Poveri e povertà [di Raffaele Deidda]

politica1

Lo scrittore colombiano Evelio José Rosero, vincitore del “Premio nacional de literatura Colombiana 2006”, è l’autore di un racconto – metafora sul tema dei poveri e della povertà. La lettura pone inquietanti interrogativi, che solo apparentemente potrebbero trovare risposte semplici e immediate. Restano invece tantissimi dubbi e perplessità su come l’umanità stia realmente affrontando il dramma della povertà.

Questo il racconto:“Un uomo aveva affisso sulla porta della sua casa un cartello che diceva: SI VENDONO POVERI. Un altro uomo che passava da quelle parti si avvicinò per chiedere il prezzo.  “Dipende – disse il primo uomo – lei dovrebbe prima scegliere il povero che preferisce”.  I due uomini entrarono allora in casa e il compratore non tardò ad uscirne con un povero tenuto per il braccio. Senza neppure spiegarsi perché avesse realmente bisogno di un povero. In breve tempo altri uomini vennero a sapere della notizia e la casa non tardò a riempirsi di compratori. Ognuno di questi usciva col proprio povero tenuto per il braccio. Alcuni portavano da tre fino a cinque poveri sulle spalle. Erano pacchetti di poveri. C’erano annunci di poveri nei giornali. Venivano esportati. Proseguì in questo modo fino a quando il primo uomo rimase senza poveri da vendere.  L’ultimo povero che presero fu sua moglie anche se, mesi dopo, anch’egli dovette vendersi come povero. La concorrenza non si fece aspettare. Apparirono imprese venditrici di poveri, industrie produttrici di poveri, ed erano poveri di tutte le dimensioni e di tutti i colori. Ci furono molti confronti e dispute, valutazioni e discussioni che cercarono di determinare l’origine di così tanti poveri. Si pubblicarono centinaia di libri. Nessuno parlò di povertà. Solo di poveri. Troppo tardi. I poveri si concentrarono in Africa, in Pakistan, negli Stati Uniti, in Argentina. Il mondo intero non tardò a riempirsi di poveri”.

Il racconto di Rosero trae probabilmente spunto dalla definizione generalmente condivisa della povertà, vista come la condizione di singole persone o collettività che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale. Circa tre miliardi di persone al mondo vivono oggi con 2,5 dollari al giorno (1,8 euro), mentre è stato rilevato che le 300 persone più ricche del mondo possiedono la stessa ricchezza dei 3 miliardi dei più poveri. Ne consegue che l’identificazione di un povero, rispetto a chi povero non è, risulti semplice e intuitiva. O, meglio, semplicistica.

 

Il concetto di povertà è, al contrario, complesso ed articolato (comprende anche scelte esistenziali), anche se la povertà tout court è principalmente riferita alle condizioni involontarie di disagio. La povertà è anche la rappresentazione di una condizione di vita che investe le varie dimensioni dell’essere umano e lo studio di tale fenomeno non ha un carattere esclusivamente economico, ma attiene alla sociologia, alla psicologia, alla demografia. Per questo motivo è semplicistico immaginare che basterebbe mettere in moto politiche di ridistribuzione del reddito a favore della popolazione povera per risolvere il problema della povertà.

E’ sbagliato e fuorviante affrontare il problema dei poveri come problema unico, adottando in ogni situazione ricette economiche simili che non tengono conto di specifiche situazioni sia economiche che politiche e culturali. E’ invece giusto e opportuno perseguire sempre e comunque politiche anti povertà che mirino al ridimensionamento delle differenze e alla lotta alle disuguaglianze e alla eliminazione dei fattori che originano una ricchezza ingiusta e predatoria e generano processi di impoverimento. Fra queste rientrano anche la lotta al degrado ambientale che innesca un circolo vizioso in cui la povertà genera difficoltà ambientali e conseguentemente ulteriore povertà.

La riduzione della povertà passa soprattutto attraverso l’offerta dell’istruzione di base, dei servizi igienico-sanitari e, soprattutto, attraverso l’investimento in agricoltura. Se solo si immagina che la produzione agricola attuale del mondo basterebbe a fornire a ogni essere umano vivente una dieta quotidiana di 2720 calorie, l’investimento agricolo più mirato ed organizzato avrebbe la capacità di eliminare la fame, che costituisce una delle principali cause della povertà in quanto riduce il livello di energia e salute, impedendo di lavorare  e di procurarsi il cibo.

Ecco spiegata, quindi, la morale del racconto di Rosero: Parliamo di povertà, di come combatterla e di come vincerla se davvero si vuole evitare poi di dover parlare, inutilmente, dei troppi poveri che riempiono il mondo della loro povertà.

 

Lascia un commento