L’Italia, Cipro,”Il Grande Gioco” e la crisi del gas [di Nicolò Migheli]
La Nuova Sardegna, 18 agosto 2019. Il Mediterraneo orientale è in fibrillazione. Non è una novità visto che quel mare è dalla guerra di Troia la linea di faglia tra Europa e Asia. Da quando nella Zona Economica Esclusiva di Cipro è stato scoperto un giacimento di gas le rivalità sono riprese. Cipro è divisa. Nel nord una entità autonoma che la Turchia manu militari nel 1974 la separò dalla Repubblica di Cipro. Quest’ultima, la sola riconosciuta internazionalmente fa parte della Ue, controlla gran parte dell’isola e negli anni scorsi ha dato concessioni alla Exxon Mobil, l’Eni, la Total francese e la Qatar Petroleum, per la prospezione dei suoi mari alla ricerca di idrocarburi. Nel blocco 10 nel 2011 Exxon e Qatar Petroleum hanno scoperto risorse valutabili tra 142 e i 227 miliardi di metri cubi di gas. L’area confina con il giacimento egiziano di El Zohr scoperto dall’Egitto e dall’Eni nel 2015, che a sua volta è limitrofo al giacimento israeliano-libanese dove l’Eni ha un’altra concessione. Quantità di gas che potrebbero risolvere i problemi energetici dei Paesi proprietari e della Ue, allentando la dipendenza dalla Russia. La Turchia che non riconosce Cipro, è contraria a qualsiasi sfruttamento nella ZEE ciprota. Nel febbraio del 2018 con la marina militare ha impedito che la nave ricerche dell’Eni Saipem 12000 nel mare ad oriente dell’isola facesse prospezioni. L’Italia non reagì, il rapporto con la Turchia ebbe la meglio visto che lì passa la pipeline TAP che porterà in Italia il gas azero e l’interscambio con il paese anatolico è sempre alto. Questa estate la crisi si è aggravata. La Turchia contro ogni convenzione internazionale ha intrapreso prospezioni nel mare a nord di Cipro che dureranno fino a settembre, provocando le reazioni di Washington, Bruxelles e Parigi. Roma tace mentre Londra ha rilasciato una dichiarazione ambigua che si distacca dalla posizione della Ue, con cui si chiede a Cipro di soprassedere alla ricerche finché la riunificazione dell’isola non fosse avvenuta. La Turchia a maggio del 2019 per mostrare bandiera ha organizzato una imponente esercitazione navale con scenari simili a situazioni in tempo di guerra. Esercitazione monitorata costantemente da navi greche, americane e francesi. Questi ultimi hanno ottenuto da Nicosia una base militare. La contesa sul gas si inserisce nelle ambizioni neo ottomane di Erdoğan. Nel 2023 si celebrano i cento anni della Turchia moderna istituita dal trattato di Losanna. Trattato che i turchi considerano illegittimo e che vorrebbero abrogare; rivendicano 18 atolli greci nell’Egeo, continuano con i sorvoli dei loro aerei e droni su quella parte di mare provocando ripetute crisi diplomatiche con la Grecia che nel frattempo ha stipulato una alleanza di fatto con Israele e Cipro. L’Unione Europea ha minacciato sanzioni, ma fino a che non sarà in carica la nuova Commissione sarà impossibile erogarle, sempre che voglia farlo. Il gruppo di Visegrád sarebbe d’accordo? La Turchia ha in mano il ricatto dei flussi dei migranti, riceve finanziamenti da Bruxelles per mantenerli sul suo territorio ma in caso di sanzioni i viaggi potrebbero riprendere. Gli Usa grazie a una mozione bipartisan delle commissioni del Senato hanno impegnato il Dipartimento di Stato nel monitoraggio delle violazioni turche nella ZEE di Cipro. L’isola naviga su di un mare di gas e il governo di Nicosia auspica esportazioni entro il 2022. Gli scenari però non sono tranquilli, o non lo sono da permettere la costruzione di un gasdotto sottomarino che dovrebbe convogliare verso l’Europa il gas egiziano di El Zohr, quello libano-israeliano oltre a quello cipriota. La Turchia è sempre più aggressiva, con l’acquisto degli S400 russi e l’esclusione dal programma degli F35 è con un piede fuori dalla Nato. L’Italia fino ad ora si è affidata alla politica ombra dell’Eni e alla Ue, in futuro potrebbe essere chiamata a difendere i propri interessi direttamente. Nessuno lo farà per lei.
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