Addio a Pei [di Franco Masala]
Che il fare architettura allunghi la vita? È ciò che viene da pensare alla notizia della scomparsa di Ieoh Ming Pei alla rispettabilissima età di 102 anni. L’architetto sino-americano è in buona compagnia considerato che anche Oscar Niemeyer (105) e Luigi Caccia Dominioni (103) ebbero una vita lunghissima; per tacere dei novantenni come Leonardo Benevolo (93) e, soprattutto, Frank Lloyd Wright, scomparso a 92 anni ma nato a metà Ottocento quando le aspettative di vita erano ben altre. Tant’è. Pei, nato a Canton ma trasferitosi negli Stati Uniti appena diciottenne, fu allievo di Walter Gropius ad Harvard e nel 1983 conseguì il premio Pritzker, assegnato ogni anno a un architetto vivente che dimostri una combinazione di talento, visione e impegno attraverso la sua arte. E il palmarès di Pei è decisamente nutrito quando si pensi agli interventi nei musei di mezzo mondo, spesso legati anche ad un ampliamento e un rinnovamento che destarono ampie discussioni, poi superate dal risultato e dall’uso quotidiano. Tra i primi edifici ha particolare rilievo l’ala orientale della National Gallery di Washington (1978) che, partendo da un’area di difficile forma triangolare, Pei riuscì a collegare alla sede storica con grande felicità inventiva, giocando sui pieni e vuoti che saranno un po’ l’elemento caratterizzante della sua architettura. Anche nel Deutsches Historisches Museum di Berlino partì dall’aggiunta moderna all’antico edificio barocco dell’Armeria per ottenere una perfetta fusione degli edifici, importantissima anche dal punto di vista simbolico considerato che la struttura ospita la mostra permanente della Storia tedesca per immagini e testimonianze, vera e propria cronistoria della identità della Germania. È però la celeberrima Piramide del Louvre l’edificio più noto di Pei. Inaugurata nel 1989 per il bicentenario della Rivoluzione Francese e fortemente voluta dal presidente Mitterrand, la grande struttura in vetro e acciaio inox è divenuta l’ingresso del grande museo e nessuno potrebbe pensare al Louvre senza ricordare la Piramide. Al contrario, la costruzione fu terminata in mezzo a mille polemiche che hanno sempre caratterizzato gli interventi innovativi a Parigi a partire dalla Tour Eiffel di cento anni prima e fino al Beaubourg di Piano & Rogers. Oggi è divenuta un’icona all’interno della Cour Napoléon e convive con la grande architettura del passato senza superarne l’altezza, in un dialogo continuo e costante, ravvivato dalla frequentazione quotidiana di migliaia e migliaia di visitatori. Un’unica opera italiana ma significativa: la nuova sede della Regione Lombardia, tutta giocata su linee sinusoidali per il definitivo ingresso di Milano in Europa.
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