i luoghi della cultura. Va quindi dato merito all’attuale ministro Alberto Bonisoli, che pure aveva inizialmente annunciato, forse con un messaggio che aveva dato adito a fraintendimenti, di voler eliminare le domeniche gratuite. In realtà i giorni gratuiti sono stati aumentati da 12 a 20, con una settimana completamente gratuita dal 5 al 10 marzo, attualmente in corso, e le prime domeniche da ottobre a marzo (a esclusione, cioè, del periodo estivo, notoriamente più frequentato dai turisti). È un risultato positivo certamente l’aver aumentato i giorni di accesso gratuito e si spera che si possano presto introdurre altri strumenti che favoriscano la frequenza dei musei più distribuita nel tempo, che evitino, cioè, quello che è stato considerato uno dei limiti principali di questa bella iniziativa: l’eccesso di pressione nelle domeniche gratuite con il rischio di favorire visite superficiali in termini di conoscenza e, addirittura, poco piacevoli a causa del sovraffollamento. Uno strumento auspicabile sarebbe, per esempio, l’adozione di card con prezzi ‘politici’ – possibilmente valide per tutti i musei di una città, non solo quelli statali, ma anche quelli civici, ecclesiastici, etc. –, che consentano a tutti, in particolare ai cittadini residenti in ogni città (ma, perché no, anche ai turisti, che in tal caso sarebbero invogliati a tornare più volte nel corso dell’anno in una città, magari per visitare musei meno famosi, cosiddetti ‘minori’, che sono la stragrande maggioranza dei musei e siti archeologici italiani). Tutto positivo, quindi? Sì, se si esclude una parte di quel messaggio pubblicitario che ha fatto saltare sulla sedia chi scrive (e credo anche molti altri). Il messaggio, infatti, precisa che, come in passato, i giovani fino a 18 anni hanno diritto all’ingresso gratuito e annuncia una novità molto apprezzabile: per giovani, ma non più giovanissimi, fino a 25 anni il costo è di soli 2 euro. Ottimo! Ma poi aggiunge un’ulteriore precisazione che rappresenta un’incomprensibile e inaccettabile ‘buccia di banana’ sulla quale è scivolato addirittura il Ministero della cultura: “tutti gli studenti di facoltà di ambito culturale continuano ad entrare gratis”! Che vuol dire? Ci sono forse facoltà universitarie non di ambito culturale? Bisogna chiarire che finora l’ingresso ai musei è stato libero per gli studenti universitari di corsi in archeologia, storia dell’arte e di altre discipline relative al patrimonio culturale. Ora si intende estendere questo diritto? Benissimo. Ma quali sarebbero le ‘facoltà culturali’ e quelle ‘non culturali’? Lasciamo perdere il fatto che ormai le facoltà non esistono più (tranne rarissimi casi) e che dal 2010 sono state sostituite dai dipartimenti: questo conferma solo la siderale distanza che ora mi separa i due ministeri, il MiBAC e il MIUR, che solo quattro decenni fa erano parte dello stesso dicastero. Si confondono le ‘facoltà di ambito culturali’ con i dipartimenti di area umanistica? Se così fosse (e direi che l’ipotesi forse coglie nel segno!) ha perfettamente ragione un collega archeologo, Andrea Augenti, dell’Università di Bologna, quando afferma che «il messaggio che viene fuori forte e chiaro, sia a livello linguistico che poi concretamente, di fronte alle biglietterie e nelle tasche di alcune categorie di Italiani, è il seguente: “in Italia la Cultura è la cultura di ambito umanistico e letterario. E nessun altra. Stop”». Insomma, nel terzo millennio avanzato il Ministero dei Beni e delle attività culturali è ancora intriso di spirito crociano e non ritiene che esista una cultura scientifica? Che tristezza, se consideriamo che data al lontano 1959 un libro fondamentale come quello di Charles P. Snow, Le due culture (evidentemente sconosciuto al Collegio romano, almeno dalle parti dell’ufficio stampa), recentemente riproposto da Marsilio con interventi di Giulio Giorello, Giuseppe O. Longo e Piergiorgio Odifreddi, e che sembra ormai definitivamente superata una visione talmente anacronistica che consideri cultura solo la cultura umanistica. Per chi scrive che, come Augenti, è un archeologo e un professore universitario, abituato da molto tempo a fare largo uso di bioarcheologie, di archeometrie, di geoarcheologie, degli apporti fondamentali delle scienze fisiche, chimiche, biologiche, ingegneristiche, informatiche, etc., un messaggio del genere risulta francamente indigesto. Come lo è certamente anche per filologi, filosofi, storici, e per tutti coloro che si occupano di formazione e ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Non mi meraviglierei, pertanto, se arrivasse una una protesta anche da parte del MIUR e della CRUI. Come ha fatto notare Augenti, è ancora più paradossale che un messaggio così strampalato venga proposto nel 2019: «l’anno in cui ci avviamo a celebrare in molti modi diversi i cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci, un genio universalmente riconosciuto che teneva un piede saldamente nella cultura scientifica e l’altro in quella umanistica, e che proprio da questa versatilità estrema ha tratto i migliori frutti del suo lavoro». Condivido, quindi, pienamente anche l’amara considerazione finale di Augenti: «Se fossi uno studente di un dipartimento di chimica, di fisica o di medicina sarei veramente, ma veramente furibondo con il MIBAC, per il modo in cui è stata concepita e reclamizzata questa iniziativa. E per l’immagine della nostra cultura che trasmette a tutti, giovani e non». Rivolgo un invito, quindi, al ministro Bonisoli, anzi due: faccia rapidamente rivedere quel messaggio, che ci fa vergognare un po’ tutti, ed estenda la gratuità a tutti gli studenti universitari, prescindendo dalla loro scelta di studi, perché abbiamo bisogno anche di ingegneri, fisici e chimici che frequentino i nostri musei anche e soprattutto quando gli attuali studenti saranno professionisti, genitori, cittadini attivi. *Archeologo, presidente emerito del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici del MiBAC |