Gli studi umanistici oggi hanno un ruolo fondamentale [di Serena Schiffini]

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Sono soddisfatta della mia laurea in Lettere, anche se sono passati tanti anni. E il mio destino professionale non è dipeso dalla mia laurea. Quando mi sono iscritta all’Università, l’ho fatto perché volevo diventare un’insegnante di Latino e Greco. Poi le cose sono andate diversamente, non so se per fortuna o sfortuna. Mentre studiavo, ho iniziato a collaborare con un quotidiano regionale nella pagina della cronaca, forse troppo presto è arrivato un contratto di assunzione a tempo determinato ed è iniziata una carriera giornalistica “da precaria”, che ha sacrificato lo studio e mi a fatto rinviare gli esami, fino alla conclusione del percorso di studi, con qualche anno in ritardo. Spero come studente-lavoratore di essere stata perdonata.

Ragionando però sul lavoro giornalistico e su quello attuale di programmista radiofonica, sono convinta che la formazione umanistica abbia avuto un ruolo fondamentale e sia stata spesso un salvagente. C’è da sottolineare che, rispetto ai miei studi, ho avuto la fortuna di seguire un percorso lavorativo coerente.

Si discute da tempo sull’importanza e l’utilità della traduzione dal greco e dal latino, se ancora sia utile come strumento didattico o sia ormai sorpassato.  Un dibattito che mi ha incuriosito e fatto riflettere, fino ad arrivare a una conclusione. Posso dire che per me la traduzione sia stato un esercizio di logica e interpretazione della realtà realmente utile: nel mio lavoro mi ha insegnato, e ancora funziona, una rapida elaborazione dei dati – delle notizie a mia disposizione – in tempi stretti,  anche quando non erano attinenti con argomenti di carattere umanistico o poco in sintonia con i miei interessi; elaborazione e interpretazione delle informazioni che mi ha sempre consentito di redigere un testo e consegnare il mio lavoro.

Ho scelto di puntare su questo aspetto, forse marginale, basandomi sulla mia esperienza. Credo, oggi anche da genitore, che una buona formazione umanistica sia necessaria qualunque sia poi il percorso professionale che si intraprende, anche quello più distante dalla letteratura o dalla filosofia, perché serve a strutturare il pensiero. È vero, però, che i tempi richiedono, come è stato più volte sottolineato anche oggi, una integrazione migliore (forse una “alleanza”) tra gli insegnamenti classici e quelli scientifici, per altro sperimentata con buoni risultati in alcune scuole superiori, anche in Sardegna. Migliore dialogo dovrebbe poi svilupparsi tra le Università sarde e la Regione, per ragionare su percorsi di formazione e inserimento lavorativo, che sviluppino competenze e passioni degli studenti, poi realmente spendibili sul mercato del lavoro, anche in Sardegna, senza per forza costringere chi sceglie studi umanistici ad emigrare. Io, comunque, dopo tanti anni e tanto precariato, non mi sono pentita della mia laurea in Lettere.

Programmista regista Rai Sardegna. Intervento tenuto nella Tavola Rotonda Le tre culture. Orizzonti formativi per lo sviluppo della Sardegna: La Formazione Umanistica  nel corso dell’iniziativa Sardegna: Terra della conoscenza e della comunità educante, organizzata il 27 gennaio alla MEM di Cagliari dall’ Associazione LAMAS.

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