La lezione dei diari di viaggio [di Maria Antonietta Mongiu]

carta antica.

L’Unione Sarda 2 aprile 2019. Citando la Naturalis Historia di Plinio, Sigismondo Arquer riferisce che “dal promontorio cagliaritano” l’Africa dista duecento miglia; e che nel ‘500 la si può raggiungere in due giorni. E’ interessante l’affermazione che a quel tempo i sardi misuravano le distanza non in metri o in miglia, ma in giorni impiegati per compiere un determinato viaggio. Pertanto, da Cagliari, per percorrere tutta la lunghezza della Sardegna, si impiegavano sei giorni a cavallo, e per attraversarla in larghezza solo due.

Ciò dimostra che quelle antiche vie attive fin dal neolitico sono quelle resilienti, e in quanto tali da rileggere e rielaborare perché le più dense di stratificazioni e di consuetudini, a smentire chiusure e presunti isolamenti. A queste si aggiungono quelle più consuete, ossia, le vie d’acqua interne e marine, che per Marc Bloch mettevano in contatto luoghi assai distanti, spesso più facilmente raggiungibili di quelli dietro l’angolo.

Una prova di quanto questo sia vero, e di quanto abbia inerito nelle relazioni tra Cagliari e il resto della Sardegna, lo si rinviene nella cronaca del viaggio compiuto dal delegato pontificio, vescovo di Pisa, Federico Visconti, nel 1263, momento assai complesso nelle relazioni tra il Cagliari, Pisa e il pontefice. Nelle avventure descritte dal prelato emerge la continuità tra le mappe del mondo antico, quelle della sua contemporaneità, e quelle che utilizzerà l’Arquer quasi tre secoli dopo per raggiungere Pisa per gli studi.

I suoi approdi non sono dissimili da quelli che hanno caratterizzato a lungo le relazioni, ad esempio, tra la penisola italiana, Civita/Olbia a nord e Cagliari a sud, con tappe intermedie che coinvolgono tutta la costa orientale, che una sorta di luogo comune vorrebbe praticamente autorecessa. Ecco perché questi ci informa di distanze, modalità di accesso e mobilità interna, ancora una volta a smentire un immobilismo nelle relazioni tra costa e parte centrale della Sardegna che è un mito auto-escludente.

Quella che in antichità è stata chiamata Sandaliotis per la sua forma di sandalo e Ichnussa perché a forma di piede, in virtù di queste definizioni è da allora percepita come accessibile e in relazione col resto del mediterraneo. Il porto di Cagliari, insostituibile porta d’ingresso della Sardegna, si è rivelato nel tempo quella senza soluzione di continuità. Oggi soffre, per la prima volta, di marginalità.

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