Subirats: “Colau non sarà ostaggio di Valls, il neomunicipalismo è il futuro” [di Steven Forti e Giacomo Russo Spena]
MicroMega 23 luglio 2019 http://temi.repubblica.it/micromega-online/subirats-colau-non-sara-ostaggio-di-valls-il-neomunicipalismo-e-il-futuro/. Parla il noto politologo, nonché fedelissimo dell’alcaldessa: “La sindaca continuerà a governare con accordi a geometria variabile”. Poi ragiona sull’alleanza coi socialisti: “Certo, non è la stessa cosa amministrare in coalizione che da soli”. Infine insiste sulla centralità del neomunicipalismo ed esprime dubbi sul governo Salvini/Di Maio: “Osservo con preoccupazione quel che succede in Italia perché spesso quel che accade da voi finisce per estendersi in tutta Europa”. “Rimango un convinto municipalista: la dimensione locale sarà sempre più importante per affrontare le sfide future. E ciò non vale solo per la Spagna ma per tutta l’Europa”. Joan Subirats – professore universitario, noto politologo spagnolo – lavora da anni a stretto contatto con l‘alcaldessa Ada Colau. Fondatore nella primavera del 2014 di Guanyem Barcelona, l’origine di quella che sarà poi Barcelona en Comú, e assessore alla cultura nell’ultimo biennio è ora responsabile della macro-area di Cultura, Educazione e Scienza del Comune guidato dalla ex attivista antisfratti. L’abbiamo contattato per fare un punto sia sul neomunicipalismo – di cui lui è strenuo difensore – sia sul nuovo mandato della sindaca ottennuto grazie ad una politica di (dibattute) alleanze. Su questo, però, Subirats spegne subito le polemiche: “Colau governa con 18 consiglieri su un totale di 41, è il governo più solido che c’è a Barcellona dal 2007”. Professore, riavvolgiamo un attimo il nastro: pur ottenendo meno consensi di Maragall (Esquerra Republicana de Catalunya, Erc), Ada Colau è rimasta sindaca di Barcellona grazie ad un accordo coi socialisti e ai voti decisivi di Manuel Valls e di suoi due adepti. Dall’Italia si percepisce il rischio che sia una “vittoria di Pirro”: come farà Colau a continuare l’agenda del cambiamento governando, in minoranza, e in giunta con un partito più moderato? Insistiamo, ma l’idea di governare “a tutti i costi” non costringerà Colau a mediazioni a ribasso e a cedere ai “poteri forti”? Ma le posizioni con il Partit del Socialistes de Catalunya (Psc) sono molto diverse su questioni come la casa o la rimunicipalizzazione dell’acqua… Per approvare il bilancio e alcune misure parla di geometria variabile, ma Erc ha promesso un’opposizione durissima. Come farà Ada Colau? Secondo l’accordo di governo, nella nuova giunta Barcelona en Comú manterrà gli assessorati “simbolo” come politiche sociali e abitative, ecologia, urbanismo, femminismo, accoglienza ai migranti e cultura. Però gli assessori più di peso ed economici saranno occupati da membri socialisti. Ciò non la preoccupa? Ad ottobre si conoscerà la sentenza del processo ai leader indipendentisti. Non temi tensioni con il Psc, con cui avete posizioni diverse? Nell’autunno del 2017 l’accordo di governo coi socialisti si ruppe proprio perché il Psc appoggiò il commissariamento della Catalogna…
Però, se ora torniamo a governare insieme, è evidente che siamo coscienti delle nostre diverse posizioni al riguardo. Lo si è potuto vedere con la questione di rimettere sulla facciata del Comune il laccio giallo di protesta per la situazione dei dirigenti indipendentisti incarcerati dove abbiamo espresso posizioni distinte. E senza dubbio si vedrà di nuovo in molti altri momenti. L’importante è capire che la base dell’accordo si fonda sul porre sempre la città come priorità e lasciare che in altre questioni vi sia pluralità di vedute. Come responsabile della macro-area di Cultura, Educazione e Scienza, qual è il primo provvedimento da intraprendere con urgenza? In parte a causa del grande cambio epocale che stiamo attraversando e che ci obbliga, se vogliamo recuperare la capacità di emancipazione dell’educazione, ad incorporare un’importante formazione culturale per tutti. Un nuovo bagaglio educativo, oggi esistente solo in parte, che faciliti le necessità di innovazione, creatività, capacità di adattamento e di lavorare con gli altri. Cose che risultano sempre più necessarie per affrontare le incertezze e le incognite dei nostri tempi. E, senza dubbio, non si può lasciare al margine la componente della scienza e della tecnologia che obbliga a ripensare molti dei modelli esistenti. Quanto è importante, oggi, nell’era dei populismi xenofobi, del rancore e del cattivismo la battaglia culturale per cambiare la società? Nella sua rilettura di Polanyi, Nancy Fraser parla di un triplo movimento, aggiungendo al binomio menzionato la necessità attuale di riconoscimento come leva per l’emancipazione di fronte a una protezione rivestita di gerarchia e patriarcato. Credo che Fraser spieghi bene l’importanza della dimensione culturale, di costruzione di un senso vitale che offre il bagaglio culturale di ognuno. I fattori identitari contano tantissimo per spiegare molti dei fenomeni politici che oggi preoccupano in Europa e in altre parti del mondo. Non è affatto facile accettare che non basta agire all’interno del binomio uguaglianza e libertà che fu chiave nella storia dell’Otto e del Novecento, e che lo è ancora, ma che non ci serve se non siamo capaci di raccogliere l’esplosione di diversità e pluralità che rompe tutti i canoni di genere, della famiglia, del lavoro… in definitiva di tutti gli aspetti della vita. E questa dimensione, che possiamo chiamare culturale, ha oggi indubbiamente una valenza politica. Il 24 maggio 2015 liste civiche nate dal basso vincevano a Madrid, Barcellona, Saragozza, Cadice, Pamplona, Valencia, Santiago de Compostela, La Coruña, Ferrol e Badalona. Di queste sono rimaste in piedi solo Cadice, Barcellona e, parzialmente, Valencia. È finito il ciclo delle città ribelli? Come si spiega queste sconfitte? Più in generale, in Europa il neomunicipalismo ha subito una battuta d’arresto? Mobilità, casa, energia, acqua, educazione, sanità, nuove forme di azione sociale, umanizzazione dell’urbanismo e degli spazi pubblici sono oggi questioni che formano parte dell’agenda delle grandi città, quando prima erano considerate proprie di altre sfere di governo. L’importanza dei governi di prossimità è indubbia. Certo, in molte città, la fragilità della vittoria del 2015 non ha permesso di riconfermarsi nel 2019, ma mi piacerebbe pensare che ciò che si è generato continui ad esistere e che si esprimerà in forme diverse nel futuro. Ultima domanda: da Barcellona come vede l’Italia di Salvini e Di Maio? Berlusconi, la Lega e i 5 Stelle, senza dire che siano la stessa cosa, sono riusciti a convertire temi che anni fa erano considerati inaccettabili nel mainstream democratico come qualcosa non solo di tollerato, ma addirittura che si trova al centro del dibattito politico. La frammentazione della sinistra e le difficoltà nell’aggiornare le sue chiavi di azione hanno, ovviamente, un peso. Osservo con preoccupazione quel che succede in Italia, anche perché spesso quel che accade da voi finisce per estendersi in tutta Europa.
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