Parigi brucia [di Franco Masala]

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Stamattina tutti ci siamo svegliati più poveri. La cattedrale parigina di Notre Dame è ridotta a uno scheletro annerito dalle fiamme dell’incendio divampato dal tardo pomeriggio del 15 aprile e domato soltanto dopo ore e ore dai vigili del fuoco.

La chiesa di Notre Dame ha molteplici valenze e contemporaneamente è un’opera d’architettura, il simbolo di una civiltà e della cristianità,  un patrimonio di memorie e di storia, un monumento ricco di bellezza. Ora tutto è dissolto al di là di ogni proposito di ricostruzione. Niente potrà essere come prima in un monumento che pure ha attraversato più o meno indenne guerre, rivoluzioni, disordini, resistendo sempre al passare dei secoli e degli uomini. Che poi la guglia principale crollata fosse il rifacimento ottocentesco di Eugène Viollet-le-Duc non sposta di un centimetro la questione.

Chiunque di noi ha un motivo per ricordare la grande chiesa gotica, Patrimonio mondiale dell’Umanità dell’UNESCO dal 1991. Può essere la prima visita legata allo stupore per le volte, i pilastri e le vetrate coloratissime dell’interno. Può essere il richiamo a due famose coppie: una, vera, composta da Pietro Abelardo ed Eloisa, l’altra letteraria, formata da Esmeralda e Quasimodo, nel romanzo di Victor Hugo. Può essere il grandioso quadro con l’Incoronazione di Napoleone del pittore Jacques-Louis David. Possono essere i “mostri” delle gargouilles che hanno impaurito tanti bambini nel cartone animato Il gobbo di Notre Dame o i motivi del fortunatissimo musical di Riccardo Cocciante. Per tutti un ricordo corrispondente.

Non si può fare a meno allora di meditare sul senso di fragilità di tutto ciò che ci circonda a cominciare dalle opere dell’uomo, destinate comunque e purtroppo a dissolversi. Il venir meno delle cose amate e che ritenevamo eterne influisce sulla riflessione riguardo al futuro della nostra civiltà, ormai dominata da mutamenti impressionanti che non siamo in grado di controllare.

Adesso il timore principale è che la caduta della guglia diventi l’ennesimo spettacolo televisivo da ripetere all’infinito (sta già accadendo) nell’improbabile confronto con le torri gemelle che, ormai, ricordiamo periodicamente soltanto quando tornano sugli schermi le terribili immagini di allora.

All’inizio della Settimana Santa diventa allora ancor più commovente l’Ave Maria intonata sommessamente dai fedeli parigini che assistevano al rogo impotenti. E il pensiero riconoscente va all’unica vittima – un vigile del fuoco intossicato – che speriamo possa riprendersi presto.

*foto New York Post ©

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